Piano di Sorrento, Don Pasquale Irolla: “Non lasciamo Gesù, anche a costo di farci male”

Piano di Sorrento. Riportiamo l’omelia di Don Pasquale Irolla incentrata sul brano del Vangelo di oggi di oggi:

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».

Ed ecco le parole di Don Pasquale: «Ci sono persone così determinanti nella nostra vita che se dovessero venire a mancare noi perderemmo l’equilibrio emotivo. Lo sperimentiamo molte volte, nella morte, nelle separazioni, negli addii, fossero anche partenze prolungate o ripetute o semplicemente rotture di amicizia. Ebbene ci sono persone determinanti per il nostro equilibrio. Lo ammettiamo proprio perché voler bene ed amare vuol dire denudarsi radicalmente, far entrare la propria debolezza, nella propria intimità, negli aspetti più luminosi di noi altre persone con cui diventiamo lentamente uno pur restando persone diverse. E sappiamo molto bene che quando facciamo questa esperienza noi rischiamo di non farcela.

Gesù conosce molto bene le dinamiche d’amore, i legami forti, parla di sé come della vite e di noi come i tralci, proprio perché sa molto bene che staccarsi dalla vite, staccarsi da alcune persone, può risultare essere poi vitale. E’ la stessa esperienza che noi facciamo per la fecondità. Non è facile restare fecondi, restare vivi, restare in piedi, sperare, guardare avanti. Tutto questo ci viene ricordato oggi nella pagina di Vangelo dove noi possiamo firmare a sangue quanto Gesù dice a tutti, perché noi oggi abbiamo fatto un pellegrinaggio per venire a messa, per essere qui, per esserci, per non mancare, perché sappiamo molto bene che se dovessimo staccare anche questo legame e cioè il legame dell’Eucarestia il legame con Dio, per noi sarebbe totalmente finita. E proprio per questo siamo qui, per sopravvivere, per non morire, per affermare ancora una volta che il legame con Gesù è determinante e vitale, non ne possiamo fare a meno. Ebbene questo legame vitale che ci consente di essere vivi, di sentire che nonostante ci siamo giocati molte carte, molti anni della nostra vita, siamo ancora fecondi, possiamo ancora dare tutto, ebbene tutto questo per noi è possibile proprio perché c’è un piccolo legame curato, riannodato ogni giorno, con Gesù. Sappiamo molto bene che se togliamo anche questo non rimane nulla di buono di noi anzi siamo abilitati a spalancare la porta a tutti i pensieri oscuri che facilmente bussano e che ci ricordano che non c’è niente da fare, ho già dato e detto tutto, ho poco ancora da costruire, da vedere, da sperare nella vita.

Il grande segreto per noi è essere qui. Perché – come dice Gesù – quando rimaniamo, cioè quando facciamo tutti gli sforzi anche estenuanti per allungare la mano e rimanere ed afferrare Gesù, quando ci riusciamo anche con grande sacrificio e con grande energia da sprecare, da impiegare, quando ci riusciamo le preghiere sono ascoltate, tutto ci sembra più semplice, le difficoltà della vita non ci sommergono e noi stessi riusciamo a cavarcela meravigliosamente. Ma quando tutto questo non riusciamo a realizzarlo, facilmente le cose vanno a precipitare. Io sono la vite e voi tralci. Siamo qui confessando di non farcela, non ce la faccio se non vengo a messa, non ce la faccio se lascio la presa, anche se sono stanco, anche se mi costa tanta energia, anche se mille distrazioni, mille urgenze, mille pressioni, non potrei farcela. Noi siamo qui per rinnovare il nostro sì a Gesù, anche se siamo sanguinanti per le potature e per i tagli che sono necessari e che col passare degli anni riceviamo. Siamo qui e preferiamo sanguinare piuttosto che non esserci e seccare definitivamente.

“Io sono la vite” è linguaggio di Gesù ed è un linguaggio sapienziale. La Sapienza che dice: “Venite a me per essere fecondi, per rimanere in vita”, perché anche la potatura definitiva della morte possa essere seme di santità. Noi ogni giorno possiamo compiere questo pellegrinaggio, ogni giorno allungare la mano, stenderla fino a farci male pur di afferrare Gesù. Lo faremo giorno per giorno, partono il mese di maggio e poi il mese di giugno. Le Eucarestie quotidiane sono questo legame riannodato con Gesù, con l’Eucarestia, con il suo sangue, con il suo pane, con la sua parola. Perché è giorno per giorno che noi abbiamo bisogno di linfa vitale, di respiro, di grazia, di parole, non di tanto in tanto, non sporadicamente, non solo quando siamo costretti, non solo quando siamo trascinati. Auguro a ciascuno di noi di rinnovare il proprio sì, di riafferrare Gesù e non lasciarlo a costo di farci male pur di essere con lui».

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