Positano, settant’anni fa nasceva “Le Sirenuse”

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Positano, settant’anni fa nasceva “Le Sirenuse”.

Settant’anni fa Positano era un posto molto diverso. Non c’era una banchina adeguata per attraccare le barche, ma detto questo, pochissime navi più grandi dei pescherecci mai visitate, e le barche da pesca si sono semplicemente fermate sulla spiaggia. Le foto dell’epoca mostrano una manciata di case, la maggior parte delle quali sono ancora in piedi oggi, circondate da grandi distese di giardini terrazzati e limoneti. La chiesa madre di Santa Maria Assunta spicca in queste fotografie più chiaramente di quanto non sia oggi, poiché aveva così pochi edifici con cui competere.

Eppure Positano non era, del tutto, tagliata fuori dal grande mondo esterno. Una grande impresa ingegneristica, la famosa strada della Costiera Amalfitana esisteva da quasi un secolo all’epoca – fu inaugurata nel 1854 dal re Ferdinando II di Napoli. Ma allora era ancora sterrata e, che ci crediate o no, anche più stretta di quanto non sia oggi.

Fondamentale, però, nonostante in qualche modo fosse una zona arretrata con un’economia basata sull’agricoltura e la pesca, Positano era abituata agli stranieri. Nella prima metà del ventesimo secolo, era diventato un rifugio creativo e un luogo di esilio per un piccolo gruppo di artisti, scrittori e interpreti dell’Europa settentrionale e orientale. Molti erano russi o tedeschi, attratti dal clima mite, dai paesaggi romantici e dalla libertà dai valori borghesi trovavano in quello che allora era un villaggio a un’intera giornata di viaggio da Napoli.

Uno di questi era Michail Semenov, scrittore e mercante d’arte che aveva stretti contatti con i Ballets Russes e altri circoli d’avanguardia (nell’aprile 1917, Pablo Picasso e Jean Cocteau visitarono la sua villa Positano appena sopra la spiaggia di Arienzo, in compagnia di l’impresario di balletto Leonid Massine e il coreografo Sergei Diaghilev). Un altro fu Gilbert Clavel, visionario scrittore svizzero, scenografo e mecenate delle arti che, nel 1909, acquistò l’antica torre di avvistamento a guardia della spiaggia di Fornillo e si accinse a trasformarla in “un’opera d’arte totale”. Più tardi, negli anni ’20, una scuola di artisti tedeschi – molti dei quali ebrei – si stabilì in città, mentre un altro famoso emigrato fu Lev Nussimbaum, un misterioso scrittore originario di Baku e inventò per se stesso un retroscena del tutto fittizio come figlio di un principe arabo di nobili origini.

A scorrere tutti i racconti che questi esiliati hanno lasciato del loro tempo a Positano è la gentilezza e la genuinità dei normali positanesi, che non sembravano affatto turbati da questo cast di eccentrici che avevano scelto di vivere in mezzo a loro. Questo potrebbe aver avuto qualcosa a che fare con i loro atavici ricordi di un tempo, nell’alto medioevo, quando marinai e mercanti di Positano attraversavano il Mediterraneo fino a Costantinopoli. Più di recente, nel 19 ° secolo, molti locali si erano uniti all’esodo italiano attraverso l’Atlantico in cerca di una vita migliore. Così in fondo, sebbene la maggior parte dei residenti a quel tempo fosse più legata alla terra e ai suoi prodotti piuttosto che al mare, e mentre molti non si erano mai nemmeno avventurati fino a Napoli, i positanesi si immedesimarono con i viaggiatori e gli emigrati.

Tuttavia, fino alla seconda guerra mondiale, Positano non era una città di villeggiatura: era semplicemente troppo lontana da qualsiasi luogo, e gli unici posti dove stare erano pensioni molto semplici come la Pensione San Matteo. Paradossalmente, la guerra stessa cambierebbe tutto questo.

Originario di Napoli, il marchesi Sersale possedeva da molti anni una villa a Positano. Per i Sersale, era un delizioso rifugio sul mare dalla calura estiva dalla città e dalla vita urbana ricca ed intensa. Ma durante la guerra divenne molto di più: un porto sicuro, quello che (a differenza della stessa Napoli) non stava per essere bombardata e diventare un campo di battaglia, poiché non aveva nulla di strategico. La famiglia iniziò a trascorrere sempre più tempo lì ed in particolare tre fratelli Sersale, Anna, Aldo e Paolo, iniziarono presto a considerare Positano la loro casa. Paolo era così legato e rispettato a livello locale che, nel 1944, a soli 25 anni, fu eletto sindaco di Positano, carica che avrebbe ricoperto per i successivi sedici anni.

Dopo lo sbarco alleato a Salerno nel settembre 1943 e la presa di Napoli in ottobre, la spinta verso nord fu frenata dalla linea tedesca Gustav a Monte Cassino. La fatica, sia fisica che mentale, poteva minare rapidamente il morale di un esercito, quindi i campi di riposo per soldati e ufficiali in licenza dal fronte di battaglia erano visti come una risorsa importante. In gran parte grazie all’influenza di Paolo Sersale ed all’amicizia che aveva stabilito con il generale Mark Clark della Quinta Armata degli Stati Uniti, Positano stesa fu designata come campo di riposo per ufficiali alleati, sia britannici che americani.

Case private, tra cui la Villa Giulietta di Sersales, furono aperte a cappelli di ottone stanchi della guerra. Ma c’erano problemi. A quel tempo Positano non aveva acqua corrente e il colera era una minaccia costante. In un’intervista rilasciata a un giornalista italiano nel 1985, Aldo Sersale racconta che lui e Paolo chiesero un incontro con il generale Clark, durante il quale chiarirono che se Positano non fosse stata allacciata alla rete idrica, non avrebbero potuto garantire i sanitari. benessere degli ufficiali alleati. Clark requisì immediatamente un grande lotto di tubi dell’acqua da 3 pollici, ma disse ai fratelli Sersale che non poteva risparmiare la manodopera per averli collegati all’acquedotto più vicino, sulle colline molto al di sopra della città.

Fortunatamente, Paolo e Aldo avevano tenuto conto di questo. Come campo di riposo ufficiale dell’esercito, Positano aveva diritto a ricevere una razione alimentare dell’esercito per ogni abitante. Esagerando leggermente la popolazione del paese – da 2.000 a 7.000 – il sindaco Paolo ha potuto pagare in razioni alimentari, anziché in contanti, chi lavorava alla fornitura d’acqua. Era una piccola ammaccatura nelle risorse dell’esercito, ma manteneva sani gli ufficiali e i loro ospiti, metteva il cibo sulle tavole locali e significava che Positano poteva finalmente contare su una fonte d’acqua pulita.

Dopo la guerra, alcuni degli ufficiali alleati che avevano scoperto Positano come “campo di riposo” tornarono con le loro famiglie. A poco a poco, l’idea piantata dal sindaco Paolo ha messo radici: che Positano, a lungo vista dalla gente del posto come un tipo di luogo apro ed al limite della vita (anche se con la sua grandezza selvaggia), era in realtà qualcosa di abbastanza unico, un posto per il quale gli stranieri erano pronti ad affrontare lunghi e ardui viaggi.

Così ebbe inizio l’inesorabile ascesa di Positano da remoto villaggio della Costiera Amalfitana a destinazione turistica di fama mondiale. Ed i Sersale furono tra i primi a rendersi conto che il tipo di viaggiatori colti, ricchi ed indipendenti che cercavano il posto meritava di essere accolto con stile. Affiancati dal fratello minore Franco, un ingegnere chimico che avrebbe intrapreso presto una carriera internazionale prima di tornare a Positano nel 1990, Anna, Aldo e Paolo (che da allora aveva assunto un altro importante ruolo istituzionale, quello di Presidente dell’Ente provinciale per il turismo, con sede a Salerno), decise che il loro destino era inesorabilmente legato alla cittadina. Decisero, dunque, che avrebbero trasformato Villa Giulietta in un hotel.

Nel 1951, Paolo ingaggiò l’architetto romano Luigi Orestano per unire i due edifici separati della villa in un’unica struttura. In un saggio del 2017 sul lavoro alberghiero di Orestano nell’Italia meridionale, il professore di ricerca dell’Università della Campania Niroscia Pagano ha scritto che il progetto dell’architetto per Le Sirenuse rappresentava “una mediazione tra un linguaggio elegantemente aristocratico e un assaggio dell’architettura tradizionale della Costiera Amalfitana”. Settant’anni dopo la sua inaugurazione, Le Sirenuse emana ancora lo stesso spirito, quella fusione di nobiltà elegante e autenticità artigianale. Possa durare a lungo.

Qui il testo originale.

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