Covid: “Durerà 20 anni se non riapriamo”. Articolo choc su Science, esperti divisi

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Covid: “Durerà 20 anni se non riapriamo”. Articolo choc su Science, esperti divisi. Allentare le misure e favorire una immunità acquisita nelle giovani generazioni, dove il Covid-19 decorre in maniera quasi asintomatica, può aiutare a ottenere prima l’immunità di gregge? Uno dei tanti studi prodotti negli Usa sta diventando virale in Europa, parliamo di un articolo pubblicato sulla rivista Science.

Ricercatori della Emory e della Penn State University, Stati Uniti d’America, rilanciano l’idea che dovremo imparare a convivere con il virus Sars-Cov-2 senza esagerare con le chiusure, considerando che questo nemico tornerà a ripresentarsi a ondate, con alti e bassi più o meno marcati legati all’alternanza delle stagioni, fino a confondersi una volta per tutte, come avviene per il comune raffreddore. Gli esseri umani, questo l’assunto di partenza, sono sempre stati esposti ad agenti infettivi, epidemie che provocano una sorta di selezione naturale.

“Negli ultimi decenni – scrivono gli autori Jennie Lavine, Ottar N. Bjornstad e Rustom Antia – l’umanità ha affrontato molteplici sfide da infezioni virali acute, tra cui sindrome respiratoria acuta grave (SARS), sindrome respiratoria mediorientale (MERS), Ebola eccetera, tutti focolai subito circoscritti. Ma se la situazione sfugge di mano, come è successo nel caso del nuovo Coronavirus, occorre comprendere e pianificare la transizione verso un modello di comportamento diverso, che considera il virus endemico, cioè ineliminabile”. Quindi, detto in altri termini, se non riapriamo questa pandemia finirà tra vent’anni. Al contrario, più lasciamo il virus libero di circolare, prima lo sconfiggeremo, a patto ovviamente di proteggere le fasce più esposte e vulnerabili, come gli anziani, e di andare avanti con le vaccinazioni, gli anticorpi monoclonali, le eparine, gli antivirali, e le altre terapie conosciute.

Ma torniamo al dilemma iniziale, hanno senso tutte queste chiusure indiscriminate? La risposta è che in termini di costi e benefici, le società occidentali non possono permettersi un atteggiamento disinvolto, perché dopo pochi giorni salterebbe il sistema sanitario imperniato sugli ospedali, inizierebbe la roulette tra chi salvare e chi mandare a morire a casa, quindi l’esigenza resta quella di limitare i contagi, isolare i focolai e vaccinare a rotta di collo. Questo modello ha avuto la sua massima espressione in Israele, dove in maniera ordinata e con minime perdite sono ormai arrivati alla tanto sospirata immunità di gregge. Negli Stati Uniti, dopo mesi di marasma, le vaccinazioni a tappeto vanno avanti spedite. Grazie al dinamismo tipico della società americana e alla disponibilità di mezzi le autorità calcolano di arrivare in due o tre mesi al traguardo, ovvero proteggere interi strati di popolazione, in modo da riportare la normalità senza particolari restrizioni. Nelle zone povere del nostro pianeta, dove certe precauzioni non vengono nemmeno prese in considerazione, il virus ha già spazzato via interi strati di popolazione, quindi si è raggiunta l’immunità di gregge in maniera cruenta, con uno sterminio, come accadeva con la peste in passato.

L’articolo di Science magazine è dei primi di febbraio. Gli addetti ai lavori ritengono che il messaggio, come arrivato sui social media, è stato travisato in maniera irresponsabile. Eppure, un fondo di verità c’è. In India, complice la scarsità di mezzi, milioni di persone si sono esposte al contagio senza particolari precauzioni, ed è stata una strage, ma molti sostengono che lasciando briglia sciolta al virus abbiano quasi raggiunto l’immunità di gregge nelle aree rurali.

Gli epidemiologi ovviamente si interrogano, è troppo presto per trarre conclusioni. Agli indiani raccomandano sempre di mantenere le precauzioni, igiene e distanza fisica, ma è pur vero che a quelle latitudini la vita è tornata quasi alla normalità, con cinema e teatri riaperti, pur con il 50 per cento della capienza, manifestazioni ed eventi religiosi e politici, fiere e mercati, mentre dall’inizio della campagna di vaccinazione, avviata lo scorso 16 gennaio, sono state immunizzate in India 17milioni e settecentomila persone. Al contrario in Italia, con questo ritmo di vaccinazioni, ci vorranno anni per proteggere tutta la popolazione.

Fonte Quotidiano.net

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