Cava de’ Tirreni, Don Giuseppe Nuschese: “La paura ci immobilizza e ci chiude in noi stessi”

Cava de’ Tirreni, riportiamo il commento di Don Giuseppe Nuschese al Vangelo di oggi nel quale si parla dell’incontro di Tommaso con il Cristo Risorto. Ecco il testo del Vangelo secondo Giovanni:

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

Ed ecco il commento di Don Giuseppe Nuschese:

«Nel vangelo di questa ottava di Pasqua abbiamo un’apparizione del Risorto. Nel Vangelo ci sono pochissime apparizioni narrate del Risorto ma quelle poche apparizioni sono una bomba atomica, ci raccontano tantissime cose che valgono per sempre per la comunità dei discepoli. Oggi abbiamo modo di incontrare un’apparizione di Gesù in mezzo ai discepoli chiusi nel Cenacolo. Così parte il Vangelo di questa domenica, dei discepoli che sono chiusi per un motivo specifico – ci racconta l’evangelista Giovanni – che è la paura. Quanto ci immobilizza la paura? Quanto ci chiude in noi stessi la paura? Ne facciamo esperienza in questo tempo così drammatico, così fragile. Siamo terrorizzati, abbiamo paura del contagio, abbiamo paura di stare con gli altri, abbiamo paura di tutto e di tutti, abbiamo paura di questo tempo che sembra non finire mai e il tempo stesso ci chiede di stare dentro casa, di uscire il meno possibile. Ed anche quel tempo, quell’episodio che loro hanno vissuto, il dramma della crocifissione del Maestro, sembra voler dire loro di non poter uscire di casa, di dover vivere un lockdown preventivo. C’è il terrore di non essere stati all’altezza delle aspettative del Maestro, cioè il terrore della possibile cattura da parte delle guardie e dei romani. La paura è un deterrente assurdo per le nostre esistenze ed il Vangelo racconta che Gesù in persona non rompe la porta ma la oltrepassa. Gesù, Dio, oltrepassa le mie e le tue paure e sta in mezzo ai discepoli. E’ particolare questa annotazione, perché l’evangelista avrebbe potuto dire che stava con i discepoli o stava fra i discepoli, invece Giovanni specifica che Gesù sta in mezzo a loro. In realtà l’evangelista Giovanni ci sta raccontando una cosa che è la fotografia dell’esperienza liturgica che vivranno i discepoli. Ed è la fotografia anche della nostra comunità. ogni volta che ci ritroviamo insieme come fratelli di domenica – ed è una domenica quella in cui fanno questa esperienza i discepoli – ogni volta che si celebra la liturgia Gesù sta in mezzo. E Gesù dice una cosa ai discepoli: “Pace a voi”, “Shalom”. E’ l’augurio tradizionale degli ebrei ma è molto di più, è la pace pasquale, come ci racconta la chiesa d’oriente. E sulla pace c’è da fare una sottolineatura, perché noi per la pace intendiamo stare in pace con il cervello oppure non aver litigato con nessuno o mettere a tacere le discussioni, la pace è quella di chi riesce ad evitare un problema, la pace di chi riesce ad andare oltre certe situazioni. Invece la pace di Gesù Cristo, la pace del Risorto, è molto diversa, è una pace che entra nelle nostre paure. E’ una pace che non oltrepassa il problema, non evita il problema, ma è una pace che lo risolve. E’ una pace che entra dentro un dolore. La pace del Signore Risorto parte dalla sua crocifissione, la pace del Signore Risorto parte dal terrore dei discepoli, la pace che ci dà il Signore è una pace che parte dal dolore del Venerdì Santo. Noi oggi abbiamo un carico un carico di situazioni che non riusciamo a risolvere da soli, con un carico di cose che non riusciamo ad affrontare con le nostre forze, con la nostra forza di volontà. Il Vangelo di oggi ci fa capire che non ne hai bisogno, non devi farcela da solo, non devi affrontare da solo con le unghie e con i denti questa vita, ma è Cristo che ti dà la pace. La pace costruita a nostra immagine e somiglianza, con le nostre forze, è una pace che si dissolve. La pace che ci dà il Signore, la pace del Risorto, è una pace che è a misura di Dio e getta come una ventata sulla nostra esistenza, una pace che veramente cambia il nostro cuore. Ma non basta, perché la gioia dei discepoli emerge da un altro atteggiamento di Gesù. Gesù mostra il suo corpo, mostra le sue mani, mostra il suo costato. E che cos’è che fa gioire i discepoli? Vedere il Signore.

Oggi abbiamo carenza di gioia, sembra che la gioia sia qualcosa di inafferrabile e forse noi come comunità abbiamo il peccato di non riuscire più a mostrare il Signore. Se non riusciamo a vivere esistenze felici è perché non abbiamo più visto il Signore e se facciamo sì che le nostre comunità non mostrino il Signore come possiamo mai aspettarci che la gente che si affaccia nelle nostre parrocchie sia felice? Abbiamo bisogno di comunità, abbiamo bisogno di discepoli di Cristo che mostrano il Signore, che lo facciano vedere e anche per noi abbiamo bisogno di non mettere più lo sguardo sempre ripiegati su noi stessi, sempre ripiegato sui nostri problemi, sulle cose che non vanno, sui nostri conti a metà. Abbiamo urgenza di fissare lo sguardo su Cristo. E’ Cristo che ci dona la pace. E’ Cristo che ci dona la gioia.

C’è anche questo discepolo Tommaso, “Didimo”, che è una parola particolare significa gemello. Tommaso è gemello di ciascuno di noi e per troppo tempo Tommaso è tacciato come il discepolo incredulo, quello sbagliato, quello storto. In realtà Tommaso fa una richiesta legittima, vuole anche lui vedere il Signore. Gli altri dieci discepoli la fanno facile perché il Signore lo hanno visto. Lui ha un’esigenza legittima. E Tommaso è quello tra tutti i discepoli che fa la professione di fede più alta di tutto il Vangelo, alla fine di questo Vangelo dirà: “Mio Signore e mio Dio”. Lui è l’unico tra i discepoli che dice a Gesù “Dio”, lo chiama Dio.

Ed allora Tommaso ha bisogno di fare una cosa. Quand’è che Tommaso incontra il Signore? Quand’è che lo vede? Quando sta con gli altri. Avremo la capacità di fare esperienza della Risurrezione solo quando non ci tireremo fuori dalla nostra comunità, solo quando sapremo che per incontrare il Signore, il Risorto, devi incontrare i fratelli. Oggi questo è un grande augurio che ci fa questo Vangelo, quello di essere comunità che sa andare oltre le proprie paure. Quello di essere una comunità che sa fissare lo sguardo sul Cristo Risorto, che è un Risorto ferito, che un Risorto che ha delle piaghe. L’augurio di essere comunità che sa mantenere delle relazioni autentiche con i fratelli. Forse abbiamo tantissime cose nelle nostre parrocchie, tantissime attività, tantissimi webinar, incontri su Zoom, Google, Meet… eppure tante volte manchiamo dell’essenziale, manchiamo del sentirci fratelli. Tutto parte da una fraternità, la Chiesa la fa il Signore Risorto, la Chiesa la fa la liturgia domenicale, la Chiesa la fa il sentirsi fratelli. Auguri cari amici, che questa domenica porti questi tre elementi nella nostra esistenza».

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