ISTITUTO DI CULTURA TASSO. CONFERENZA DI EMILIA SURMONTE

Emilia Surmonte è già stata relatrice al primo ciclo di conferenze dell’Istituto di Cultura Tasso, fine agosto 2020, in cui ci parlò di Fersen, noto per la famosa villa di Capri e la Torre di Positano. Venerdì 5 febbrai0, alle ore 16.00, dal Museo Civico Francescano nel Chiostro omonimo di Sorrento, in modalità streaming, trasmessa sul Canale youtube di Positanonews, ci parlerà di Philippe Vilain . Il Golfo di Napoli e gli scrittori francesi.

Mille couleurs de Naples  Philippe Vilain

Questo libro parla di Napoli, dei suoi colori, delle sue feste, dei suoi contrasti e dei suoi enigmi: questo è ciò che fa il suo fascino e la sua potenza.
Per l’autore Napoli è più di una città. Questo è il posto dove andare, come ha detto Flaubert. È il luogo dove si celebra la vita e dove la legge delle istituzioni non può fare nulla contro quella dell’amore.
Ma soprattutto questo libro parla dei napoletani e dell’incontro romantico, quello dell’autore. Potremo così incontrare un’altra Napoli, più autentica, più vera e più giusta di quella che abbiamo incontrato finora. In questo senso, al di là delle affascinanti descrizioni, questo libro è un vero tributo allo spirito napoletano.

Emilia Surmonte è ricercatrice a tempo determinato di Lingua e Letteratura Francese presso l’Università degli Studi della Basilicata. Dopo un dottorato in Letteratura francese (cotutela Università di Salerno-Università di Nantes) ha conseguito un ulteriore dottorato in Linguistica Francese presso l’Università Parthenope di Napoli. Le sue ricerche portano sulla letteratura contemporanea e sulla lingua della sensorialità. Ha pubblicato le monografie La langue des odeurs en diachro-synchronie (2014), Antigone, la Sphinx d’Henry Bauchau (2011), Declinazioni della passione in Marguerite Yourcenar (2006). E’ la traduttrice italiana delle Georgiques di Claude Simon e autrice di numerosi articoli letterari e linguistico culturali, dedicati in particolare alle opere di Henry Bauchau, Marguerite Yourcenar, Claude Simon, André Gide, Philippe Vilain, Éric-Emmanuel Schmitt. Si interessa, inoltre, della relazione tra letteratura e fumetto.

RIVISTA DI STUDI FRANCESI articolo di Emilia Surmonte

Raramente la celebrazione di una ricorrenza culturale che abbia come oggetto una singola opera autoriale suscita un interesse tanto vivo in studiosi del mondo intero, come quella per il centenario della pubblicazione de Les caves du Vatican di André Gide nel 2014, animando un dibattito mai sopito, come si è potuto constatare dalle numerose iniziative organizzate a livello internazionale. Roman italien per la sua ambientazione e per i faits divers che ne hanno ispirato la scrittura, come lo definisce lo specialista gidiano Pierre Masson nella prefazione allo studio critico di Carmen Saggiomo, quest’opera non poteva non attirare da subito l’attenzione degli intellettuali italiani che, da circa un secolo, continuano a indagarne le profondità tematiche, gli interrogativi morali, le ambiguità narrative e stilistiche. Nella ricostruzione dettagliata di questo ampio processo culturale di analisi, di scavo e di ricerca del senso di un’opera, corredata da un ricco apparato di note, da una cospicua e fine analisi critico-traduttologica e da una bibliografia esaustiva, Carmen Saggiomo ripropone, interpretandolo, il dialogo, ancora aperto e attuale, che Les caves hanno saputo creare, in Italia, tra studioso e opera, e tra studiosi intorno a una stessa opera, facendone emergere l’intensa rete di suggestioni reciproche e di rimandi, ma anche quella dimensione “intima”, che questo testo gidiano non manca mai di sollecitare nella critica, in cui la riflessione si coniuga con istanze soggettive di meditazione sull’uomo, la morale e il mondo come costruzione umana.

2Il taglio di diacronica chiarezza, scelto dalla Saggiomo come asse prospettico, le consente inoltre di rimarcare e far risaltare, in filigrana, l’altissimo spessore culturale della francesistica italiana del xx e xxi secolo che, pur mutando approcci e obiettivi di ricerca in accordo con la propria epoca storica, rimane un riferimento critico autorevolissimo a livello internazionale per gli studi letterari e qui, in particolare, per l’opera di Gide. Pubblicate nel 1914, Les caves du Vatican approdano in Italia ufficialmente solo nel 1919, suscitando da un lato le critiche accese del mondo cattolico e dall’altro l’interesse di Borgese, Prezzolini, Ungaretti e Montale che ne apprezzano il travaglio umano tra immanenza e trascendenza, emblematicamente rappresentato da un titolo che contemporaneamente allude a luoghi sotterranei (o «segrete», come le definirà felicemente Oreste Del Buono nella sua traduzione) e «mette in guardia», senza che la lettura dell’opera gidiana risolva poi l’enigma relazionale del titolo e la particolare focalizzazione stilistica, innovativa, come dimostrerà Rosanna Gorris, che iscrive, nel sottotitolo, l’opera nel genere “beffardo” della sotie. E “beffarda” appare la narrazione delle Caves, scucita e incongrua, come un bal masqué, trovando il suo catalizzatore in un “atto gratuito” compiuto dal protagonista Lafcadio. È proprio sull’essenza di questo “atto”, che pone il problema fondamentale della libertà dell’uomo nel mondo e la sua potenziale “onnipotenza” così come sulla riflessione sempre inquieta a proposito di un universo senza Dio e quindi senza ragione, già esplorato da Nietzsche et Dostoevskij – ma qui portato alle sue estreme conseguenze identitarie –, che si concentra l’attenzione della critica italiana, da Carlo Bo a Giovanni Macchia, da Diego Valeri ed Enea Balmas a Corrado Rosso, e di autori come Pirandello e Sciascia, per citare solo alcuni dei riferimenti studiati e analizzati dalla Saggiomo, intenti a cogliere le profondità di una narrazione che, come ne L’immoraliste e in La porte étroite, si pone al servizio di un assunto filosofico. Assunto che non intende proporre ne Les caves alcuna sintesi, affermandone, anzi, con forza l’enigmaticità insolubile, aprendo così la strada alle problematiche esistenziali che attraverseranno il Novecento e in particolare alla prospettiva dell’assurdo camusiano. La questione filosofica attrae la critica come un buco nero dando l’idea di assorbire in essa la problematica stilistica, identificata però come oggetto specifico di indagine negli anni Settanta da Anna Paola Mossetto. Saranno poi gli studi di Rosanna Gorris negli anni Novanta a trovare la chiave di volta di una simbiosi perfetta tra la cifra stilistica e la questione filosofica, dimostrando quanto questa sotie anticipi la complessità del roman noir nelle sue declinazioni più moderne, stimolando, così, nuovi approcci e prospettive esegetiche, che trovano in Gianfranco Rubino un’altra voce di grande interesse e autorevolezza. Roman noirLes caves sono anche, per Rubino, un roman d’aventure in cui Gide, Diogene e Socrate insieme, è sempre “egoicamente” presente, per sollecitare nel lettore, attraverso il gioco di specchi in cui si riflette – tra simulazione e dissimulazione – nelle figure di Lafcadio e del fluttuante Protos, la pluralità e l’interazione di tante identità diverse, ciascuna con le sue ragioni e le sue casualità.

Generico febbraio 2021

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