LA MUSICA AI TEMPI DEL COVID.

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‘’Se l’arte è immune alla pandemia lo stesso non si può dire dell’industria discografica, messa in ginocchio dai tour mancati e dalle uscite posticipate che non possono essere compensati dalle pur nobili iniziative online.’’
Alle 18.00 in punto di venerdì 13 marzo l’Italia viene inondata di musica. Da migliaia di balconi le canzoni si diffondono ovunque per le strade deserte in un momento di grande emozione collettiva. Ma nonostante questo ruolo da protagonista, con la sua forza dirompente di esorcizzare la paura, proprio la musica rischia di essere una vittima eccellente di questa pandemia. Guardando i dati pubblicati da Music Business Worldwide si scopre come la settimana del 13 marzo sia stata la peggiore del 2020 su Spotify, sia in Italia che nel resto del mondo. Trend che viene confermato e ampliato dalle rilevazioni di Alpha Data riguardo alle vendite dei supporti fisici: -27.6%. La chiusura dello storico Mariposa duomo, il negozio milanese di dischi metal e hard rock per eccellenza dal 1985, suona in questo senso come un triste presagio.E il peggio non riguarda le vendite. Il 12 marzo Live Nation, il colosso internazionale di organizzazione concerti, blocca tutte le sue attività. I festival estivi vengono o (ottimisticamente) rimandati a ottobre come il Coachella in California, o cancellati come l’attesissima cinquantesima edizione del celebre Glastonbury: “La cancellazione del Festival di quest’anno sarà senza dubbio un colpo terribile per il nostro incredibile team e per i volontari che lavorano duramente per la realizzazione di questo evento. Ci saranno inevitabilmente anche gravi implicazioni finanziarie come risultato di questa cancellazione – non solo per noi, ma anche per i partner di beneficenza del Festival, i fornitori, i commercianti, gli affitacamere locali e la nostra comunità”. Proprio da questo messaggio emerge l’aspetto più drammatico della situazione. Intorno ai live ruota un’economia complessa e strutturata ma estremamente fragile. Gli attori coinvolti sono molti: fonici, tecnici che si occupano dell’impianto luci, roadies, gestori dei locali, tour manager. Per tutti loro non ci saranno guadagni per un periodo che nessuno ha idea di quando finirà, ma che di giorno in giorno sembra doversi prolungare indefinitamente. Per non parlare di chi anima tutto questo spettacolo: i musicisti. Ogni aspetto della loro attività è stato radicalmente stravolto dalla pandemia.Prima di tutto ci sono le prove. Con i divieti di assembramento gli studi di registrazione e le sale prove restano inevitabilmente chiusi (con altri impatti economici rilevanti). Niente più musica d’insieme dunque?In realtà esistono delle possibilità alternative: JamKazam ad esempio permette di suonare in sincrono a distanza. Si tratta di una sorta di Skype per band che permette di provare in tempo reale. Simili a quest’ultimo anche Ninjam e Jamtaba.Risorse importanti sono inoltre state messe in campo da Apple che offre tre mesi gratuiti di Garageband e, soprattutto, di Logic, uno dei programmi più evoluti di sound engineering e di mixaggio. Si tratta di uno strumento non ancora non del tutto intuitivo ma sempre più alla portata anche di chi non fa il fonico di mestiere. Questo periodo potrebbe rappresentare dunque un’occasione per colmare gap tecnologici e permettere a sempre più musicisti di confezionare prodotti audio di qualità con mezzi quasi alla portata di tutti. Un percorso in qualche modo analogo a quanto avviene in campi quali la creazione di contenuti foto e video.Per quanto riguarda l’uscita dei nuovi dischi alcuni, vista la tempesta, si sono tirati indietro e attendono tempi migliori come i The Killers, i Deep Purple e Liam Gallagher. Non mancano le eccezioni. I Nine inch nailshanno pubblicato a sorpresa, proprio nell’infuriare della pandemia, addirittura un doppio album, Ghost V e VI. Il loro storico leader Trent Reznor ha dichiarato: “Mentre le notizie sembrano diventare sempre più tristi ogni ora che passa, ci siamo trovati a vacillare selvaggiamente tra la sensazione che ci possa essere una speranza a volte di disperare, cambiando spesso di minuto in minuto. Anche se ognuno di noi si definisce un tipo antisociale che preferisce stare da solo, questa situazione ci ha fatto apprezzare il potere e la necessità di CONNESSIONE”.Living in a Ghost Town, il primo pezzo nuovo pubblicato dai Rolling Stoneda otto anni a questa parte, si candida già a diventare il simbolo di questo periodo assurdo. Mentre i Metallica hanno pubblicato una versione unplugged (bellissima) di uno dei loro pezzi più violenti di sempre: Blackened. Nulla può anche minimamente sostituire l’atmosfera di un concerto live, con le sensazioni che dà la presenza dell’artista, il pubblico, il suono… l’esperienza nel suo insieme. Malgrado ciò moltissimi musicisti stanno provando a scaldare l’animo dei loro fan con esibizioni dai loro social, con modalità anche originali e sorprendenti.Timbaland e Swizz Beatz hanno inaugurato le live battles su Instagram. Si tratta essenzialmente di una diretta condivisa in cui ci si sfida a colpi di hit. L’idea è stata ripresa in qualche modo in Italia da Emis Killa che ha lanciato, il Covid Freestyle, taggando altri rapper in una ideale catena-sfida infinita che ha coinvolto molti artisti: Shade, Boro Boro, Samurai Jay, Fede, Alfa, Oliver Green, Nayt, Giaime, Gordon Ranzy solo per citarne alcuni.Il Jova-House party è diventato ormai una sorta di format televisivo in cui Jovanotti invita ospiti, amici, con cui dialoga e si esibisce.Oltre alle centinaia di musicisti più o meno famosi che si esibiscono sui loro profili social, iniziano a moltiplicarsi eventi più strutturati, Musica che unisce ad esempio ha raggruppato decine di grossi nomi della musica italiana per aiutare la protezione civile, mentre il progetto di Keeponlive punta a far esibire gli artisti sui profili dei locali, cercando di riportare l’attenzione sugli spazi dove ci si esibiva e, si spera, si tornerà ad esibirsi. Tutte queste iniziative sono lodevoli: portano la musica nelle case dei fan, spesso con contenuti inediti, innovativi… c’è un però,Il vil denaro. Le entrate perse dei concerti non verranno minimamente compensate dalle visualizzazioni su Youtube o dagli ascolti di Spotify che rappresentano una fonte di guadagno marginale tranne per i pochissimi che hanno numeri superiori alle decine di milioni, tantomeno dal numero di stories guardate su Instagram…Key livestreams è un innovativo portale che cerca di rispondere a questa esigenza, ospitando i live degli artisti a fronte del pagamento di un piccolo abbonamento da parte dei fan, una sorta di Onlyfans per il mondo della musica.Potrebbe essere, questa, una strada interessante, ma il progetto è ancora all’inizio ed è decisamente troppo presto per capire se funzionerà o meno.Sta di fatto che l’industria discografica, per come si è riconfigurata dopo la rivoluzione di internet, non può prescindere dagli introiti dei live, che sono nettamente la fonte principale di sostentamento dei musicisti, specie quelli di medie piccole dimensioni che spesso, sia detto per inciso, rappresentano realtà fortemente innovative. Una presa di consapevolezza di queste problematiche dovrebbe avvenire per prima cosa a livello politico, con forme di aiuto e assistenza analoghe a quelle che si stanno cercando di mettere in pratica per altre categorie professionali.Inoltre forse sarebbe ora che la manciata di colossi digitali che tengono in pugno la distribuzione della musica si fermasse a fare un ragionamento su quanto non sia equa la ripartizione dei guadagni tra chi crea il contenuto (e si sbatte non poco per farlo) e chi lo distribuisce. Noi infine sosteniamo le band. Compriamo il merch… magari il vinile delle band più underground di cui siamo appassionati. Altrimenti il rischio molto concreto è quello di svegliarci tutti da questo incubo del Coronavirus e ritrovarci in un mondo senza un sacco delle band più sperimentali e interessanti che amiamo…
E questo non è un bene!

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