Morto Franco Cassano autore del “Pensiero Meridiano”

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    Il pensiero meridiano, un testo senza dubbio affascinante, resterà come il libro della vita e del lavoro di Franco Cassano, il sociologo morto martedì 23 febbraio all’età di 78 anni dopo aver lottato a lungo con la malattia. Era nato ad Ancona nel 1943 e aveva iniziato la carriera accademica a Messina per poi diventare professore ordinario all’Università di Bari insegnando Sociologia della conoscenza.

    Tuttavia, nonostante la carriera, il profilo di Cassano non è quello di un accademico bensì l’altro di un intellettuale impegnato che ritiene di poter incidere nella società proponendo un nuovo modello di pensiero che ritrova nel Mediterraneo come cultura o civiltà della Misura.

    Quando, infatti, nel 1996 uscì con Laterza Il pensiero meridiano – tradotto rapidamente in più lingue, inglese, francese e tedesco ma anche in giapponese – lo scopo del sociologo era duplice: da un lato la critica della modernità e dall’altro la proposta di un nuovo meridionalismo in cui il Sud (non solo il Mezzogiorno d’Italia ma il Sud in sé nel mondo) avesse una sua identità di pensiero e di azione non riducibile a logiche uniche di sviluppo

    Proprio all’università barese Franco Cassano è stato, insieme con Beppe Vacca e Biagio De Giovanni, tra i maggiori esponenti della cosiddetta école barisienne che criticava l’arroccamento del Pci su posizione di retroguardia. In tempi più recenti, Cassano aveva fondato ed animato con altri intellettuali baresi l’associazione «Città Plurale», laboratorio di civismo fondamentale per la costruzione di quella stagione politica definita la “primavera pugliese” che aprì la strada alle esperienze politiche di Michele Emiliano come sindaco di Bari e di Nichi Vendola come governatore della Puglia.

    Ma questi sono aspetti strettamente politici, mentre ciò che è destinato a sopravvivere è la sua idea del Sud come soggetto di pensiero in cui il carattere geografico e culturale del Mediterraneo – «mare tra le terre» – potesse essere quel limite senza il quale non c’è né capacità di giudizio critico, né possibilità di azione. Temi che furono ripresi dallo stesso sociologo anche nell’ultima sua opera L’umiltà del male, del 2011, che proponeva una rilettura de «il grande inquisitore» di Dostoevskij per indurre la sinistra a lasciare una sorta di «aristocrazia etica» o, in modo più semplice, di presunta superiorità morale, in cui la tradizione degli ex comunisti si è rinchiusa in modo autoreferenziale.

    In gioco, ancora una volta, nella bella prosa di Cassano, che fu editorialista dell’«Unità» e di «Avvenire», vi era una dimensione mediterranea dell’umano che mette in discussione la hybris o la volontà di potenza che è tipica della Modernità e che la stessa scienza moderna deve imparare a conoscere e prevenire. Il senso del pensiero meridiano, al netto di un sentimento di nostalgia, è in questa critica o decostruzione degli eccessi del moderno.

    Questo scrive Franco La Cecla

    Il pensiero meridiano è stata una fertile espressione di Franco Cassano, appena scomparso a 78 anni, sociologo meridionalista (credo non se ne avrebbe a male) nella grande tradizione del meridionalismo di Gaetano Salvemini dei grandi pensatori che all’Unità d’Italia si posero il problema della differenza all’interno del nostro paese. Franco Cassano a lungo ha collaborato per questo giornale, e oltre al geniale “pensiero meridiano” (che usci la prima volta nel 1997) ha lavorato sulle concezioni “differenti” del tempo e sulla “partita doppia”, cioè sulle vicende che conducono alcuni umani a fare modestamente il bene o modestamente il male. La sua vocazione è rimasta però ancorata alla fertilità della diversità dei tempi e dei luoghi.

    Da sociologo ha coltivato la geografia come una virtù. E oggi il suo pensiero evoca un mondo intero che nuovamente sembra essersi inabissato. Il Sud d’Italia è tornato alla ribalta solo come “evidenza” di un luogo dove si vive meglio in questa fase di pandemia. Migliaia di studenti e giovani meridionali sono tornati al Sud, dopo aver vissuto il trasferimento al Nord come vittoria contro una situazione che li costringeva alla marginalità del lavoro e delle retribuzioni. La pandemia ha ricordato loro che è meglio vivere in un contesto ricco climaticamente, affollato di storia e bellezze naturali e monumentali, di vita quotidiana significativa, piuttosto che languire in un Nord che ha smarrito la bussola (e davvero oggi non sa dove si trova, se tra faide leghiste, provincialismo sovranista e stupidità mediatica).
    Franco Cassano è anche il primo ad aver parlato di “lentezza” e di avere ispirato il glamour di Petrini o le file ai banconi di Eataly. A me ricorda un mondo straordinario che ho avuto la fortuna di conoscere e incrociare, da meridionale anch’io, tra gli intellettuali e militanti calabresi e lucani e l’intelligenza campana e pugliese. Per non parlare delle furibonde avventure e delusioni della mia terra sicula. Quando negli anni 70 rubai la macchina a mio padre e partii alla scoperta del Mezzogiorno, sull’onda degli stimoli di un altro grande sociologo di impronta olivettiana, Carlo Doglio, che mi aveva spinto verso Rocco Scotellaro, Carlo Levi e la nuova stagione del meridionalismo. Approdai a Viibo Valentia nella sede dei “Quaderni del Mezzogiorno e delle isole” diretti da Francesco Tassone e Nicola Zitara, dal’antropologo Mariano Meligrana e dall’aristocratico Luigi Lombardi Satriani. Fu per me la scoperta di un mondo vivissimo di pensatori, volontari, militanti e mi dischiuse le porte di un mondo contadino che non era mai morto, nonostante il funerale cantatogli da Ernesto De Martino. Scoprii Matera che sembrava deserta ma non lo era, conobbi Pietro Laureano e il suo pensiero sull’urbanistica meridionale e il grande fotografo Mario Cresci. Mi sembrò per la prima volta di capire cosa univa tutto quel mondo, e cosa soprattutto lo divideva dal resto d’Italia.

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