Piano di Sorrento, il racconto del lunedì del Prof. Ciro Ferrigno: “Gottola”

Piano di Sorrento. Riportiamo il consueto racconto del lunedì del Prof. Ciro Ferrigno che oggi ci guida alla scoperta di Gottola.

Gottola è un luogo popolato fin dall’antichità più remota. Già altrove ebbi modo di trattare l’origine arcaica dell’abitato di Carotto, generato dall’espansione a valle nel corso di secoli, delle generazioni successive di quella popolazione insediatosi a Sant’Agostino nella preistoria. Grotte abitate, esistenti lungo un vallone non molto profondo, sull’asse Piazza Cota, San Michele, Gottola, Palazzo di Sopramare. Luoghi collegati da cunicoli sotterranei, in parte ancora esistenti. Parlando con un amico, che in anni recenti ha eseguito lavori edili nella zona centrale del rione, nei pressi del Palazzo del Vescovo, mi ha testimoniato che, nello scavare, sono arrivati senza volerlo, in un cunicolo, dove erano ossa umane. La fantasia popolare ha sempre attribuito queste a feti di creature non desiderate, ad omicidi, tutto può essere, ma propenderei ad attribuirle alle vittime di epidemie, in particolare alla peste del 1656, quando le salme venivano riposte nel primo luogo disponibile e adatto alla sepoltura, per non trasportarle altrove, rischiando di espandere il contagio.

Luogo antichissimo, Gottola, il cui etimo si riferisce proprio alle grotte, adatte alla presenza dell’uomo, degli animali ed alla conservazione del cibo. Rione che non ha la sua chiesetta perché è stato sempre legato a doppio filo con San Michele; la chiesa del rione è sempre stata l’attuale Basilica. Questo fatto suggerisce delle suggestioni, delle ipotesi. Agli inizi del 1700 proprio qui fu tagliato un grande albero di gelso, per realizzare la statua dell’Arcangelo che oggi veneriamo, opera di un artista locale, Giuseppe Maresca, scultore di polene per i velieri. Orbene mi sento di azzardare un’ipotesi secondo la quale lo stesso Arcangelo, dopo le apparizioni del Gargano, sia stato venerato per un certo lasso di tempo proprio in una grotta di Gottola, per poi diventare titolare della chiesetta, embrione dell’attuale Basilica. San Michele apparve nella Grotta di Monte Sant’Angelo ed in tutto il Meridione d’Italia era ed è ancora venerato in tantissime grotte. Forse proprio questo trasferimento o passaggio fece di San Michele la chiesa del rione. In realtà è come se da Gottola fosse partito già due volte nella storia, il simulacro dell’Arcangelo, per la chiesa madre.

Credo che questo quartiere abbia avuto un ruolo rilevante almeno fino alla prima metà del XVII secolo, quando con l’apertura di Via San Michele e l’espansione dell’abitato sull’attuale Corso Italia, il baricentro finì per spostarsi più a monte. Pure il mercato migrò nella zona chiamata Granpiazza. Nel rione erano importanti il pozzo, all’incrocio con Via Cassano ma principalmente la dimora dei Mastellone, detta dal popolo il Palazzo del Vescovo, essendo stata di proprietà di Mons. Giuseppe, Arcivescovo di Sant’Angelo dei Lombardi. Questi era un uomo di grande, anzi immensa cultura che, oltre a sapere di morale, etica, filosofia e teologia, aveva una grande passione per le scienze naturali. Conosceva l’uso delle erbe officinali, ne capiva di fenomeni naturali, di fisica e chimica, tanto da essere considerato quasi un mago o comunque un uomo eccentrico. In epoche più vicine a noi il rione si è arricchito della bella Villa Ciampa in stile Floreale o Liberty; sue pertinenze sono la cappellina della Madonna delle Grazie, posta all’incrocio con Via Ciampa e le scuderie. Tutti i palazzi hanno aspetto dignitoso, parecchi custodiscono giardini interni, atri con volte, cisterne e edicole votive. È magnifico il pozzo nel cortile dei Mastellone, ma qui e tutto intorno, ogni pietra è un pezzo di storia.

(foto di Rosario Ciampa)

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