Paola Zancani. A 120 anni dalla nascita
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Il 27 febbraio 1901 nasceva Paola Zancani. L’importanza di questa donna nell’archeologia italiana è talmente ampia e vasta, per le scoperte, per la qualità degli studi e per la grande eredità, che questo compleanno per noi della Penisola non può passare inosservato. Postanonews vuole ricordarla proponendo uno stralcio dall’articolo a firma di Giovanni Pugliese Carratelli apparso sulla rivista La Terra delle Sirene N° 12, diretta oggi da Enzo Puglia © Centro di Studi e Ricerche Bartolommeo Capasso. Autorizzazione del Tribumùe di Napoli nr. 4369 dell’ l l-2-1993. Contributo del Ministero per i Beni Culturali e Ambientali – Ufficio centrale per i Beni librari e gli Istituti Culturali. Fotocomposizione e stampa Tipolitografia Somma – Castellammare di Stabia. «La Terra delle Sirene» è reperibile a Sorrento nelle librerie.
PAOLA ZANCANI MONTUORO
di Giovanni Pugliese Carratelli
In una lettera da Napoli, in data 22 maggio 1919, Salvatore Di Giacomo scriveva
ad un suo amico e confratello in giornalismo, Raffaele Montuoro: «Oggi ho
visto trottare Paola, coi suoi libri, per via Santa Lucia, veniva dall’Università,
forse. Mi ha fatto piacere di vederla, e ci siamo salutati. Era mezzodì».1 Paola,
unica figlia di Raffaele Monluoro (nata il 27 febbraio 1901 ), era allora studentessa
del primo corso nella Facoltà di Lettere dell’Università napoletana. La vocazione
agli studi umanistici si era presto manifestata in lei, e aveva trovato alimento
nella fervida attività letteraria del padre e nella viva partecipazione della
madre, Clotilde Arlotta,. alla vita culturale cittadina, che in quegli anni era particolarmente intensa, grazie all’ animatrice presenza di forti ingegni critici e di
geniali poeti e letterati, da Benedetto Croce a Francesco Torraca a Fausto
Nicolini, da Di Giacomo a Matilde Serao a Roberto Bracco. Nella Facoltà di
Lettere le cattedre di discipline classiche erano occupate da maestri illustri:
Enrico Cocchia per la letteratura latina, Alessandro Olivieri per la greca; ad insegnare
storia antica era venuto da Padova, nel 1 920, Emanuele Ciàceri, che già
preparava la sua Storia della Magna Grecia, il cui primo volume apparve nel
1924; e l’insegnamento del sànscrito era affidato a Francesco Cimmino, il cui
nome era ben noto anche fuori delle aule universitarie, per le sue fini versioni
poetiche di drammi indiani e la sua vena di scrittore e conferenziere. Paola frequentò
anche le lezioni del sanscritista; ma specialmente suscitarono il suo interesse
le lezioni del professore di Antichità Pompeiane, Antonio Sogliano, dotto filologo e archeologo formatosi alla scuola del Fiorelli e del De Petra, e infine
più di ogni altro la attrasse il magistero di un acuto storico dell’ arte classica, un
siciliano venuto a Napoli dall’Università di Torino: Giulio Emanuele Rizzo, nel
quale una preparazione di singolare vastità e rigore si abbinava ad una rara chia
rezza critica. Così ella fu presto tra i più valenti discepoli del Rizzo, insieme con
Domenico Valentino Zancani e con Domenico Mustilli; e nel 1923 conseguì, con
lode, la l aurea. Nel medesimo anno partecipò ai concorsi per il pe1fezionamento
presso la Scuola Archeologica Nazionale d i Roma e presso l a Scuola
Archeologica Italiana di Atene, e li vinse ex aequo con lo Zancani, che sposò
prima di partire per la Grecia. Ad Atene lo Zancani ed altri alunni della Scuola
furono colpiti dal tifo, che costituiva allora una delle più pericolose insidie dei
paesi meditenanei ; e l ‘ infezione fu mortale per il giovine archeologo, che aveva
git pubblicato buoni saggi della sua vocazione scientifica. Negli studi cari a lei
come al suo sposo Donna Paola seppe trovare la forza per superare la difficile
prova; e a quegli studi si votò allora interamente, quasi a riannodare in essi i l
legame spezzato.
Nel comportamento ch’ella ebbe in così dura vicenda si fecero manifeste la
volitiva intelligenza e la composta e severa dignità che hanno caratterizzato la
vita e l’ opera di Paola Zancani. V’era in lei una limpidezza mentale che rapidamente
la orientava nell’ esame dei problemi, e non soltanto di quelli archeologici,
e insieme le permetteva di considerare con obiettività visioni e forme di pensiero
diverse: sicché nel suo garbo di gran dama si rifletteva, oltre che una domestica
tradizione, una norma di vita sostenuta e guidata da un acuto intelletto. Nel suo
modo di operare come studiosa e come cittadina ella ha sempre dato prova di un
ammirevole spirito di indipendenza, e allo scrupolo nell’indagine scientifica ha
coerentemente associato il senso del dovere proprio di uno studioso appartenente
ad una comunità civile. Per questo ella non ha mai potuto accettare acriticamente
opinioni dominanti, nella scienza come nella vita politica; e, pur iispettosa dell’autorità
di maestri, ha costantemente agito con piena e consapevole autonomia,
indifferente a superficiali consensi ma non insofferente di ragionati dissensi.
La sua p1ima impresa scientifica, eccezionale per il modo in cui è stata avviata
e svolta non meno che per l ‘importanza dei risultati, nacque da una revisione
critica di opinioni c1istallizzate. Un apparente contrasto tra un passo di Strabone e uno di Plinio senior circa l ‘ ubicazione di un famoso santuario di Hera presso la
foce del Sele aveva acceso dispute tra i dotti, ai quali le iipetute ispezioni del sito
non avevano offerto alcun sicuro elemento risolutivo. Donna Paola, formatasi ad
una scuola severa, che esigeva per l ‘archeologo una valida preparazione filologi-
ca, fin dal 1926 aveva tratto dall’esame dei testi la convinzione che il santuario
dovesse trovarsi sulla riva sinistra della foce; e quando, nel 1933, diede inizio
alla collaborazione con la Società «Magna Grecia», fondata da Umberto Zanotti
Bianco, poté svolgere sul luogo un’ indagine sistematica. L’occasione per l’incontro
con Zanotti, principio di una lunga e fruttosa collaborazione, fu una ricerca
sulla reale provenienza di una famosa statua marmorea arcaica, raffigurante
Persefone in trono, acquistata dal Museo di B erlino e dichiarata locrese: la
Zancani accertò che era stata trovata a Taranto, ricostruì le vicende del trafugamento
e identificò i l sito del tempio a cui la statua era appartenuta. Il dotto studio,
che chiariva la relazione della splendida opera con larte plastica italiota,
apparve nel 1951 i n un volume degli «Atti e Memorie della Società Magna
Grecia». L’idea di dar vita a questo sodalizio era sorta in Zanotti a seguito di un
casuale incontro con Paolo Orsi; e fu una benefica iniziativa, che pennise di procedere,
con sovvenzioni unicamente private, a sistematiche esplorazioni archeologiche,
quali l ‘ insufficienza degli stanziamenti pubblici non aveva fino ad allora
pe1messo, nei tenitori in cui era fiorita l ‘ antica civiltà italiota e siceliota. È dove roso anche qui precisare che il generoso impegno di Zanotti per l’archeologia e
la storia delle regioni meridionali non era frutto di un marginale interesse di un
colto umanista, ma nasceva dalla consapevolezza che per una chiara visione dei
problemi del Mezzogiorno, verso i quali s’era da tempo orientato l’alto senso
civile di Zanotti, era necessario integrare l’indagine sociale ed economica con
un’approfondita conoscenza della storia di quella parte d’Italia e che la premessa
ad un’efficace soluzione degli attuali problemi era un’attenta indagine sulle esperienze
storiche da cui essi avevano avuto origine. Zanotti si ispirava ad un principio
che nella dottrina crociana ha avuto la sua più limpida espressione: che
«come la storia è problema spirituale, così ogni problema pratico e politico è problema
spirituale e morale». Perciò il mazziniano filantropo aveva affiancato
ali’ Associazione Nazionale per gli interessi del Mezzogiorno d’Italia, impegnata
nella creazione di scuole e di centri sanitari in zone depresse e trascurate, una
società sollecita della tutela dei monumenti della grande tradizione civile
dell’Italia meridionale e un «Archivio Storico per la Calabria e la Lucania».
Allo spirito ardimentoso di Zanotti piacque il progetto di Donna Paola, ed
egli volle partecipare di persona alle ricognizioni nell’impervia zona. Comuni ad
ambedue erano la raffinata cultura, l’entusiasmo per gli studi, l’avversione alle
ideologie negatrici della libertà e irrispettose della dignità umana; e Zanotti, che
non aveva esitato a dichiarare la sua opposizione al regime fascista, era da questo
annoverato – conformemente ad una tradizione costante nei regimi dispotici – tra
gli avversari più temibili perché intellettualmente più dotati e pe11anto irriducibili.
La polizia non interruppe la vigilanza del «sovversivo» durante le lunghe e per
essa incomprensibili giravolte tra i canneti e gli acquitrini della desolata piana,
ove i disorientati segugi erano costretti a venire allo scoperto.