Vaccini, Israele rallenta: colpa di rabbini no-vax e disinformazione

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La storia di Israele e dei vaccini scrive un capitolo nuovo. Ma partiamo dai dati che leggiamo sul Sole 24 ore. Il più grande operatore sanitario israeliano, il Clalit, ha analizzato la storia di 600mila persone che hanno ricevuto le due dosi del vaccino a mRna sviluppato da Pfizer-BioNTech. E i dati dicono che le infezioni sintomatiche da Covid-19 sono scese del 94%. Lo stesso gruppo di persone, inoltre, ha il 92% di probabilità in meno di sviluppare una malattia grave dal virus. Dati del tutto confortanti, dunque, in un Paese che fino a oggi è stato – assieme alla Gran Bretagna – un po’ un esempio per il mondo intero su come condurre una campagna vaccinale di larga scala. Da dicembre (quando hanno lanciato la campagna) a oggi, oltre un quarto della popolazione del Paese – 2,5 milioni di persone – ha ricevuto entrambe le dosi del vaccino Pfizer-BioNTech secondo i dati del Ministero della Salute. E oltre il 42% ha ricevuto la prima inoculazione.

Lo stop inatteso
Ma cosa sta succedendo, adesso, in Israele? Le cronache che arrivano dal Medio Oriente raccontano di un improvviso rallentamento nelle somministrazioni di vaccino. E la colpa sarebbe di una massiccia campagna di disinformazione online che sta frenando la corsa alla somministrazione. Da alcuni giorni, il ministero della Salute israeliano sta spingendo sull’acceleratore per cercare di recuperare il passo, con nuove forme di incentivo per persuadere i riluttanti a farsi vaccinare. Il governo ha messo in campo una task force digitale per contrastare la disinformazione sui vaccini. E presto concerti e musei potrebbero presto essere vietati ai non vaccinati. I governi distrettuali, dal canto loro, hanno organizzato eventi nei pressi dei centri vaccinali con dj e cibo gratuito (è successo Holon, un sobborgo di Tel Aviv) per invogliare i ragazzi maggiori di 16 anni.

Il vaccino obbligatorio?
Yuli Edelstein, ministro della Salute israeliano, su Twitter promuove la campagna vaccinale in ogni modo, con spot creati ad hoc anche per San Valentino. Ed è un grande sostenitore dell’idea di rendere obbligatorio il vaccino anti-Covid per alcune categorie professionali (come insegnanti, operatori sanitari e autisti). Proprio Edelstein ha presentato un piano ben dettagliato, che chiaramente ha scatenato grande dibattito. Per il ministro, tuttavia, la strada deve essere quella: «Un insegnante che non è vaccinato – ha detto – minaccia la sicurezza degli studenti e costituisce un abuso di potere».

I contagi risalgono
Nelle ultime settimane, Israele ha dovuto fare i conti con un calo dei tassi di vaccinazione. A febbraio – da quando il vaccino è disponibile per tutti i maggiori di 16 anni – il Paese ha registrato una media di poco più di 106mila vaccinazioni al giorno, in calo rispetto alla media giornaliera di gennaio di oltre 127mila. E oggi la riluttanza di alcuni gruppi della popolazione a farsi vaccinare è una delle ragioni principali per cui i tassi di infezione rimangono alti, con 5mila nuovi casi al giorno (nell’ultima settimana) a fronte di una popolazione complessiva di 9,3 milioni di cittadini.

Fake news nel mirino
La scorsa settimana, il primo ministro, Benjamin Netanyahu, che ha riposto le sue speranze di rielezione proprio sulla campagna di vaccinazione, ha affrontato il capitolo relativo al rallentamento, additando le «le notizie false e le credenze superstiziose e talvolta maligne che crescono su Internet». Il punto è che oggi, in Israele, diversi segmenti della società stanno provando a resistere alle richieste di farsi vaccinare. E i motivi sono diversi. Fra gli ultraortodossi, alcuni leader religiosi molto influenti hanno chiesto ai loro seguaci di non essere immunizzati. A ciò si aggiunga che la minoranza araba non ha grande fiducia nella leadership ebraica. E poi molti giovani si sono convinti di non potersi ammalare gravemente di coronavirus, così – ora che è il loro turno – i numeri della campagna vaccinale si sono abbassati.

Una task force contro i negazionisti
Ora l’obiettivo principale del governo è contrastare la disinformazione, magari intercettando i complottisti. Il ministero della Salute ha messo in piedi una task force per monitorare l’attività sui social media così da intercettare i post anti-vaccinazione in ebraico, russo, amarico, arabo e inglese su Facebook, Twitter, Instagram e Telegram. C’è da dire che nella comunità ultraortodossa, l’uso di Internet è meno invasivo. E le mosse sono più analogiche. I rabbini no-Vax stanno utilizzando canali tradizionali, come i pashkevils (dei manifesti) per comunicare ai fedeli la loro linea contro la vaccinazione. E il governo sta rispondendo con dei pashkevils di risposta. Ma anche in questa frangia c’è anche chi usa i social. Il rabbino Yuval Hacohen Asherov – famoso predicatore con un certo seguito online, che già in passato ha affermato che i germi non causano malattie – ha pubblicato numerosi video a sfondo no-Vax ottenendo in pochi giorni centinaia di migliaia di visualizzazioni. «Perché correre? Perché vaccinare adesso? Facciamolo in un altro semestre, forse. Vediamo cosa succede», ha detto Ashrov, «Perché gli svizzeri e i cinesi dovrebbero usarci come cavie per vedere cosa succede?». Il governo ha provato a bloccare il video (caricato su YouTube), per ora senza riuscirci. Mentre Avishai Matia, un attivista no-Vax, ha detto che i suoi account Facebook e Twitter con migliaia di follower sono stati sospesi qualche giorno fa in quella che ha definito una «reazione violenta da parte dei giganti della tecnologia in collaborazione con l’Oms e altri gruppi».Tutto questo polverone si è sollevato quando le fasce d’età più adulte sono già state vaccinate, ed è scoccata l’ora dei più giovani. E anche stavolta, il caso Israele potrebbe raccontarci quello che rischia di succedere un po’ ovunque.

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