Piano di Sorrento, il ricordo del Maestro Maurizio Aiello nelle parole del Prof. Ciro Ferrigno

"La morte di un artista è incolmabile, lascia un baratro, un vuoto enorme"

Piano di Sorrento. Il Prof. Ciro Ferrigno ha voluto dedicare un commosso ricordo al Maestro Maurizio Aiello, scomparso il 25 aprile:

«Tra le creazioni di Gioacchino Rossini forse pochi conoscerebbero il Mosè in Egitto se non fosse per la magnifica aria per voci soliste, coro ed orchestra: “Dal tuo stellato soglio”, che è creazione di grande, anzi sublime bellezza. Sono poche frasi con lo stesso motivo, ma per voci diverse: “Dal tuo stellato soglio, Signor, ti volgi a noi! Pietà de’ figli tuoi! Del popol tuo pietà! Pietà de’ figli tuoi! Del popol tuo pietà!” Se pronti al tuo potere Sono elementi, e sfere, Tu amico scampo addita Al dubbio, errante piè! Pietoso Dio! ne aìta: Noi non viviam, che in Te! In questo cor dolente deh, scendi, o Dio clemente, e farmaco soave tu sia di pace almen! Il nostro cor che pena deh! tu confronta almen!” Parole avviluppate in uno snodarsi di note che creano un vortice ascensionale, caratteristico della musica del Rossini, presente nel Guglielmo Tell ed anche nello Stabat Mater dove l’Inflammatus e l’Amen del gran finale sembrano sollevarci nella sfera celeste tra stelle e pianeti, galassie e fiammate di luci sideree. Grande ed immenso il Rossini, mago più che musicista, dove il bel canto, il virtuosismo sono la norma e chiedono talento e voci non comuni, trilli e gorgheggi, acuti e voce spiegata di cantanti lirici che per interpretare l’Autore in maniera corretta partono da una base riconosciuta di livello ottimo per salire più su. L’incanto di “Dal tuo stellato soglio” si realizza con cori polifonici di alto livello, orchestre sinfoniche composte da grandi professionisti. Ma può un solo violinista suonare questo brano e strapparlo al suo violino in un impeto di maestria e fartelo ascoltare, fino a sentire addosso i brividi e avere gli occhi arrossati? Maurizio ci riusciva, aveva l’archetto magico, superava le difficoltà con disinvoltura, nella pienezza di una professionalità che sfiorava la magia. E tu sentivi nel vibrare delle corde, con le note, le voci dei solisti e del coro, complice il figlio Daniele che, con la sua chitarra classica, era l’orchestra e la musica diventava preghiera, invocazione, passione, pianto e ti trovavi ad occhi chiusi a cantare a labbra mute. Li ascoltammo nel giardino di Villa Romano, a Santa Teresa e lì l’eco resterà per sempre

L’artista produce, realizza, crea e lo fa attingendo ad un talento che è dono di Dio, quasi diventa compartecipe della creazione materializzando ciò che già era, senza forma e senza concretezza aspettando solo di vedere la luce, di essere. La morte di un artista è incolmabile, lascia un baratro, un vuoto enorme e ti fa piangere due volte perché ti mancheranno per sempre l’Uomo, e l’Artista. Che disastro! Certe perdite restano tali per sempre…».

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