La pandemia pesa sull’occupazione femminile

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La pandemia pesa sull’occupazione femminile. Riportare al centro dell’attenzione le pari opportunità sul lavoro.

Una recessione pesantemente al femminile, tanto che è già stato coniato il termine ad hoc: ‘she-cession’. E lo è sotto molti punti di vista, a partire dai posti di lavoro persi e dal divario salariale crescente, fino ad arrivare all’aumento dei lavori di cura non retribuiti e ad un welfare sempre più assente.

A conti fatti questa pandemia sta rimettendo l’orologio delle donne indietro di qualche anno, se non quando di decenni. Tutto questo si evince da statistiche e da approfondite analisi socio economiche.

Certo, è ancora troppo presto per valutare a pieno gli effetti della crisi da Covid-19 sul mondo del lavoro, ma qualche indicazione chiara l’abbiamo già avuta, come nel caso dei dati Istat pubblicati lo scorso febbraio: su 101mila nuovi disoccupati, 99mila sono donne.

Un disastro annunciato in realtà, visto che già lo scorso giugno l’Ispettorato del lavoro segnalava che 37.611 lavoratrici neo-genitrici si erano dimesse nel corso del 2019. E non stupisce dal momento che solo il 21% delle richieste di part time o flessibilità lavorativa, presentate da lavoratori con figli piccoli, è stato accolto.

La pandemia, quindi, non ha fatto che accentuare il trend: a maggio un’indagine di WeWorld effettuata sul finire del primo lockdown segnalava che 1 donna su 2 aveva rinunciato ad almeno un progetto a causa del Covid e il 31% annullava o posticipava la ricerca di lavoro.

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