SORRENTO. ISTITUTO CULTURA TASSO OSPITA GIUSEPPE D’ACUNTO IN CONFERENZA
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SORRENTO. ISTITUTO CULTURA TASSO OSPITA GIUSEPPE D’ACUNTO IN CONFERENZA
SABATO 24 APRILE 2021 alle ore 16.00, dal Museo Civico San Francesco, in Sorrento, con trasmissione in diretta streaming e registrazione su canale dedicato youtube, curata da Positanonews, il prof D’Acunto conferirà su Maria Zambrano, nell’ambito del secondo ciclo di conferenze del 2021 organizzate dall’Istituto presieduto da Luciano Russo, Aniello Clemente ed Eleonora di Maio e Ruberta Rubertelli.
testo automatico tratto da video
buongiorno mi presento mi chiamo
giuseppe d’acunto sto tenendo per tenere
la lezione di filosofia la conferenza
che vi è stata annunciata e che passerò
tra un istante a presentarle
intanto volevo iniziare con i
ringraziamenti innanzitutto a chi avrà
chi voi avrà la gentilezza di ascoltarne
poi inevitabilmente al presidente
dell’istituto di cultura torquato tasso
di sorrento dal quale luciano russo dal
quale l’evento il gentile invito
ecco devo dire devo confessare che io un
po esitato all’inizio perché ad
accettare l’invito perché è vista vista
il disagio che vivo ma non solo io
ovviamente nel punto tenere parlare di
filosofia diciamo in questa modalità
cioè a distanza ma ho vinto subito le
situazione quando ho capito quanto fosse
importante per il presidente sa che
questo evento si tenesse va bene e
quindi doppiamente grazie a lui no per
l’invito e per avermi fatto vincere
dicevo così le situazione ora poi notate
un’altra cosa sto parlando
vestendo la mascherina ecco mi scuso mi
scuso so non è bello però mi sto
appoggiando per la registrazione ad un
luogo appunto pubblico dove appunto mi
hanno chiesto di rispettare questa
prescrizione quindi mi capirete
ecco passiamo senz’altro allora a
presentare la conferenza di oggi
beh il titolo è stato annunciato usa per
esilio e destino in maria zambrano
quindi iniziamo con il dire qualcosa nel
circa maria zambrano chi è chi è stata
sicuramente una delle filosofe più
importanti del novecento
la seconda metà del novecento
esattamente a sua volta allieva di
quello che viene unanimemente
riconosciuto come il filosofo più
importante della prima metà del
novecento spagnolo oltenia i gas set
corte gariga set è stato sì un grande
filosofo ma non solo per intenderci ha
svolto in spagna nella prima metà del
novecento un ruolo analogo a quello che
da noi ha svolto più o meno nello stesso
arco di tempo benedetto croce benedetto
croce tutti sapete grandissimo filo alla
sua forma non solo è stato anche il
punto di riferimento per gli intercalari
antifascisti in italia
poi è stato fondatore di riviste in
generale promoter culturali come si
direbbe oggi bene qualcosa del genere
qualcosa di analogo ha fatto anche
ortega il cassetti in spagna dicevo
nella prima metà del novecento tant’è
che intorno a lui si è costituita una
scuola la cosiddetta scuola di madrid no
tra le cui file troviamo pure appunto
maria zambrano composta cioè da
intellettuali filosofi ovviamente per lo
più i quali avevano assunto ortega come
punto di riferimento nel processo di
rifondazione spirituale dell’identità
spagnola in quegli anni molto delicate
appunto quindi ho spiegato vi ha
ricordato velocemente chi è stata maria
zambrano esile destino perché ho scelto
questo titolo
beh innanzitutto scegliendo questo
titolo io volevo far riecheggiare un
altro titolo il titolo
dell’autobiografia intellettuale e della
filosofa edito edita nel 1989 che si
intitola delirio è destino che li vedete
al termine delirio sostituito il termine
destino esilio scusate il silvio perché
il destino appunto cioè nell’uno e
nell’altro e siligardi ha sostituito
esilio perché perché come stiamo per
come state per vedere beh questi due
termini sono questi due concetti sono
strettamente connessi nel pensiero ma
prima ancora nella vita nell’esistenza
di maría zambrano quindi il titolo esile
destino di maria sandra non si può
convertire benissimo in esilio come
destino il maria sembrano dunque ho
incorniciato il tutto innanzitutto mi
appoggio a un testo che ho qui sotto gli
occhi cioè per mia comodità o redatto un
appunto il testo scritto l’ho fatto
anche per onorare l’impegno
no perché io mi sono occupato in diverse
occasioni di maría zambrano ho anche
scritto un libro su di lei in
coabitazione con il suo maestro appunto
ortega e gas set soltanto che per
onorare al massimo questo impegno volevo
presentare un argomento nuovo per la mia
riflessione sulla sandra na va bene
quindi vi presento punto la rifrazione
completamente inedita e quindi diciamo
mi appoggia un testo l’ho fatto per
diversi motivi innanzitutto primi a
comodità ma poi perché in questo modo mi
mantengo rigorosamente dentro diciamo i
limiti che mi sono stati dati i limiti
di tempo realmente e poi posso citare
diciamo dalla letteratura specializzata
con la massima decisione alla lettera
diciamo così allora ho incorniciato
questo testo lo collocato nel segno di
una situazione di apertura no che fa
l’ex ergo è perché l’ho scelta perché si
introduce subito in medias res come si
dice nel cuore della cosa stessa e dice
grazie all’esilio
ho vissuto diverse vite che cosa ci sta
dicendo una cosa che qui metteremo le
mani subito tra poco cioè l’esilio
l’esperienza di nascita di rinascita e
perché dice diverse vite perché come
stiamo per vedere diversi sono stati i
luoghi le patrie dell’esilio per dir
così per usare questa espressione
insomma un po paradossale un po sì
modica 9 patrie dell’esilio della
sembrano sono state diverse
no e quindi è come se ogni volta
soggiornando in un luogo si suoi un
paese si fosse avesse sperimentato
avesse vissuto l’esperienza di una
rinascita
ecco allora passiamo senz’altro a
iniziare con delle date ovviamente
dunque maria sembrano nasce in andalusia
nel 1904 e vile ecco qui 45 anni della
sua vita nella condizione di esiliata
esattamente dal 1939 anno in cui lascia
la spagna a causa della salita al potere
del generale franco e sapete benissimo
che questo evento si verifica a seguito
della fine della guerra civile spagnola
quindi dal 1939 al 1984 anno in cui vi
fa ritorno e lì resta fino alla morte
avvenuta nel 1991 dopo che nel 1988 era
stato conferito prima donna in assoluto
a riceverlo il premio cervantes per la
letteratura quindi una delle massime
onorificenze scientifiche per quanto
riguarda la spagna
ecco abbiamo già un primo dato no 1904
1991 quindi la filosofa vive 87 anni
bene metà di questi anni 45 punto quindi
all’incirca proprio metà li passa in
esilio il 45 anni d’esilio dunque
durante i quali soggiorna liceo in
diversi paesi
diverse sono le patrie dell’esilio
esattamente la francia
messico cuba portorico italia in italia
soggiorna a roma esattamente circa una
decina di anni e poi in svizzera paesi
in cui si mantiene scrivendo per riviste
nonché tenendo conferenze e corsi
universitari
ora stando a quanto abbiamo appena detto
l’esilio può essere considerato a tutti
gli effetti come la cifra complessiva
non solo dell’esistenza ma prima ancora
anche del pensiero di maria sandra non è
quindi capite subito il perché del
titolo che ho scelto a quest’ultima che
trascorre da esiliata circa metà della
sua vita abbiamo visto 45 anni
dobbiamo infatti una riflessione
sull’esilio di altissimo profilo
teoretico una riflessione che come
vedremo tocca tutti i punti chiave della
proposta filosofica che in termini più
generali da lei è stata portata avanti
il che ci dà subito l’esatta misura di
come con la nostra filosofa ci troviamo
davanti a una figura di intellettuale in
cui biografia e pensiero sono stati
connessi fra loro indie visibilmente in
un tutt’uno e cura inizio con le
citazioni il mio testo ovviamente è
costellato di citazioni dalla
letteratura secondaria della letteratura
specializzata no ogni volta ovviamente
gli dichiarerò la fonte
allora iniziò con una situazione da
mandato masi una studiosa di zambrano la
quale scrive questo il lungo esilio è
indubbiamente l’esperienza esistenziale
più significativa nella vita di zambrano
l’autrice ne fece tesoro sul piano
teoretico trasformandole figlio da lei
personalmente vissuto in chiave di
lettura dell’intera condizione umana
ecco che cosa stiamo per
lei trasfigura tra svaluta un esperienza
biografica in cifra in chiave di lettura
di tutta l’esperienza le strisce
esistenza umana cioè vede l’esilio come
una iniziazione un’esperienza iniziatica
in qualche modo come una perdita
d’identità necessaria per la formazione
di una dimensione della persona più
autentica
ecco su questo punto devo dire sono un
alimento è d’accordo tutti gli studiosi
dell’opera della nostra filosofa no
posso ricordare ad esempio 2
ecco avando salignano il massimo fosse
studioso di filosofia spagnola del
novecento in italia scrive che maria
sembrano in un certo senso è stata il
suo esilio no quindi una identificazione
proprio compiuta e poi un altro studioso
spagnolo questa volta col teca muñoz
dice che la storia personale e la
filosofia della zambrano sicuramente
sarebbero state diverse se non risorse è
stato il lungo esilio che segnò la sua
esistenza definitivamente allora insieme
ad hannah arendt sapete quest altro
grande nome distanza grande filosofa del
novecento insieme ad hannah arendt maria
sembra non può essere definita come una
filosofa della nascita
ecco il punto nascita che nell’una e
nell’altra non sta per un fatto
esclusivamente puntuale no ma presenta
invece sto citando da un’altra studiosa
lucia guantini st presente invece una
carica di energia dinamica tale che per
entrambe non si nasce una volta per
tutte
no ma si continua a rinascere nel corso
degli eventi che capitano ecco quindi
ma dietro non l’ha detto ma io penso che
se li avessero chiesto
che cos’è per lei l’uomo e lei avrebbe
risposto l’uomo e l’animale che nasce e
con l’animale che muore perché nel
novecento c’è una tradizione appunto
centrata sulla mortalità dell’uomo non
all uomo ad animale che muore per
esempio per heidegger
ecco per esempio l’uomo e l’animale più
mora no mentre per hannah arendt per la
sembrano eccetera eccetera e altri
autori ovviamente che non c’è tempo di
ricordare l’uomo e l’animale che nasce
nel solo nasce una volta ma abbiamo
detto rinasce alla capacità di rinascere
più volte ecco allora continua a citare
dalla studiosa che aveva menzionato
clima vantini l’impegno del termine
l’impiego scusata del termine nascita
risulta così in zambrano letterale e
metaforico insieme quindi usa il termine
nascita nascita in senso proprio e in
senso analogico riferendolo all’uomo fa
riferimento al momento in cui si viene
alla luce è inevitabile ma tiene altresì
insieme tutte le esperienze in cui
questo evento viene ri significato sotto
i colpi della storia ecco nella
autobiografia intellettuale della sun
brano che ho appena citato del legno del
destino lei si ricorda ad esempio che
una esperienza di rinascita su per lei
la guarigione dalla tubercolosi che la
colpì giovanissima mi sento ormai 19
anni e che la costrinse a un anno di
totale isolamento
ecco scrive sempre wanda tommasi la
studiosa che ho citato prima che la
malattia la porterà a riflettere per la
prima volta su una situazione limite di
passività estrema è infatti ecco le che
cos’è l’esilio una situazione limite di
passività estrema un grado zero
dell’esistenza su cui tornerà
interrogarsi appunto negli anni del suo
lungo esilio e che caratterizzeranno la
sua abitazione sulle segno perché le
serie vedremo corrisponde per zambrano
al grado zero dell’esistenza all quello
che in bio politica quella che in via
politica si chiama la nuda vita
la malattia è il primo incontro con il
vuoto con un no opposto alla
prostituzione dell’esistenza e
un’esperienza del negativo che potrebbe
essere distruttiva ma che si rivela
invece il crogiolo di un processo
alchemico che attraverso il disfacimento
della propria identità presidente
prelude a una rinascita più autentica
ora vediamo ora un passo dall opera di
sembrare che ci dà l’esatta misura del
senso in cui per lei l’uomo è un essere
che essendo nata una volta ha la
possibilità di nascere nuovamente altre
volte perché vediamo in che senso per
lei l’uomo è essenzialmente un animale
che nasce ecco ciò trovato perché vivere
umanamente altro non è per sembrano che
andar nascendo dice continuare a nascere
l’animale nasce una volta per tutte
scrivere l’uomo invece non è mai nato
del tutto deve affrontare la fatica di
generarsi di nuovo e di sperare di
essere generato la speranza e fame di
nascere del tutto di portare a
compimento ciò che portiamo dentro di
noi solo in modo abbozzato ecco quindi
l’uomo è un animale
diciamo solo abbozzato che deve portare
a compimento alla sua essenza non
dispone linee senza già compiuta già
costituita la deve portare a compimento
nel possibile soltanto il germe diciamo
deve portare a compimento quindi se
fossimo già formati del tutto e che
porta diciamo una parola sperimentale
impedì che se fossimo già formati del
tutto se fossimo già nati interamente
completamente non avrebbe senso
consumarci nel tempo ecco ora è bene
maria zambrano concepisce l’esilio
proprio al pari di una nascita e
ovviamente di riflesso la nascita in
qualche modo già come una forma di
esilio nel senso che l’uno e l’altra la
nascita esilio
a partire da una ferita iniziale uno
strappo una espulsione stanno per quel
momento del cui segna si profila un
nuovo inizio
il sorgere di un’alba ininterrotta ecco
questo espressione dal titolo ha un suo
breve testo che si chiama appunto
l’esilio alba ininterrotta ecco tra
l’altro in conosciamo qui una delle
figure chiave diciamo una delle figure
filosofiche centrali nella riflessione
della zambrano l’alba o l’aurora e
vedremo tra poco meglio in che senso
e proprio come chi li nasce uscendo
estaticamente fuori dai confini della
vita individuata smette di nascere e
incomincia a essere così la condizione
dell’esiliato lo consegna a nudo e solo
dinanzi alla vita tutto in modo tale che
gli perdendo la sua determinazione
immediata ha davanti a sé solo
l’assoluto che gli si offre scrive a
questo punto d’obbligo visto il tema che
stiamo trattando e citare un passo che
viene ripetutamente citato appunto nella
letteratura secondaria susan brano
tratto da un breve testo della nostra
filosofa in cui l’esilio le appare come
il destino in cui ella si è pienamente
identificata e riconosciuta ecco da
questo passo mi sto leggendo proprio
risulta chiaro come per l’appunto come
l’esilio sia stato il suo destino
cito da un testo che reca già di per sé
un titolo emblematico anno il mio esilio
amo il mio esilio del 1989
ecco passo a leggere per me guardato
dalla prospettiva del ritorno quindi sta
riconsiderando 1989 è rientrata appunto
sono pochi anni prima della morte
quindi analizzata in spagna sta
riconsiderando
e come sempre si fa in età avanzata in
età anziana tutto il suo passato da
tutta la sua storia
cosa che avesse precedente è chiaramente
costellata fondamentalmente dall’esilio
e dice che guardato l’esilio dalla
prospettiva del ritorno
l’esilio them eat me toccato vivere è
essenziale io non concepisco la mia vita
senza l’esilio che ho vissuto
l’esilio è stata la mia parte ecco qui
l’esilio come patria o come la
dimensione di una patria sconosciuta che
una volta conosciuta diventa
irrinunciabile
confesso che mi è costata molta fatica
rinunciare ai miei 40 anni di esilio che
scrive 40 anni ma come abbiamo visto
sono stati anche di più 45 molta fatica
mi ha costretto credo che l’esilio sia
una dimensione essenziale della vita
umana ma nel dirlo mi mordo le opera
perché vorrei che non si fossero mai più
esiliati che tutti fossimo a un tempo
esseri umani e cosmici che l’esilio
forse sconosciuto è una contraddizione
cosa posso farci
amo il mio esilio è l’espressione che
alle amo il mio esilio
forse perché non l’ho cercato non sono
stato io a inseguirlo cioè mi è capitato
come come un destino
no l’ho accettato piuttosto e quando si
accetta qualcosa di cuore costa molto
rinunciarvi io ho rinunciato al missile
o e sono felice sono contenta ma questo
non me lo fa dimenticare
sarebbe come rinnegare una parte della
nostra storia e della mia storia
ora facciamo un passo indietro
ecco alle date di partenza
no perché punto abbiamo detto che il
1984 è l’anno in cui
mi sembrano fa rientro in spagna
dall’esilio ora sorge una domanda
inevitabilmente solo di normale a me è
sorta immediatamente facendo un
confronto di date cioè come mai lei per
prendere la via del ritorno
ha aspettato nove anni dopo la fine
della dittatura visto che il generale
franco come si sa
muore nel 1975 no ecco allora ricordiamo
anche questo che lei poteva tornare
anche prima poteva tornare in spagna
anche dura il con franco ancora in vita
perché c’è un momento in cui il punto
franco la il governo alla dittatura
aprea rientro delle singole sopra degli
intellettuali soprattutto più eccellenti
per esempio il suo maestro
anche lui aveva scelto la vita la via
dell’esilio ortega sceglierete di
tornare in spagna con il franco ancora
in vita con lei aveva detto e quindi ci
teneva a tener fede alla sua parola
parola data che non sarebbe mai tornata
in patria con franco ancora in vita
no quindi ci siamo non poteva tornare
prima del 1975 ma perché torna e appunto
da che dal momento che poteva tornare
subito dopo non lo fa
no perché aspetta appunto fino al 1984
allora ci sono diversi motivi
innanzitutto sicuramente motivi
oggettivi l’appunto dati dalle
ristrettezze economiche e dai problemi
di salute è la zambrano e insomma sta
sulla soglia dei 90 anni si avvicina
appunto hai mai ottenerlo scusate sta
sulla pagina degli 80 anni scusante al
di là di questi motivi oggettivi per me
il vero motivo è un altro
ecco lei è presa da una lunga esitazione
no che due appunto abbiamo visto diversi
anni chiaramente combattuta
fondamentalmente fra due amori lei ha
parlato di a amo ha detto amo in basilio
ha manifestato un amore per i suoi figli
ha detto anche che è stato difficile
rinunciare al suo esilio come si
rinuncia ad una qualsiasi amore no
quindi sicuramente lei combattuta fra
due amori vive una lunga esitazione
fra questi due amori l’amore per la
patria ovviamente l’amore per il suo
esilio
ora vince l’amore per la patria
abbiamo visto ma la vittoria dell’amore
per la patria sull’amore per il suo
esilio mi sembra sia dovuta
probabilmente solo al fatto che avendo
raggiunto la soglia degli 80 anni
desiderato fortemente morire diciamo nel
suo paese nella sua patria in senso
proprio nel senso proprio del termine
va bene quindi abbiamo questa lunga
esitazione e tra l’altro è confermato
anche da un passo tratto da un testo
della filosofa che ci parla proprio di
questa lunga esitazione
quanto alla sua decisione di prendere la
via del ritorno scrive durante l’immenso
esilio immenso esilio un’altra altro
aggettivo che lei associa frequentemente
al termine siria durante l’immenso e
figlio del quale non vedevo la fine
ogni volta che mi assaliva il pensiero
di tornare in spagna rinviamo arrivo
forse trovato il mio posto nell’esilio
cioè avevo messo l’anima in pace
definitivamente no ma ogni volta che
pensavo di tornare temporeggia ecco ma
in un altro senso è come se lei la
spagna non l’avesse lasciata mai avendo
la portata sempre dentro di sé nel cuore
ecco lo dice anche anche questo per cui
se da un lato è vero che dall’esilio non
si può tornare
ecco forse una volta che si abbraccia in
questa via non vi si ritorna più
dall’esilio dall’alto e non di meno vero
che lei dalla sua patria è come se non
se ne fosse andata mai
ecco questo lo dice tra l’altro nel
testo che ho citato prima esilio
l’esilio alba ininterrotta fa patria ed
esilio si stabilisce così un rapporto
tale un rapporto circolare di come si
chiama un circolo virtuoso come si
chiama tale che il secondo le simile
diventa il luogo privilegiato per la
scoperta della prima nel senso che la
patria viene ritrovata veramente solo
quando l’esiliato ha smesso del tutto di
cercarlo è solo quando elisi senza più
alcuna sofferenza ha ormai imparato a
fare a meno di essa
ma chi è esattamente l’esiliato per
maria sovrana incominciamo a ricostruire
il profilo di questa figura
prima di tutto e la parla dell’esilio
come di un’esperienza in cui attraverso
ciò che vediamo e patiamo e non
attraverso ciò che ragioniamo e pensiamo
ecco qui incrociamo un altro punto
chiave della sua riflessione
l’uomo prima di ragionare pensare prima
di sviluppare attitudini cognitive
sviluppa attitudini ricettive apatiche
come si chiamano quindi l’uomo è questo
originariamente patisce no prima che
conoscere la verità come stiamo per
vedere prima di essere conosciuta è
patita ecco allora
l’esilio dicevamo ne parla come ciò
un’esperienza in cui attraverso ciò che
vediamo e pa ti amo e non attraverso ciò
che ragioniamo e pensiamo ci viene
dispensata una rivelazione che parlava
di un’esperienza iniziatica si viene
dispensata una rivelazione per così dire
profana rivelazione che noi riceviamo
appunto nel segno di una visione che
dandoci siccome una vera e propria
ferita e ciò attraverso cui il nostro
puro e semplice esistere terreno si
trova di congiunto in un attimo
privilegiato alla sua origine ontologica
e ora ho usato zambrano usa il termine
liberazione
l’esilio si dispensa una rivelazione
l’esilio un’esperienza iniziatica in un
suo testo le si chiede se forse non
possa sembrare eccessivo usare il
termine di vibrazione il riferimento
alle silvio no perché secondo lei il
concetto di rivelazione non va ristretto
all’ambito specificamente religioso no
va visto come una chiave di volta di una
teoria della conoscenza che nel suo
d’isère nere l’essere nella vita umana
procede per indizi e barlumi di visione
non riconducibili all analisi non
sottostante alla categoria suprema del
esplicabile ecco quindi lei rivendica
una conoscenza per via di rivelazione
come più originarie della conoscenza
d’età di matrice cognitiva va bene
l’uomo scrive patisce attraverso ciò che
vede vedete la priorità del momento
patico nell’uomo no
ciò che vede lo ferisce perché il suo
essere gli si apra egli si riveli perché
egli vada uscendo dall oscurità
congenita alla luce ecco qui compare un
altro motivo che ricorre frequentemente
nella riflessione di sembrano alla
ferita avete visto la ferita
e ciò che mantiene aperto l’uomo alla
verità già che dice la verità prima di
lasciarsi conoscere
ecco ferisce in tal senso di esiliato
viene da lei distinto tanto dal
rifugiato quanto dallo sradicato e opera
una distinzione tra queste tre figure e
dice il ciclo comincia l’iniziazione
dell’esiliato quando comincia
l’abbandono il sentirsi abbandonato
cosa che a rifugiato non accade e allo
strati kato nemmeno quindi solo appunto
l’esiliato fa esperienza dell’abbandono
del essere abbandonato allora mentre il
rifugiato fa esperienza prima di tutto
dell’espulsione
e poi ovviamente si spera
dell’accoglienza in un luogo in cui gli
si fa posto
e mentre lo sradicato vive letteralmente
la condizione di un senso a terra ecco
ricordo che in spagnolo sradicato ed e
sterrato cioè letteralmente sinti era
senza terra
ecco quindi mentre lo sradicato olive
letteralmente alla condizione di un
senza terra nello stato di abbandono
caratteristico dell’esiliato ciò che fin
dall’inizio si rivela e invece proprio
il proprio di cui si è spostati vedete
noi accendiamo al proprio attraverso ciò
di cui siamo spossessati appunto il
proprio che ci dà soltanto in quanto
negazione e impossibilità impossibilità
scrivere di vivere che quando ci si
rende conto di questo diventa
impossibilità di morire mantenersi su
questa linea di demarcazione fra vita in
morte e la prima esigenza che alle
siliato si presenta come ineludibile
ecco quindi sicilia sta in una
condizione di sospensione tra luce e
tenebre vita
e morta in tal modo esiliato finisce con
il fare esperienza di un qualcosa a cui
mai avrebbe potuto accendere qualora
fosse rimasto nel suo paese nella sua
geografia e nella sua storia
l’esperienza del trovarsi consegnato
interamente alla visione lo abbiamo
visto prima ossia di vedere vedendosi
ecco che capacità sviluppa desiderato
vede vedendosi di vedersi nelle sue
radici senza esserne staccato senza
esserne stato strappato e proprio in
quanto consegnato interamente alla
visione l’esiliato sogna a occhi aperti
scrive rimane attonito senza pianto e
senza parole come sbalordito quindi è
come se facesse esperienza in questo
frangente appunto preferenza della
meraviglia è che la meraviglia appunto
come sapete e protoni aristotele ce lo
insegnano la condizione originaria del
filosofare non esce mai da questo stato
di mutismo anche quando è chiamato a
parlare vede sì tutto è nitido e
presente ma senza relazione quindi in
modo sconnesso e inoltre fugge senza
sapere nemmeno verso dove
seguendo un percorso lungo il quale si
ferma solitario soltanto laddove
protagonisa re liberamente soltanto dove
gli si fa presente la forza di quell
elemento che lo consegna a uno stato di
nudità e parlavamo di nuda vita e di
estrema vulnerabilità appunto la ferita
no la ferita di cui prima in altre
parole l’esiliato disponendo di una
consapevolezza essenzialmente sofferta e
patita prima che saputa è essenzialmente
sofferte partita della sua condizione e
situandosi ai margini della storia sa ma
non ne parla come di un
di un di una figura che sta ai limiti
della storia sul margine sul ciglio
della storia rinesi più rispetto a chi
non lo è chi non sta in questa
condizione di sospensione perché trova
davanti a sé solamente l’essenziale il
suo sbaglio e pur non esistendo ostacoli
illusori nella distanza che gli si pone
tra sè e ciò a cui assiste e coda che si
vede come lo stato di abbandono
sperimentato dall esiliato nella misura
in cui provvede ad aprire gli occhi al
pensiero è strutturalmente simile al
ruolo che la figura delle buche svolge
nel metodo segno meno logico la
sospensione del giudizio mettere tra
parentesi l’esistenza per intenzionare
direttamente l’essenza epoche che
consente che consentendo all’uomo di
riguadagnare la sua condizione pre
natale gli permette così di guardare la
verità nella sua purezza nella sua
essenzialità una vera e propria
sospensione esistenziale che lascia
intravedere l’autenticità dell’essere
umano nel suo stato di creatura e quindi
vedete noi riguadagniamo la nostra
condizione di creatura è appunto
interessante no che il le poche che
nella tecnologia è un’istanza
metodologica viene trasferita proprio
sul piano esistenziale quindi l’esilio
come epoche esistenziale la dose poiché
nella tecnologia e appunto di un momento
metodologico il momento metodologico
essenziale per intenzionale appunto le
cose no e quindi accedere alla verità
[Musica]
allora facciamo una precisazione e
questa volta da rossella prezzo di
un’altra studiosa la condizione
dell’esiliato è quella di essere
lasciato senza nulla senza nemmeno la
morte il nulla abbandonate invita a
fluttuare su di esse
eppure proprio in questa sua condizione
limite si dà qualcosa d’altro che lo
riguarda intimamente perché lo scopre
nelle sue radici nella narice stessa
dell’umano e ancora questa volta cito
sempre da wanda tommasi zambrano vede
nella figura dell’esiliato una
possibilità di rivelazione della
condizione umana più autentica di quella
a cui altri non toccati data
l’esperienza possono pervenire privo di
ancoraggio nello spazio lasciato sul
ciglio della strada che altri percorrono
lontano dalla propria città ed alla
propria storia l’esiliato fa esperienza
iniziatica l’esperienza iniziatiche che
gli consente di rivelare della patria
qualcosa che sfugge a tutti coloro che
sono radicati in un giorno
ecco il discorso che facevamo prima no
si accede al proprio attraverso nel
momento in cui se ne ai privati
no se nei privati la vulnerabilità e la
nudità della condizione umana ma anche
il valore della mediazione ecco cosa
scopre oltre a la vulnerabilità e la
nudità della condizione umana il valore
della mediazione della relazione del
radicamento
ecco quindi capite bene noi capiamo che
cos’è il radicamento proprio dal momento
in cui noi siamo siamo radicati il cui
senso presenta l’esiliato sfugge a tutti
coloro che sono troppo prossimi alle
proprie radici
abbiamo abbiamo appena detto come per
sembrano la condizione di esiliato
consiste essenzialmente in un’esperienza
che ci fa dono di una rivelazione
ontologica no
ebbene proprio in tal senso desiderato e
nella lei ha accostato alla figura di
antigone l’eroina greca antigone in una
sua opera di taglio filosofico poetico
teatrale che riflette sulla condizione
di esiliata in una tomba cui è costretta
l’eroina greca protagonista dell’omonima
tragedia di sofocle quindi questo testo
che dedica antigone si intitola la tomba
di antigone del 1967 appunto un testo di
secolo d’italia o filosofico poetico
teatrale ora ricordiamo velocemente
chi è stata antigone innanzitutto
antigone della figlia di edipo no edipo
a ne sapete bene
colui il quale sposa la masa e uccide il
puzzle quindi è figlia di una relazione
incestuosa tra edipo e giocasta e quindi
già per questo già semplicemente per
questo deve scontare una colpa atavica
si porta sulle spalle una colpa tallica
tipo sapete è stato re di tebe
ora siamo nel momento in cui vedi the
bay creonte il creonte emana un decreto
con il quale vieta 1 ranze funebri pa
polinice cioè il fratello di antigone
antigone si ribella ovviamente e mentre
creonte si richiama alla legge scritta
appunto emana un decreto lei si richiama
la legge non scritta e in nome della
legge una scritta rivendica sepoltura
rivendica onoranze funebri per il
fratello ora per questo motivo viene
imprigionata viene imprigionata in una
prigione appunto sotterranea per questo
la tomba di antigone in una tomba dove
si suiciderà va bene poi ricordiamo un
altro particolare antigone significa in
greco laurora ecco quindi riguadagniamo
per questa via questa figura centrale
nella risoluzione di sandra all aurora
come stato di sospensione esattamente
come lo stato di cui fa esperienza
rischiato avete visto tra vita e morte
settembre ebbene sepolta in una tomba
imprigionati in una tomba si trova
proprio in questa condizione
la povera antigone no cioè sono spesso
tramite morte fra luce e tenebre vediamo
un altra citazione di elena nobili il
tempo di esilio nella tomba le consente
a antigone di costituirsi punto di
congiunzione fra tenebra e luce
vita e morte ragione e amore integrando
logos filosofico e universo poetico
attraverso una parola nascente e con il
tema della loro ora aurora le duplice
trascrizione della rigorosità del
pensiero e della ricchezza del corpo in
altre parole antigone solo nella misura
in cui è consegnata alla regione
infernale delle tenebre della morte può
acquisire così quella conoscenza
essenziale che le dischiude l’accesso
alla regione superiore della chiarezza e
della luce e ciò proprio come chi dà e
sul primato della patria nelle sue
radici qui vedete in che senso l’ha
imposta questa analogia tra l’esiliato e
la figura di antigone che abbiamo detto
che un testo filosofico poi di governare
infatti in un passo mette in bocca ad
antigone queste parole mi toccherà di
andare di ombre in ombra tutte
percorrendole fino a giungere a te luce
in terra vedete il cammino di assenza
dalle tenebre dalle ombre alla luce la
verità è una luce che sta più in alto e
più oltre e che nel cadere sopra di noi
in montali si ferisce vedete ritorna il
motivo della ferita
l’accesso alla verità la verità è
qualcosa che ci ferisce perché perché
appunto la pa ti hanno prima che
conoscerla nel segno del percorso comune
tanto ad antigone quanto ad esiliato che
dall’ombra e dalle tenebre conduce verso
la chiarezza e la luce il secondo
l’esiliato viene accostato dalla
sembrano ancora
una del poeta un’altra analogia che
imposta l’esiliato e il poeta chi è
poeta per sembrarlo visto che lei dedica
un testo anche appunto ai rapporti tra
filosofia e poesia si chiama proprio
così
quest’ultimo il poeta e con il quale si
esca trasformare l’innocenza in vita e
in parola cerca di guadagnare anche lui
uno stato creatura le della condizione
umana e quindi di convertirla in parola
è colui che si adopera così per una
comunicazione diffusa della felicità
primigenia vuole riguadagnarla in
qualche modo è appunto di diffonderla
per scorrere la storia in senso
contrario all’indietro verso quella vita
verginale quella patria lontana quel
sogno originario di cui l’uomo da cui
l’uomo è stato gettato fuori
ecco scrive nel testo appena ricordato
filosofia e poesia un luogo e un tempo
di quell’uomo non ha memoria quindi un
passato di memoriale ma che non può
offrire qualcosa che quindi stai noi
come come come un retaggio ontologico
qualcosa che è rimasto come più la
presenza al di sotto del tempo e che
quando si attualizza è estasi incanto
analogamente la condizione purgatoriale
che caratterizzava esiliato in quanto
sospeso tra cielo inizio di anima e
corpo di vita in morte lo destina a
discendere nelle viscere della storia
quindi anche l’esiliato fa questo
viaggio all’indietro
no nelle viscere della storia per
uscirne con un poco di verità con una
parola di verità strappata alle viscere
della storia appunto
se fossi memoria di un passato che
illuminato dalla coscienza e portato
alla luce viene così riscattato e
convertito nella conquista di una nuova
innocenza in più quando il destino si
separa dalla nostra terra di nascita è
solo la poesia che ciò che dandosi un
senso di radicamento e di appartenenza
può restituirci il sentimento di una
patria prenatale ma quindi primo
accostamento esiliato e la figura di
antigone poi la seconda accostamento
dell’esiliato con la figura del poeta
ora c’è un terzo accostamento sembrava
costa l’esiliato oltre che all’eroina
greca antigone e alla figura del poeta
ancora un’altra figura che ci è dato
incontrare non soltanto nella vita reale
ma ad esempio anche in un dipinto di me
la stess no e linea de vallecas non che
non sono solo mangiano in dostoevskij
l’idiota no devo andare via da casa
proprio dello scemo del villaggio
ecco alle pro in cui ogni villaggio
aveva il suo scemo no ecco innanzi tutto
ciò che gli esiliati l’idiota hanno in
comune e al di là della loro comune
condizione di abbandonati sono tutte le
due abbandonati ecco ciò che li accomuna
il tratto di innocenza che li
caratterizza
l’innocenza di chi è pervenuto
all’irriducibile al suo essere così
spogliato di tutto di ragione e di
giustificazione dice ora proprio perché
abbandonati tanto l’idiota quanto
l’esiliato si trovano costretti ad
errare e mentre il secondo era come un
cieco senza orientamento un cieco che è
rimasto senza vista per non avere dove
andare per cui si inoltra là dove non ci
sono strade dove nessuno lo richiede né
lo chiama il primo cioè l’idiota poiché
non dire mai a l’esatto luogo in cui gli
altri si muovono livorno sono
l’anga da un punto all’altro percorrendo
tutte le strade e piazze
noi in uggia qualche tempo scrive
lasciato abbandonato a se stesso
va l’idiota non si incammina verso nulla
la linea retta di è sconosciuta perché
non ha propriamente ad alcool uomo non
va da nessuna parte non ha un cammino
non fa che a girarsi il suo muoversi è
un girare
ne discende che il mondo di occupare lo
spazio da parte dell’esiliato e
dell’idiota è tale che essi non
disponendo di alcun luogo proprio ambito
non lo spazio senza poterne mentenere
possesso essendo né appunto spodestati
in tal senso zambrano rita laguna due
figure acquatiche che fluttuano nel mare
aperto senza essere mai trascinati dalle
correnti
in poche parole il loro è un vivere
senza veramente stare in modo di
possedersi per assoluta espropriazione
scrive pina de luca pensa brano c’è una
parentela fra l’idiota ed esiliato
scrive laura boella le sigle scandaloso
come la follia perché incarna un venir
meno all’orizzonte protettivo del
vissuto quotidiano all’identità nota per
esporsi in totale nudità sui bordi della
storia alla totale estraneità e in
questa novità si rimane prigionieri in
un vuoto enorme incolmabile
ecco l’immensità delle silvia
l’aggettivazione che spesso si associa
al termine sirio immenso immenso per che
spalanca un voto appunto enorme
incolmabile
davanti a noi ora dopo tutto ciò che
abbiamo visto fin qui il riferimento al
esiliato un’altra indicazione che ci
viene su di lui dalla da sun brano e che
ne restituisce un profilo per così dire
complessivo si suggerisce di vederlo
come somigliante alla figura dello
sconosciuto
di quello sconosciuto che egli e gli
altri e fra gli altri e di quello
sconosciuto che gli è ancor prima a se
stesso quindi sconosciuto in tutti i
sensi del termine
cito da maria sembrare è quello che lo
caratterizza più di tutto l’esiliato
cioè non avere un posto nel mondo ne
geografico né sociale né politico né
spossessato abbiamo visto non dispone di
un luogo proprio nei cosa assolutamente
decisiva per poter il per potere di dar
vita a quello sconosciuto ontologico non
essere nulla non essere neanche un
mendicante non essere il punto nulla
essere soltanto ciò che non si può
lasciare né perdere avrà smesso di
essere tutto per continuare a mantenersi
nel punto privo di qualsiasi appoggio
perdersi nel fondo della storia anche
della propria per trovarsi un giorno in
un solo istante a galleggiare su tutte
la storia gli si è fatta come acqua che
non lo sorregge con certezza ora non ci
resta così che svolgere
siamo al punto in cui il la mia la mia
conferenza sta nel punto e si dirige
verso la fine e allora mi volevo
trattare un ultimo punto relativo alla
riflessione di zambrano sud esilio ecco
allora l sembrano ha scritto anche un
libro sul nostro sommo poeta dante
ecco siamo in un momento di appunto in
cui si festeggiano sulle cinese già una
ricorrenza del sommo poeta
quindi non mi dispiaceva finire così
questo mio contributo e perché dante
perché dante come sapete nella vita e
nell’opera nella poesia di dante
l’esperienza dell’esilio ha avuto una
enorme incidenza e allora proprio perché
le cose sono andate così
vediamo cosa scrive il sun brano a
riguardo
e qui non si tutto il libro perché
dedicato a dante si chiama dante
specchio umano ecco perché lo intitola
così perché lei vede nel poeta
fiorentino l’autore di un’opera la quale
è paragonabile a uno specchio in cui gli
uomini possano guardarsi vedendo i
riflessa la nostra condizione in tutta
la sua pienezza nella piena attuazione
delle sue possibilità quindi vediamo
anche dante avrebbe trasfigurato un dato
esattamente come la samp era andato nel
biografico l’esilio in cifra in chiave
di lettura dell’intera condizione dopo
aver affermato che il tratto
caratteristico della figura di dante è
stata la sua realtà in quanto unità di
mente anima e azione sembrano aggiunge
che ciò che a lui toccò in sorte e di
dover pagare questa lealtà proprio con
l’esilio condanna a morte crudele e
infamante è un tempo solitudine scrive
molti uomini del tempo di dante
passarono per situazioni analoghe e
molti ne vendono letteralmente consumati
mentre lui riuscì a trasformare quel
fuoco su cui la sua città lo aveva
condannato a morire arso in un fuoco che
lo fece vivere avendo fino alla morte
la sua opera travalica il destino ma su
necessario sopportare quel destino per
portarlo a compimento
l’esilio fra le tante tribolazioni nella
sua vita fu sicuramente quella che le
comprese dentro di sé tutte così che
anche proposito di dante si può parlare
di un immensità dell’esilio per co
scrivere dentro all’esilio si spalanca
l’esilio quasi che il suo esilio
continuasse a generarne di nuovi quindi
dentro un esilio più dentro un cerchio
più ampio si scrivono tanti cerchi più
piccoli che corrisponderà ad altri
singoli esperienza di esilio poiché non
poteva nemmeno immaginare di passare
agli avversari
ecco la lealtà di dante me accettò
l’amnistia che gli avrebbe consentito di
tornare a firenze da pentito giunse alla
fine dei suoi giorni in esilio
e nella solitudine sembrano parlò di un
taglio di un triplice peregrinare di
dante quindi dante fa tre volte
l’esperienza dell’esilio oltre per
ripianare relativo al sole figlio a
quello del suo cuore
no il quale l’inizio del giorno in cui
vide per la prima volta a beatrice e
quello che riguardava la sua stessa
patria l’italia in quanto esiliata a se
stessa questo triplice peregrinare
scrive le dette libertà e animo ma anche
la solitudine e il distacco necessari
per votarsi alla sua opera
ora all’inizio abbiamo visto come
l’originalità della riflessione
sull’esilio di zambrano consiste nel
fatto che le riuscite a trasformarla a
convertirla a trasfigurarla in una
chiave interpretativa dell’intera
condizioni nana ebbene in qualcosa del
genere vale secondo lui pure per dar
ecco perché dante specchio umano
anche in quest’ultimo infatti in dante
l’esperienza dell’esilio assume la forma
di una passione
ecco intesa in senso letterale e di una
rivelazione
ecco allora finisco con una citazione
tratta da quest’opera e da come constato
posso constatare mi sono tenuto
esattamente dentro i limiti di tempo
datemi allora scrive l’esperienza che
dante consumo sua un tempo individuale
universale
ciò che accade si riferiva a lui
indubbiamente ma se non avesse
riguardato che lui non sarebbe riuscito
a manifestarlo in quella forma che
dovette costargli tanta fatica per
quarto graf per quanto grande fosse
l’ispirazione che assisteva la sua mente
e gli x viene così a quel luogo in cui
l’individuo alta ci unisce più
intimamente che altrove con
l’universalità della condizione umana
nella sua essenza chi vi approda lo farà
proprio in virtù dell’essersi ieri ha
spogliato delle differenze che
l’individualità deve al meramente
accidentale
essersi addentrato nell’essenza
dell’essere umano e chi fa questo arriva
a identificarsi senz’altro con l’uomo
inteso con la u maiuscola
ho terminato appunto il mio contributo
ancora una volta vi ringrazio per il
tempo che mi avete dedicato l’attenzione
che mi avete punto devoluto ringrazio
ancora una volta come ho detto prima
doppiamente il presidente dello sviluppo
di cultura torquato tasso di isolamento
luciano russo per l’invito e per avermi
fatto vincere le situazioni iniziali di
cui dicevo all’inizio e vi do
appuntamento alla prossima volta che
spero non sarà tra molto sarà appunto
tra poco in cui ecco l’impegno che
prendo la promessa che faccio ci vedremo
sicuramente in presenza e senza
mascherina grazie ancora e tanti cari
saluti e arrivederci
Giuseppe D’Acunto Il logos della carne. Il linguaggio in Ortega Y Gasset e nella Zambrano
Questo libro di Giuseppe D’Acunto su Ortega Y Gasset e Maria Zambrano ha l’indubbio merito di accostare due figure importanti della filosofia del Novecento, peraltro di opposizione alla dittatura franchista, che la storiografia soprattutto italiana tende spesso a trascurare. Ritenuto da Albert Camus, il più grande scrittore europeo, allievo di Miguel de Unamuno, Ortega ha influenzato non poche correnti del pensiero contemporaneo. L’angolo prospettico scelto da D’Acunto è il linguaggio e più precisamente il logos della carne (per riprendere la bellissima e felice espressione che dà il titolo al volume) a supporto della concezione orteghiana della filosofia circostanziale. Da qui si evince la centralità del tema del linguaggio che consente al singolo uomo di orientarsi nel mondo “consegnato, essenzialmente, alla responsabilità di decidere” (p.10) e pienamente consapevole delle circostanze in cui si trova a vivere e ad operare. Il dire nasce sempre da una situazione concreta, caricandosi di esprimerla ma allo stesso tempo la sottintende e la presuppone (p.11).
D’Acunto sviluppa in una sequenza di lucide argomentazioni il sottile intreccio orteghiano di presenza e di latenza del linguaggio fino alla esplicitazione di un’utopia del dire nel senso che il parlante non riesce a dire tutto quello che ha da dire. Fedele alla dottrina unamuniana dell’uomo concreto, dell’uomo in carne ed ossa, Ortega ritiene essenziale eliminare tutti i concetti immobili e iniziare a pensare con nozioni in continuo movimento. Dalle parole in movimento segue la naturale vocazione orteghiana a privilegiare la parola parlata rispetto alla parola scritta che ne è un mero surrogato. In tal senso, “ogni testo s’iscrive non soltanto in un contesto linguistico, ma anche, e soprattutto, in un contorno extralinguistico” (p. 33). A tali importanti questioni di natura ermeneutica sul testo e sulla scrittura, D’Acunto dedica il secondo capitolo dei tre che compongono la prima parte del lavoro.
La seconda parte invece è dedicata al linguaggio della Zambrano. Di questa grande pensatrice spagnola, discepola di Ortega, che incontra quando si trasferisce nel 1927 a Madrid per studiare filosofia, e tenace oppositrice alla dittatura franchista, ancora mancano studi estesi ed approfonditi intorno alla sua opera che vadano oltre la iper-inflazionata materia di genere (donna, filosofa innamorata, straniera, esule ecc.). L’attenzione di D’Acunto si concentra con perizia esegetica prima sulla distinzione tra linguaggio e parola, osservando che la parola è il primo frutto del seme del Logos, e pertanto sta all’origine del linguaggio, poi sulla distinzione tra espressione e manifestazione di ascendenza heideggeriana. Infatti, se l’espressione è “proiettare le parole dall’interno verso l’esterno[…], manifestare è, invece, accogliere in sé la parola come dono di grazia e di verità, come scintilla sempre di nuovo riaccesa, come una cosa che è fatta per essere consumata senza logorarsi” (p. 86). Ne discende che la parola non è più o soltanto veicolo di significati ma, in termini heideggeriani, la parusia dell’essere, una sua manifestazione, il luogo del suo darsi e del suo apparire. L’esito naturale di questo percorso è un’ermeneutica dei luoghi della poesia che dà il titolo al terzo capitolo della seconda parte che chiude il volume. Se il linguaggio filosofico in Ortega approda alla ‘metafora’ nel senso che il logos stesso ossia la lingua è un’espressione metaforica, in Zambrano esso cede il passo a quello poetico che è un logos amorevole che non si impossessa delle parole, ma le lascia accadere perché generino immagini e significati inediti, è il luogo originario in cui si lascia catturare il silenzio (p. 115).