Pittori stranieri ad Amalfi, Atrani e Ravello nella prima metà del ‘900. Il nuovo libro di Matilde Romito fotogallery

Donna Matilde ci regala un altro capolavoro. Un volume in cui confluiscono appassionate ricerche sulla presenza di artisti stranieri in Costiera, più che un libro, potremmo definirlo un catalogo, tante sono le immagini che completano e arricchiscono il saggio. Volume preannunciato da un bellissimo articolo apparso su Territori della Cultura, la rivista del Centro Universitario Europeo per i Beni Culturali, numero 20 del 2015.

Wanderer in Traumlandschaft Viaggiatori in una terra di sogno Pittori stranieri ad Amalfi, Atrani e Ravello nella prima metà del ‘900

 INDICE

– Premessa

– Tra fine Ottocento e inizi Novecento: danesi ma non solo

– Lo Spanditoio del grano e La Femme sous les Orangers dei francesi Sain e Aman-Jean

– Libri al passaggio di secolo: Amalfi, Atrani e Ravello nella baia di Napoli

– Dal convento dei Cappuccini di Amalfi: una immagine intramontabile

– Diverse nazionalità nei primi due decenni del Novecento: dall’inglese Goodwin al tedesco Wenk al belga van Rysselberghe al norvegese Svarstad all’americano Trowbridge al neozelandese Merton alla americana Patterson all’inglese Rowe all’austriaco Sedlacek

– La Atrani di Oskar Brázda nel 1919 e di Olof Frederick Gollcher nel 1923

Wanderer in Traumlandschaft  di Carl Christoph Hartig (1920)

– Scozzesi e inglesi all’inizio degli anni Venti: Gentleman, Barnard, Stuart-Hill, Mostyn, Fletcher, McCrossan, Cundall, Hale

-Tedeschi, danesi e americani nella prima metà degli anni Venti: Lange, von Haniel, Sepp, Eberz, Fiedler, Hansen, Mønsted, Macy Finn, Spencer, Hadley, Chamberlain

– Il francese André Herviault e il tedesco Otto Westphal e la famosa “Tonnarella”, 1923-’25

– Polacchi e russi a metà degli anni Venti: Okuń, Gawell, Lapshin, Beloborodov, Westchiloff,

Gorbatov

– La prima automobile ad Amalfi con Nicolas De Corsi

– Il viaggio sulla costiera amalfitana di Louis Kahn alla fine degli anni Venti

– Tra la fine degli anni Venti e l’inizio degli anni Trenta: McNab, Thomson, Filarski, Dawber, Bouchor, Clausen, Berninger, Howorth, Armstrong, Avy, von Pigage, Isbrand, Nicholls, Patko, Sawert, Szabó Kálmán, Huber, Graadt van Roggen, Pollak, Julien

– Tre pittrici dall’altra parte del mondo: l’americana Alison Mason Kingsbury, la neozelandese Mabel Hill e l’australiana Ethel Spowers (1929-’32)

– Il soggiorno dell’olandese Mauritius Cornelius Escher (1923-’35)

– Il 1933: Georg Mayer-Marton, Carl Budtz Möller e Paul Kälberer

– Quaranta immagini di Amalfi e Ravello dell’olandese Otto Boudewijn de Kat (1934-’35)

– La seconda metà degli anni Trenta: Gurschner, Dornbach, Peiffer Watenphul, Csok, Brinks, Pippel, Malachowski, Bowedt, Nöbbe

– Ravello attraverso gli occhi di Paula Bärenfänger

– Gli anni Quaranta-Cinquanta: Schellerer, Krige, Schick, Orlowski, Zagoruiko, Landsmann, Stern, Augustiner, Preller, Schmidt

-Manifesti d’epoca

Premessa

Wanderer in Traumlandschaft  (Viaggiatori in una terra di sogno) rappresenta una ulteriore sperimentazione di quello che, ormai da vari anni, ho denominato “il metodo Positano” e che mi ha consentito di realizzare ben tre corposi volumi sulla pittura di Positano nel Novecento. Partita da un gruppetto di pittori che avevo già “incontrato” negli ultimi anni di ricerca sugli artisti stranieri in territorio salernitano, mi incanalai  nell’intrigante dedalo delle aste sia in Europa che in America (ma anche in altre parti del mondo), ritrovando un numero strabiliante di dipinti che rappresentavano la diffusione del paesaggio di Positano a livello mondiale, utile sia all’incremento della conoscenza dei numerosi artisti di lì transitati che alle scelte e ai gusti del collezionismo su così vasta scala.

Di qui l’idea di sperimentare tale metodologia di ricerca su un altro affascinante tratto della costiera amalfitana, appunto Amalfi, Atrani, Ravello, e solo attraverso gli artisti stranieri (tranne che per i manifesti) e in un arco cronologico ristretto alla prima metà del Novecento, considerato che l’Ottocento è già stato sviscerato dalle attente ricerche di altri studiosi, uno per tutti Dieter Richter per Amalfi nel 1989 e anche, con espansioni all’inizio del Novecento, Massimo Ricciardi nel 1998.

Il tutto pensando all’importante elemento di “congiunzione” con il resto del territorio che, nell’intero arco del XIX secolo, fu rappresentato, per questa parte del salernitano, dalla strada statale fra Salerno e Sorrento, portata fino ad Amalfi a metà del secolo e soltanto alla fine dell’Ottocento a Positano[1].

Interessante la presenza inglese (in senso ampio, del Commonwealth con la Nuova Zelanda, l’Australia, il Sudafrica, come si vedrà), una presenza che aveva visto a Ravello lo scozzese Francis Nevile Reid, che aveva acquistato Villa Rufolo a metà Ottocento e contribuito non poco allo sviluppo di Ravello. Quando morì nel 1892 “The Times” nel necrologio recitò: “Il signor Francis Nevile Reid, morto a Ravello il 12 luglio all’età di 66 anni, mancherà molto e sarà sinceramente pianto in tutta la bella regione dell’Italia meridionale dove ha vissuto per circa 40 anni. Membro di una ricca famiglia scozzese, … durante un viaggio in Italia, trovò un grande bene dall’aria di Ravello, sopra Amalfi, comprò la terra e la metà del palazzo in rovina della famosa famiglia Rufoli, e ne fece la sua casa. … il signor Reid si è imposto di introdurre qualche tipo di civiltà nel suo comune e quartiere. Ha reso il Palazzo abitabile, conservando attentamente le sue antiche caratteristiche; egli ha dato impiego a persone denutrite e sottopagate, gradualmente ha organizzato un municipio decente; e alla fine, pochi anni fa, riuscì ad ottenere l’ottima strada di trasporto a Amalfi, aprendo così il distretto e aumentando immensamente la sua probabilità di prosperità”[2].

Nel 1904 anche il banchiere britannico, Ernest William Beckett, poi Lord Grimthorpe, trasformò radicalmente Villa Cimbrone, da lungo tempo in stato di abbandono, e anche il vasto appezzamento terriero ed i giardini nello straordinario parco con elementi architettonici neoclassici e gotici, mediando tra lo stile botanico inglese e quello italiano (v. infra).

Pur nei limiti di “uno studio preliminare”, questa ricerca ha prodotto un campione molto ragguardevole di pittori e opere, oltre centoventi autori e 400 dipinti (con inoltre i volti degli artisti che ho creduto opportuno inserire, laddove reperiti, per dare più sostanza a queste presenze) che forniscono comunque delle indicazioni interessanti sulla diversità delle provenienze: se a fine Ottocento la prevalenza è nettamente a favore dei danesi, alla ricerca di quella luce già della Golden Age, nel corso dei successivi cinquant’anni colpisce la presenza degli inglesi, vari scozzesi e anche australiani, neozelandesi e africani, mentre quella tedesca, così preponderante nella stessa epoca a Positano, è decisamente ridotta.

Le pittrici sono interpreti assai interessanti di questo paesaggio, considerata anche la loro provenienza, dalle americane Augustine Fitzgerald e Margaret Jordan Patterson all’inizio del Novecento, all’australiana Ethel Spowers e la neozelandese Mabel Hill fra il 1931 e il ‘32 e, già all’inizio degli anni Venti, Margaret Barnard e Mary McCrossan, entrambe affascinate dal “white”, la luminosità di una Casa bianca nella luce del sole a Ravello (White House in Sunshine, Ravello) o quella de La piccola città bianca Amalfi (The Little White Town Amalfi ) e ancora Kathleen Hale, nel 1926. Le opere poi dell’americana Alison Mason Kingsbury tra fine anni Venti e inizi anni Trenta, rappresentano, a mio parere, un capitolo davvero speciale, anche per l’attenzione a raffigurare persone locali o colà incontrate.

Una rilevanza particolare rivestono gli artisti che si sono fermati in zona per periodi più o meno lunghi, dal viaggio sulla costiera amalfitana dell’americano Louis Kahn nel 1929 ai soggiorni dell’olandese Mauritius Cornelius Escher già dal 1923 e fino al 1935, o che hanno rappresentato il territorio in un numero strabiliante di opere come Otto Boudewijn de Kat, ancora olandese, nel 1934-’35. Fra novembre 1926 e gennaio 1927 il tedesco Herbert Fiedler viaggia in Italia con lo scultore Kurt Radtke, lasciando una immagine sulla Kustweg naar Amalfi (Strada costiera per Amalfi), ma ben sei su Positano, a conferma di quel legame fra i tedeschi e Positano cui prima si accennava.

Tornando alla sequenza dei capitoli, mi è sembrato opportuno fare riferimento allo scorcio dell’Ottocento nel passaggio al nuovo secolo per la preponderante presenza danese, mostrando immagini meno conosciute degli artisti più noti, Peder Severin Krøyer, Kristian Zahrtmann,  Johan Peter Kornbeck, Paul Fischer e Theodor Esbern Philipsen. Una presenza, quella dei danesi, che in parte continua a inizio Novecento, con Jens Ferdinand Willumsen, Frederik Larsen-Særsløv e Viggo Thorvald Weie Edvard tra il 1902 e il 1907.

Il numero delle mostre e relativi cataloghi che si evincono dalle biblioteche danesi digitalizzate, dove appaiono opere e riferimenti al territorio in esame, meriterebbe da solo uno studio e una riflessione specifica: a sottolineare il rapporto fra gli artisti danesi e l’Italia meridionale basterà ricordare che nel 1909 si tenne a Charlottenborg, con il patrocinio dei reali, una Udstilling af dansk kunst fra italien til fordel for de nødlidende i syditalien (Mostra di arte danese in Italia per aiutare i bisognosi in Italia meridionale, fig. del frontespizio): opere altrimenti difficilmente recuperabili di Kroyer, Zahrtmann e Philipsen –per quanto attiene in questa sede- appaiono in abbondanza e la motivazione della mostra (che si concretizzò attraverso una sorta di lotteria-tombola) dice molto su questo legame che nasceva dall’amore per la luce e la semplicità.

Nella prima decade del Novecento, le pubblicazioni sul golfo di Napoli, nell’ambito di una divulgazione del Sud d’Italia che non può prescindere dalla “capitale”, già prestigiosa città di cultura soprattutto nel secolo del Grand Tour, includono la fascia costiera che non cessa di incantare stranieri di tutto il mondo. Le sorelle americane Fitzgerald e l’inglese Maurice Greiffenhagen realizzano due libri, rispettivamente nel 1904 e 1907, Naples, painted by A. Fitzgerald, described by S. Fitzgerald, Adam & Charles Black editore, Londra e The Naples Riviera di Herbert M. Vaughan, New York, Frederick A. Stokes Company: numerosissime sono le immagini di Amalfi e Ravello, ma compare anche Atrani con Augustine Fitzgerald.

Il secolo si chiude con il francese Edmond Francois Aman-Jean, giunto con la moglie ad Amalfi per motivi di salute, circostanza che si ritrova non poche volte fra gli artisti che giungono sulla ”divina costiera”, felici del clima mite e soleggiato; un altro francese, Georges Barbier, nel 1922, pone Amalfi come sfondo di “a woman in a yellow dress” (una donna in abito giallo), abito realizzato dal celebre stilista britannico Charles Frederick Worth, fornitore ufficiale di numerose case regnanti dell’epoca. Lo sfondo è la terrazza del convento dei Cappuccini ad Amalfi vista da occidente; mentre prima del Novecento era spesso un monaco a fornire l’immediata connessione con il convento (oggi Albergo dei Cappuccini), ora questo angolo di osservazione davvero paradisiaco si spoglia dell’elemento religioso per diventare semplice ed efficace scorcio o, addirittura, set per presentare affascinanti figure femminili, magari con abiti famosi, esotici ed orientali, da Eisman-Semenowsky nel 1908 al citato Barbier nel 1922 alla rivista “The Mentor” nel 1926.

Ancora un francese, il marsigliese Joseph Marius Avy, nel 1930, firmerà Vue du golfe de Maiori-Minori-Amalfi, prise de Ravello (Veduta del golfo di Maiori-Minori-Amalfi, presa da Ravello), opera in tecnica mista.

Il territorio è rappresentato da nazionalità diverse nei primi due decenni del Novecento, dall’inglese Goodwin al tedesco Wenk, dal belga van Rysselberghe al norvegese Svarstad, dall’americano Trowbrigde al neozelandese Merton alla americana Patterson all’inglese Rowe all’austriaco Sedlacek.

E se il boemo Oskar Brazda ferma Atrani in due forti immagini nel 1919, si sofferma su Amalfi nel 1920 lo svizzero Karl Christoph Hartig, un artista già particolarmente ammirato nel corso della ricerca su Positano: sua è l’immagine di copertina Kϋste bei Amalfi, mentre il titolo di questa ricerca è relativo ad un’altra sua opera, della stessa epoca, presentata anche sotto diverse titolature, che meritava di introdurre questo tratto della straordinaria Costiera amalfitana.

Preponderante la presenza di artisti del mondo anglosassone, scozzesi e inglesi, all’inizio degli anni Venti, Gentleman, Barnard, Stuart-Hill, McCrossan, Cundall, Hale, Mostyn, Fletcher, mentre nella prima metà degli anni Venti più manifestamente presenti sono i tedeschi (von Haniel, Lange, Sepp, Eberz, Westphal, Fiedler), ancora i danesi con Hansen e Mønsted e gli americani, la Kathleen, Spencer, Hadley, Chamberlain.

Un’ondata dall’Europa dell’Est è palese a metà degli anni Venti con polacchi e russi: Okuń, Gawell, Lapshin, Beloborodov, Westchiloff, Gorbatov che ha realizzato innumerevoli opere non solo su Capri, ma anche su Amalfi ed una su Atrani, inedita, conservata nello straordinario Museo del Paesaggio a Moliterno, nella serie dei MAM (Musei Aiello Moliterno).

E se il dipinto dell’italo-russo Nicolas De Corsi La prima automobile a Positano, da identificarsi palesemente con Amalfi, ci riporta al fascino delle automobili tra fine anni Venti e inizio anni Trenta, con in più la tenerezza dei bambini stile “vestivamo alla marinara”, il viaggio sulla costiera amalfitana di Louis Kahn alla fine degli anni Venti consente di inserire nel novero degli artisti presenti sul territorio in quest’epoca un nome di statura mondiale, appunto l’americano di origini estoni Kahn. Definito “un filosofo tra gli architetti”, oltre alla sua influenza sugli architetti contemporanei, con alcune sue opere ha ispirato i maggiori esponenti dell’architettura della seconda metà del XX secolo, come Renzo Piano, Richard Rogers e Norman Foster. La costiera amalfitana è un punto focale del suo primo viaggio in Italia nell’inverno del 1929: Louis Kahn visitò varie località, Positano, Ravello, Atrani e Amalfi, realizzando una ampia raccolta di acquerelli e disegni. Tornerà per un passaggio molto importante della sua vita, e soprattutto nella sua formazione di architetto, il viaggio tra il 1950 e il 1951 nel Mediterraneo, e il suo soggiorno all’American Academy di Roma, quando iniziò un nuovo corso della sua vita professionale.

Al passaggio fra gli anni Venti e i Trenta, fra gli altri, emergono gli ungheresi Karoly Patko e Gáborjáni Szabó Kálmán: se il primo ci lascia, nel 1931, uno scorcio straordinario di Atrani vista da est, con uno spiccato cubismo unito ad un fervido senso cromatico, del secondo è una serie di 12 xilografie realizzate nel 1929-’30 e pubblicate in forma di album nel 1939 a Roma dove si vedono, per il territorio in esame, Amalfi e Ravello.

Nel 1929-’32 Amalfi e Ravello sono riprese da tre pittrici venute dall’altra parte del mondo, l’americana Alison Mason Kingsbury, l’australiana Ethel Spowers e la neozelandese Mabel Hill: la Kingsbury si sofferma su Ravello includendo volti di donne locali e non, la Spowers ferma Ravello in un linoleum nel 1932, la Hill realizza numerosi acquerelli su Amalfi, documentati anche in un suo diario, nel 1931.

Nello stesso lasso di tempo si concentra anche la maggior parte delle opere del famoso olandese Mauritius Cornelius Escher, stabilitosi in Italia nel 1923 restandovi fino al 1935, in quelli che egli stesso definirà «gli anni migliori della mia vita». Le opere di Escher su Amalfi, Atrani e Ravello, qui illustrate, sono poco più di una quindicina, di cui una metà specificamente dedicata a Ravello che sicuramente aveva un posto d’eccezione nel suo cuore, per il legame anche con i momenti più significativi della sua esistenza. Conosciuta già nel primo viaggio in Italia con i genitori nel 1921, Ravello per lui ebbe sempre un valore aggiunto, avendovi incontrato la moglie, la svizzera Jetta Umiker che sposò nel 1924. Dalle prime opere del 1923, l’attenzione di Escher è costantemente rivolta a Ravello: nel 1932 realizza ancora la chiesa di San Cosimo a Ravello, ripresa da ovest a gennaio e da est a febbraio, la Porta Maria dell’ospedale a Ravello,The Hamlet of Turello (Il borgo di Torello) e, ancora, Lion of the fountain in the piazza at Ravello (Leone della fontana nella piazza di Ravello) che propone uno dei leoni romanici, non più esistenti, della fontana. Il piccolo paese della costa amalfitana di Atrani, poi, lo aveva colpito perché aveva ritrovato nella sua struttura molti elementi dei suoi paesaggi fantastici: la Collegiata di Santa Maria Maddalena è probabilmente una delle chiese più rappresentative per caratterizzare il lavoro di Escher e così l’edificio con il caratteristico campanile ha guadagnato fama in tutto il mondo a causa delle tre “Metamorfosi”.

Il 1933 anche vede una preponderanza dell’immagine di Ravello, sia nell’ungherese Georg Mayer-Marton, che nel tedesco Paul Kälberer e nell’olandese Carl Budtz Moller, il cui olio Henimod Aften, Ravello (Verso sera, Ravello) è di una bellezza davvero particolare, pur essendo una prospettiva utilizzata da altri artisti, come per esempio Arturo Bacio Terracina.

L’olandese Otto Boudewijn de Kat ci lascia poi un numero davvero strabiliante di disegni, circa quaranta immagini di Amalfi e Ravello del 1934-’35, la cui numerazione permette di delineare un itinerario che lo portò ad Amalfi, giungendo presumibilmente da Salerno, e alla Valle dei Mulini, da sempre di fortissima presa sugli artisti italiani e stranieri e quindi a Scala e Minuta; a Ravello vede il Duomo, San Giovanni a Toro, San Cosma, San Martino, l’Annunziata, la porta antica, la piazza con la fontana, il mercato coperto, una tipologia di casa, Villa Cimbrone e tante Gezicht op Ravello (Vedute di Ravello). Vi sono anche vedute di Minori e Castiglione e tre immagini a colori si riferiscono a Ravello.

Nella seconda metà degli anni Trenta si fanno notare l’Ansicht von Atrani (ma è Amalfi) del 1936 di Hans Dornbach e anche l’Amalfi di István Csók del 1937, oggi alla Hungarian National Gallery, dove si ritrova quella sua tipica combinazione di paesaggio e natura morta: limoni in giallo forte sul panno viola della tavola rotonda e una caraffa con un motivo floreale riempiono il primo piano di una terrazza sporgente.

Da ricordare anche Eduard Otto Pippel, uno degli impressionisti più importanti della Germania meridionale, con il suo olio Kϋste bei Amalfi (Costiera amalfitana), ancora del 1937.

Ho avuto la fortuna di poter attribuire degli acquerelli, fra gli anni Trenta e Quaranta, su Ravello a Paula Bärenfänger, artista “riscoperta” in modo imponente in quest’ultimo anno, che completamente paralizzata, aveva comunque scelto per vivere la scoscesa costiera amalfitana.

Gli anni Quaranta-Cinquanta si aprono nel 1940 con uno spettacolare olio, Mondnacht bei Atrani, di Albert Schellerer, artista legato ad una concezione dell’arte estranea agli “ismi” e si chiudono, nel 1958, con l’opera di Hermann Thomas Schmidt, Schönstes Amalfi, passando per gli africani François Krige, Irma Stern e Alexis Preller, e ancora Rudolph Schick, Hans Orlowski, il russo esule a Positano Ivan Giovanni Zagoruiko e gli austriaci Wilhelm Landsmann e Werner Augustiner, la cui Griechische Stadt (Città greca, titolo dato in asta, che dimostra come solo la conoscenza approfondita di un territorio può consentire corretti riconoscimenti) non è altro che San Salvatore de Birecto ad Atrani. Notevole la presenza di artisti sudafricani, una tradizione già iniziata nel primo decennio del Novecento con Hugo Naudé e viva anche fra i più recenti come Diane Saunders, Marashene Lewis, Mariétte Pretorius.

Chiudono vari manifesti d’epoca, ugualmente relativi alla cronologia prescelta, da una Amalfi  di metà anni Venti del pesarese Mario Borgoni presso la stamperia dello svizzero Richter di Napoli, cui va anche il merito di aver realizzato il bellissimo Hotel Palumbo Ravello, alla Ravello del romano Publio Morbiducci del 1933, ai manifesti degli anni Cinquanta, firmati dal ligure Filippo Romoli come dal pugliese Mino Delle Site o dal lombardo Bramante Decio Buffoni.

Ma vorrei terminare questa premessa con la menzione di quattro opere emerse durante la prima fase finale di revisione, inquadrabili fra gli anni Venti e gli anni Trenta, periodo che avevo già verificato fra i più fervidi per Positano, quando in costiera amalfitana arrivano gli stimoli dei vari filoni artistici europei.

Due olandesi e due inglesi: dall’acquaforte Atrani del 1926 dell’inglese Allan McNab all’acquaforte De vissers van Amalfi  (I pescatori di Amalfi) del 1937 dell’olandese Kuno Brinks e, probabilmente in quest’arco di tempo, l’olio Atrani near Amalfi (Atrani vicino Amalfi) dell’inglese medaglia d’oro olimpico Reginald Thomson e  l’olio Italiaans bergstadje (Città italiana di montagna) dell’olandese Dirk Filarski che incredibilmente, a distanza di anni, ripropone l’identica prospettiva di una delle opere contenute nel citato volume dell’inglese Maurice Greiffenhagen del 1907,The Naples Riviera, con la strada di Ravello che conduce alla Fontana dei Leoni. Opere che comunque ho inserito nell’indice nella loro corretta cronologia.

Sin dal famoso viaggio di Goethe (1786-’88), l’Italia è stata associata a immagini del Meridione e del desiderio che suscitava, che hanno magicamente attratto molte generazioni di artisti. Anche all’inizio del XX secolo, l’Italia è rimasta una meta di viaggio frequentata da giovani artisti: August Macke, Walter Ophey, Erich Heckel, Max Pechstein, Anita Rée, Emy Roeder e molti altri sono venuti qui in cerca di ispirazione fuori dai sentieri solitamente battuti.

I primi decenni del XX secolo sono stati caratterizzati da progressi dinamici nell’arte pittorica. Era l’epoca della sperimentazione e del post-impressionismo e dei primi passi  avventurosi nell’espressionismo e nell’astrazione. Molti artisti, in gruppi o comunità d’avanguardia, in molte città in tutto il mondo, affiliandosi liberamente, hanno sviluppato queste innovazioni in molti modi. I primi vent’anni del Novecento possono essere considerati tra i più produttivi e sono indicati come il tempo nella storia dell’arte in cui le idee moderne hanno cominciato a prendere piede nella produzione artistica. Il nuovo ordine e la razionalità, unitamente alla meccanizzazione nei modi di produzione, hanno visto la parallela disciplina architettonica svilupparsi a una velocità sorprendente nel lavoro di designer, come ci dicono Le Corbusier e Gerrit Rietveld. Era l’era del Bauhaus e e di un’idea comune a tutte le arti creative.

Le principali innovazioni introdotte nei primi anni del XX secolo furono ulteriormente sviluppate nei successivi decenni degli anni Venti e Trenta. Dopo gli orrori della prima guerra mondiale e gli importanti cambiamenti politici a livello internazionale, i momenti di riflessione che seguirono videro l’inizio della carriera di molti artisti stimolati dalle arti pittoriche. Altri due elementi si devono tenere presenti: la diffusione della filosofia del marxismo tra le comunità e i gruppi culturali e il movimento di avanguardia del surrealismo che ha continuato a maturare e si è concentrato sull’inconscio umano e sulla teoria freudiana, volendo sia esprimere una realtà superiore, fatta di irrazionale e di sogno, che rivelare gli aspetti più profondi della psiche. Il surrealismo divenne una ideologia su scala globale a causa della sua importanza culturale e modo espressivo chiave degli anni Venti. Molti artisti emergono da questo movimento, da Salvador Dalì a Giorgio de Chirico, Andre Breton, René Magritte; a Parigi, artisti come Brancusi e Modigliani sviluppano metodi artistici espressivi e dinamici.

Sulla Costiera amalfitana, nella ventennale parentesi tra i due eventi bellici del Novecento, si verificò un caso di integrazione che fu, al tempo stesso, innovazione artistica e solidarietà umana e che –a mio parere- è ancora poco conosciuto, ma può –anzi deve- costituire momento esemplare di avvicinamento e convivenza fra popoli, usanze e culture diverse.

Come ebbi a scrivere a proposito della produzione ceramica nel “periodo tedesco” a Vietri sul Mare[3], vi fu uno straordinario momento di sincretismo artistico che vide sposarsi inventiva e capacità tecniche indigene con matrici culturali di grande momento nell’Europa del primo Novecento. Se si pone mente soltanto a come le centinaia di artisti e intellettuali che transitarono o sostarono o lavorarono nella nostra provincia fossero portatori dei grandi movimenti artistici che avrebbero poi improntato i percorsi culturali del secolo appena passato, non si può non comprendere la grande fortuna che la nostra terra ebbe nel vedersi “portati a casa” i semi dei grandi ismi dell’Europa novecentista. In pochi anni presero corpo i vari orientalismo, primitivismo, cubismo, secessionismo. E così il Sud, arcaico e primitivo, divenne crogiolo di culture. Ma, come ha detto bene Monica Hannasch, quel periodo era una parentesi destinata a chiudersi, come tutte le cose belle, con le persone giuste, nel momento giusto, nel posto giusto.

 

[1] Sono veramente pochi, sul campione esaminato, gli artisti “in comune” fra Positano e il territorio prescelto, Hartig, Fiedler, Kahn, Budtz Möller, Sawert, Escher, Dornbach, Peiffer Watenphul, Zagoruiko, meno di un decimo degli artisti incontrati.

[2] “Sono state molte le difficoltà che ha dovuto superare, soprattutto dalle piccole borghesie, che si lamentavano per l’aumento del tasso di salario che dovevano pagare; … Più di una volta, agli inizi del suo soggiorno, è stato costretto a fuggire per difendersi dall’attacco dei briganti che in quei tempi infestavano le montagne della penisola sorrentina. Una volta, quando si accingeva a pranzare insieme alla moglie e alla suocera, fu avvisato dal calzolaio che vi erano una settantina di briganti assemblati nella piazza in procinto di venire a prenderlo. Reid e le signore riuscirono ad evitare il peggio scappando giù a Minori attraverso il sentiero e da lì riparando con una barca a Capri dove rimasero fino a quando non venne restaurato l’ordine a Ravello. Grazie all’opera del Gen. Pallavicini la zona fu bonificata dai briganti e da qual momento in poi il suo soggiorno a Ravello proseguì indisturbato. È difficile stimare quale perdita possa causare la sua morte in tutta quella regione incantevole, ma molto povera, per la quale, per una generazione di più, è stato letteralmente la provvidenza”.

[3] Matilde Romito, Der Deutsche von Vietri. In viaggio nel Sud arcaico degli anni Venti con Richard Dölker, Catalogo della Mostra (Salerno, Palazzo Sant’Agostino, 18 dicembre 2004-16 gennaio 2005; Paestum, Ottava Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico, 17-20 novembre 2005), Salerno, 2004.

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