Le donne e la filosofia: Ipazia di Alessandria

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Quando si pensa al mondo classico greco-romano, subito si pensa a un mondo caratterizzato, tranne per qualche rara eccezione, da un forte maschilismo secondo cui la donna era inferiore all’uomo per natura e quindi era giusto che lei svolgesse un ruolo subordinato nella società e nella famiglia.
Ma oggi vogliamo presentare una delle figure femminili più interessanti del mondo classico: la filosofa e matematica Ipazia di Alessandria, che compare anche nel celebre affresco di Raffaello “La Scuola di Atene”.
Ipazia nacque ad Alessandria d’Egitto e crebbe nel colto ambiente alessandrino. Ricevette un’istruzione dal padre Teone, matematico e astronomo, direttore del “Museion”, la più famosa Accademia dell’antichità. Approfondì i suoi studi presso la Scuola neoplatonica, oltre che ad Atene e in Italia.
Ipazia era ammirata per la sua bellezza e la sua saggezza, ma non si sposò mai e all’età di 31 anni assunse la direzione della Scuola neoplatonica di Alessandria. Insegnante di matematica e di filosofia, ella fu un’autorità e un indiscusso punto di riferimento culturale nello scenario dell’epoca. Scrisse trattati di matematica e compilò tavole astronomiche.
Ipazia si occupò anche di meccanica e di tecnologia applicata. Le vengono attribuite due invenzioni: un areometro e un astrolabio piano. Il primo strumento, che determina il peso specifico di un liquido, fu progettato come un tubo sigillato avente un peso fissato ad un’estremità: a seconda di quanto questo tubo affondava in un liquido, era possibile leggerne su una scala graduata il peso specifico. L’astrolabio progettato da Ipazia era formato da due dischi metallici forati, ruotanti uno sopra l’altro mediante un perno rimovibile: veniva utilizzato per calcolare il tempo, per definire la posizione del Sole, delle stelle e dei pianeti. Pare che mediante questo strumento Ipazia abbia addirittura risolto alcuni problemi di astronomia sferica.
Nonostante vivesse in un’epoca fortemente influenzata dalla misoginia aristotelica, in cui le donne venivano considerate esseri inferiori, Ipazia divenne così celebre per il suo acume filosofico che molti affrontavano lunghi viaggi per ascoltare le sue lezioni. La sua vita si concluse con una tragica morte, dovuta alle persecuzioni cristiane contro i rappresentanti della scienza ellenistica, che proponevano un razionalismo inconciliabile con la religione emergente. Accadde infatti che alcuni cristiani, tra cui il vescovo Cirillo, divenuto Patriarca di Alessandria nel 412, sfruttarono abilmente i conflitti sociali tra le diverse etnie esistenti in città e, dopo la cacciata degli ebrei, iniziarono la sua epurazione dagli “eretici” neoplatonici.
Fu così che Ipazia, pagana, ma convinta sostenitrice della distinzione tra religione e conoscenza, donna che rappresentava una provocazione per la sua condotta di vita indipendente, per l’impegno civile e per la sua influenza politica cadde vittima di tale persecuzione. Durante un agguato, tesole da un gruppo di fanatici cristiani, fu uccisa. Con lei moriva l’ultima scienziata eminente di quell’epoca.

Alternanza Scuola-lavoro con Positanonews, Marrone Gianluca classe IV B

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