Cancellata la più bella pagina della storia bancaria di Napoli

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Cancellata la più bella pagina della storia bancaria di Napoli

In un periodo particolarmente difficile tutti sollecitano un “sospeso” chiedono a chi ne ha la possibilità di acquistare qualcosa per chi non se lo può permettere. Invero il “caffé sospeso” è un gesto volontario che la gente napoletana  fa perché desidera condividere con uno sconosciuto un momento di relax, la gioia di una buona notizia ricevuta, una piccola vincita o, in un momento di solitudine, creare l’illusione di avere accanto una persona amica.

Mentre l’Italia copia questo nobile gesto dei  “napoletani veraci”  qualcuno sta cancellando la più bella pagina di storia bancaria scritta a Napoli.

L’Intesa San Paolo dopo aver acquistato con un piatto di lenticchie il Banco di Napoli, distrutto da lupi famelici e da politici incapaci, mette in vendita il Monte di Pietà del Banco di Napoli.

Un istituto fondato nel 1539 che aveva il compito di fornire prestiti a tasso zero a favore di coloro che si trovavano in una situazione di povertà, come garanzia si richiedeva un pegno.

L’Istituto si è trasformato in Banco e, tra il ‘500 ed il ‘600 furono fondati otto istituti: sette avevano scopi caritatevoli e solo uno, il Banco del SS. Salvatore, non aveva scopi caritatevoli ed assistenziali.  Napoli aveva, quindi,  un sistema bancario che Ferdinando IV di Borbone completò istituendo il Banco Nazionale di Napoli con funzioni di coordinamento e di controllo di tutti gli istituti bancari. Successivamente Bonaparte riorganizzò il sistema bancario ed istituì il Banco di Corte con il compito di custodire e gestire il Tesoro dello Stato.

Sarà Giacchino Murat a riorganizzare il sistema bancario ed a fondare il banco del regno delle due Sicilie che nel 1861,  vantava una ricchezza intorno ai 440 milioni di lire in monete d’oro,  mentre la ricchezza monetaria di tutti gli altri Stati italiani messi insieme non arrivava ad un valore di 230 milioni di lire, in parte in cartamoneta.

Per privare il SUD di questo primato, il Banco del regno delle due Sicilie fu diviso in Banco di Napoli e Banco di Sicilia e fu vietato loro di aprire filiali nelle zone di competenza esclusiva e concedendo loro il diritto all’emissione di vaglia cambiari simili a quelli emessi dalla Banca d’Italia e degli assegni bancari liberi identici a quelli emessi dalla Banca d’Italia; al Banco di Napoli ed al Banco di Sicilia fu concesso il diritto di emettere la fede di credito o polizzino: un vaglia sul quale può essere effettuata la girata nella quale può essere indicata la causale dell’emissione e le condizioni alle quali è subordinato il pagamento; la firma della girata deve essere autenticata da un notaio;  quindi la promessa della Banca di pagare non è incondizionata ma sottoposta al verificarsi della condizione apposta sul titolo.

In Campania venivano utilizzati per garantire l’acquirente per eventuali vizî occulti e potevano essere riscossi dal venditore se, trascorsi due anni dall’acquisto, non vie erano state denunce di tali vizî.

In Sicilia venivano utilizzati per gli “sponsali” contratti preliminari di matrimoni redatti da un notaio nel quali, valutati i beni ed i titoli (anche accademici) delle famiglie dei nubendi, si stabiliva se una delle famiglie avrebbe dovuto conferire alla famiglia che stava per nascere una somma di danaro che poteva essere riscossa se era stato effettivamente celebrato il matrimonio.  Ora l’Intesa San Paolo ha deciso di cestinare una delle più belle pagine della storia bancaria.

prof. Francesca LAURO

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