Un anno di Covid in Italia, 12 mesi che hanno cambiato le nostre vite

E’ trascorso esattamente un anno dal 21 febbraio 2020 quando, poco dopo la mezzanotte, viene ufficializzato il primo caso italiano di infezione al Sars-Covid-19. Fino a quel momento il Covid era una realtà lontana da noi, qualcosa da ascoltare al telegiornale ma che non riguardava le nostre comode vite. Ed invece, in un attimo, ci siamo trovati a fare i conti con il virus presente nella nostra Italia. Ed abbiamo cominciato a tremare un po’ di più, a sentire che quella realtà non era poi tanto lontana da noi.

Il primo caso italiano di positività al Covid-19 fu il 38enne Mattia Maestri, ricoverato all’ospedale di Codogno. Quel paese della Lombardia di soli 16.000 abitanti che fino a quel giorno quasi nessuno conosceva è diventato improvvisamente tristemente famoso, lì qualcosa stava per esplodere. All’inizio si era sperato trattarsi di un cluster locale, da isolare e tenere facilmente sotto controllo. Ed invece era solo l’inizio di un terremoto che ci ha sconvolto l’esistenza e ci ha rubato la normalità e la serenità.

I casi sono cominciati ad aumentare e nel giro di un mese gli ospedali erano oramai al collasso, con medici disorientati di fronte ad un’emergenza più grande di loro e della quale si sapeva troppo poco e diventava quindi difficile da combattere. Ma una cosa i medici l’avevano capito da subito; si trovavano di fronte a qualcosa di estremamente serio e preoccupante.

Strutture ospedaliere insufficienti per fronteggiare la situazione, terapie intensive prese d’assalto, pazienti per terra o sulle barelle nei corridoi in attesa che si liberasse un posto, il numero esiguo di respiratori che non potevano bastare per tutti.

E poi le notizie dei primi morti con numeri che aumentavano di giorno in giorno, immagini di camion pieni di bare che non potremo mai dimenticare e che fanno già parte della storia non solo dell’Italia ma mondiale.  All’inizio la diffusione del virus era concentrata al nord Italia, ma poi la discesa verso il centro ed il sud è stata rapida e non si è più interrotta.

Tutto quello che ne è seguito resterà per sempre nella nostra storia, momenti ed immagini che restano scolpiti nella memoria: da Papa Francesco che prega in una Piazza San Pietro vuota, alle strade deserte di tutte le città, alle persone costrette in casa che si danno appuntamento per cantare insieme dai balconi e farsi forza a vicenda gridando con la voce e gli sguardi che andrà tutto bene.

E’ passato un anno e non è andato tutto bene, almeno non ancora. Il nemico contro cui combattere non è svanito, è presente e continua a mietere vittime. Il numero dei contagi continua ad essere preoccupante anche se adesso intravediamo la luce in fondo al tunnel grazie ai tanto attesi vaccini che dovrebbero traghettarci fuori da questo incubo.

E’ passato un anno ma dobbiamo continuare a lottare, dobbiamo perseverare nell’adottare atteggiamenti responsabili che non permettano il diffondersi dei contagi.

Non abbassiamo la guardia proprio adesso che siamo vicini alla vittoria, anche se stanchi e provati continuiamo ad essere prudenti attenendoci alle disposizioni che ci vengono fornite. Indossiamo sempre i dispositivi di protezione ed evitiamo assembramenti. Facciamo per noi stessi, per tutte le persone più fragili, per il personale sanitario che non ha smesso un solo attimo di combattere in prima linea ed in memoria di tutti coloro che non ce l’hanno fatta.

 

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