Ezequiel Lavezzi a Sky Sport: “Vi racconto perché ho abbandonato il calcio”

Dopo 3 anni Ezequiel Lavezzi torna a parlare di sé e lo fa in un’intervista esclusiva a Sky Sport con Gianluca Di Marzo. Il Pocho rivive i ricordi della sua fantastica carriera, a partire dalla decisione di smettere: “Mi è passata la voglia, sono arrivato a un punto in cui durante l’allenamento ho detto ‘Che sto facendo qua?’ Avevo ancora delle proposte, ma ho deciso di dire basta. Mi hanno chiamato in Cina, in Europa ma anche in Argentina. Anche in Italia mi volevano ma quando sono andato via da Napoli ho detto che non avrei giocato in nessun’altra squadra, sono troppo legato a quella maglia e lì ho fatto la storia, non avrei mai potuto giocare in un altro club di Serie A. Alla Juventus non sarei mai andato. Inter? Ho scelto di non andare, ma di trasferirmi in Cina”. Poi sul rapporto con Napoli e i napoletani: “Per fortuna mi vogliono benee anche io ne voglio tanto alla città. È un rapporto che si è creato e ancora non si è perso. A Napoli è stato tutto bello, una grande esperienza per me perché è stata la prima piazza in cui ho giocato dopo l’Argentina. Sono molto legato. Sono sempre stato sincero con loro, è stata la mia prima esperienza e mi ha fatto crescere, mi ha dato tanto soprattutto come persona. L’Italia è un paese che stimo tantissimo. Con Napoli c’è stato un rapporto genuino, è stato quello il segreto. Mi hanno trattato come un ragazzo della città. Non sarò mai napoletano, ma ho avutoil rispetto di una città che mi permetteva di essere felice giocando a calcio”. Nel 2011 il patto con De Laurentiis per l’addio, che poi si concretizzò l’anno dopo: “Ci siamo messi d’accordo prima dell’ultimo anno, avevo bisogno di prendere un po’ d’aria. Avevo mio figlio piccolo e ricordo che dovevo stare chiuso in casa con lui. Anche quando in Francia portavamo il cane a passeggio gli chiedevo se gli piaceva più Napoli o Parigi, lui mi rispondeva ‘Napoli, però qui possiamo passeggiare’. Da avversario, Lavezzi è tornato una sola volta a Napoli, in un’amichevole giocata nel 2014 al San Paolo con la maglia del PSG: “Fu una sensazione bellissima. Sono tornato non sapendo cosa potesse accadere, ma la gente mi ha mostrato grande affetto”. Da quel giorno Lavezzi non torna a Napoli, ma il ‘Pocho’ fa una promessa: “La mia idea era di fare una partita d’addio al calcio a Napoli. Ora non c’è la gente, quindi vorrei farla con il pubblico. Non so cosa accadrà, ma quella era la mia volontà. Per questo non ero mai tornato a Napoli, ma mi manca e voglio andarci al più presto per salutare tanti amici”. Il suo primo allenatore in Italia è stato Reja: “Ho un rispetto grandissimo per lui, dal punto di vista calcistico mi ha fatto crescere tantissimo e mi ha sempre saputo gestire. Quando ero giovane ero più complicato. La lite a Lisbona? Sono cose che succedono nella carriera di un giocatore”. Il salto di qualità, invece, è arrivato con Walter Mazzarri: “L’ho fatto diventare pazzo in quegli anni, lo prendevo in giro per quei capelli che aveva. Ma lo stimo tantissimo, ancora oggi lo sento e mi ha insegnato tanto. Gli allenatori, soprattutto in Italia, mi hanno aiutato a migliorare”. Il primo gol? Il 2 settembre 2007, nella seconda partita giocata in Serie A in casa dell’Udinese: “Al di là del gol, ho fatto una grande partita e abbiamo vinto 5-0. Ho avuto la possibilità di segnare ma anche di divertirmi tantissimo in campo, quel giorno penso sia stato quello in cui i tifosi del Napoli mi hanno conosciuto. Sono arrivato un po’ sovrappeso, poi ho iniziato a mangiare bene e quello mi ha aiutato a stare in forma”. Lavezzi arrivò l’estate dopo il ritorno in Serie A, colpo di mercato del direttore generale Pierpaolo Marino. Subito, a Napoli, partì il paragone con l’idolo Maradona: “Ma solo per il fatto di essere argentino, perché parlare di Diego è parlare del calcio – sottolinea il ‘Pocho’ – La gente mi ha apprezzato ed è stato bello, ho sempre cercato di dare il massimo per Napoli. Quando è morto Diego ho provato dispiacere, vederlo finire in questo modo è stato brutto. Però non sono nessuno per poter parlare di lui, ma dispiace perché era ancora giovane. Ma è successo e oggi c’è tanto caos dietro la sua morte e questo non va per niente bene. Il coro del San Paolo come Diego era una sensazione unica, il bene da parte di una città che non è la tua è una cosa fantastica”. Un tuffo nel presente, per parlare del Napoli di oggi: “Gattuso ha creato un’identità di gioco, va in campo con la personalità che lui aveva. Sta facendo molto bene, il Napoli è in ottima forma e spero che continui così per entrare in Champions. Insigne? Oggi è un uomo, quando era con me era piccolo. Ha la fascia da capitano, gioca per la Nazionale e rappresenta tanto per il Napoli e per il calcio italiano. Mi fa molto piacere, vuol dire che è cresciuto tantissimo”. Al PSG, invece, ha condiviso tante partite con Ibrahimovic: “A 40 anni fa ancora la differenza, è malato di calcio. Ha un livello estremo di tensione, che fa stare sempre bene anche gli altri”.

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