Coronavirus, anche in Costiera Amalfitana gli ultimi casi sono della variante inglese: ecco di cosa si tratta

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Coronavirus, anche in Costiera Amalfitana gli ultimi casi sono della variante inglese: ecco di cosa si tratta. Ci parlano accuratamente della variante inglese in un articolo di Io donna. 

La variante inglese, chiamata anche B.1.1.7, riguarda quasi un caso positivo su cinque in Italia. È quanto dichiara nell’ultimo comunicato stampa l’Istituto Superiore di Sanità secondo l’indagine condotta con il ministero della Salute e i laboratori regionali. Precisamente, in Italia il 17,8% delle infezioni Covid-19 è dovuto alla variante inglese.

Vuol dire che nel nostro Paese, così come nel resto d’Europa (in Francia la prevalenza è del 20-25%, in Germania è oltre il 20%), c’è un’elevata circolazione di questa variante che rischia di diventare prevalente. Proprio ora che sono partite le vaccinazioni e iniziavamo a tirare un leggero sospiro di sollievo. Quali sono le conseguenze? I dubbi e i timori si moltiplicano. I tamponi sono in grado di riconoscerla? E i vaccini possono debellarla? I sintomi sono diversi? E la contagiosità è maggiore? Lo abbiamo chiesto a Paolo Bonfanti, Professore Associato di Malattie Infettive Università degli Studi Milano Bicocca, Dipartimento di Medicina e Chirurgia e Direttore UOC Malattie Infettive alla ASST di Monza – Ospedale San Gerardo.

Variante inglese: la situazione in Europa e in Italia

«Il risultato dell’indagine afferma che nel nostro Paese, come nel resto d’Europa (in Francia la prevalenza è del 20-25%, in Germania sopra il 20%), c’è una circolazione sostenuta della variante, probabilmente destinata a diventare prevalente nei prossimi mesi.

In Italia la stima di prevalenza della ‘variante inglese’ del virus Sars-CoV-2 è pari a 17,8%». Sono questi i primi risultati della ‘flash survey’ condotta dall’Iss e dal ministero della Salute insieme ai laboratori regionali.

L’indagine dell’Istituto Superiore di Sanità

Ma ecco in quale modo è stata condotta la ricerca. «È stato chiesto ai laboratori delle Regioni e Province autonome di selezionare dei sottocampioni di casi positivi e di sequenziare il genoma del virus, secondo le modalità descritte nella circolare del ministero della Salute dello scorso 8 febbraio. I campioni analizzati sono stati in totale 852 per 82 laboratori, provenienti da 16 regioni e province autonome, ripartiti in base alla popolazione», chiarisce l’ISS.

«Il risultato medio è in linea con quello di altre survey condotte in Europa. Il range di prevalenze sembra suggerire una diversa maturità della sub-epidemia determinata probabilmente da differenze nella data di introduzione della variante stessa. È presumibile, pertanto, che tali differenze vadano ad appiattirsi nel corso del tempo».

Rafforzare le contromisure

«La necessità di monitorarne attentamente la prevalenza deriva dalla sua maggiore trasmissibilità rispetto al virus originale. Un attento monitoraggio ci consentirebbe, assieme al rafforzamento delle misure di mitigazione, di contenere e arginare gli effetti della nuova variante mentre si prosegue con le vaccinazioni, che restano comunque efficaci anche contro il virus mutato», prosegue l’ISS..

«Nei prossimi giorni l’indagine sarà ripetuta, per verificare la velocità di diffusione della nuova variante. Il virus muta continuamente e sono già state isolate centinaia di varianti, anche se la maggior parte di queste non cambia le caratteristiche del virus. La vigilanza deve restare alta però per individuare, come viene già fatto, quelle che potrebbero peggiorare la situazione in termini di trasmissibilità, sintomatologia o sensibilità nei confronti di vaccini e anticorpi, tenendo presente che questi ultimi possono essere comunque modificati per adeguarli alle versioni più pericolose».

7 cose da sapere sulla variante inglese

Che cos’è la variante inglese del SARS-CoV-2, perché si è sviluppata, quale efficacia hanno vaccini e tamponi nei suoi confronti, quanto è contagiosa, quanto colpisce bambini e ragazzi. Tutte le risposte di Paolo Bonfanti, Professore Associato di Malattie Infettive Università degli Studi Milano Bicocca, Dipartimento di Medicina e Chirurgia e Direttore UOC Malattie Infettive alla ASST di Monza – Ospedale San Gerardo

1. Perché il virus è mutato?

In realtà il fenomeno della mutazione nei virus è frequente. Anche nel caso di SARS-CoV-2 già diverse mutazioni sono apparse dall’inizio della pandemia. È un evento che fa parte della evoluzione delle specie virali. Alcune di queste mutazioni non conferiscono al virus vantaggi in termini evolutivi e quindi scompaiono, altre – aumentando ad esempio la trasmissibilità del virus – favoriscono la diffusione di mutanti che tendono a prevalere e a divenire predominanti rispetto ad altri ceppi virali. È un fenomeno quindi da ascrivere a meccanismi di selezione naturale delle forme che hanno maggior vantaggi in termini di diffusione e quindi sopravvivenza.

2. Quali sono i sintomi, sono cambiati rispetto a quelli iniziali che erano prevalentemente respiratori?

La variante inglese dalla prime indagini eseguite sembra già essere molto diffusa in Italia. Tuttavia, i dati a oggi a disposizione sembrano dimostrare una maggior trasmissibilità ma non una maggiore aggressività. Quindi i sintomi non sono distinguibili da quelli causati dagli altri ceppi virali attualmente diffusi in Italia.

3. La variante inglese ha una maggiore o minore gravità clinica?

Ha una trasmissibilità più elevata, ma non è ancora stata del tutto confermata una maggiore patogenicità. Tuttavia nel pomeriggio di oggi 15 febbraio, il NERVTAG, New and Emerging Respiratory Virus Threats Advisory Group (l’analogo britannico del Comitato Tecnico Scientifico italiano), ha presentato nuovi dati che sembrano affermare una maggiore letalità della variante inglese. Resta però che la pubblicazione scientifica presentata sia ancora in pre print, cioè debba ancora essere validata dai revisori.

4. Ha una maggiore contagiosità?

Alcuni studi hanno dimostrato un incremento della contagiosità compreso tra il 40 e il 70%.

5. I tamponi molecolari e quelli antigenici rapidi sono in grado di riconoscere la variante inglese? E le altre varianti?

Le mutazioni della variante inglese, e anche quelle delle varianti sudafricane e brasiliana, riguardano soprattutto il gene S che codifica per la proteina Spike, che è la chiave d’ingresso che il virus usa per entrare nelle cellule umane. Alcuni tamponi molecolari basati unicamente sulla ricerca del gene S possono risultare falsamente negativi. Ma la maggior parte dei test ricercano più geni e quindi sono in grado di riconoscere le varianti. Così come i test antigenici di ultima generazione.

6. Bambini e ragazzi ne sono più colpiti rispetto al primo ceppo?

Studi recenti condotti in Gran Bretagna mostrano che i bambini e i ragazzi non sono colpiti in modo più selettivo rispetto agli adulti. Trattandosi di una variante più contagiosa, lo è anche per le persone delle fasce età più giovani, ma non in una proporzione maggiore rispetto agli adulti.

7. I vari vaccini sono efficaci anche per la variante inglese? Ci sono differenze tra le varie case farmaceutiche di provenienza?

Tutti e tre i vaccini attualmente già ammessi all’uso per la vaccinazione sulla popolazione (Pfizer, Moderna, Astrazeneca) hanno dimostrato di conservare efficacia nei confronti verso la variante inglese. Vi sono iniziali evidenze, che andranno confermate, di una minor efficacia nei confronti delle varianti sudafricana e brasiliana.

Ricciardi: «Serve un lockdown intensivo di 15 giorni»

La strategia ora va cambiata, non è più la convivenza con il virus, è necessario cambiare rotta verso una strategia no-Covid basata su tre pilastri», ha dichiarato il consulente del ministero della Salute Walter Ricciardi nella trasmissione del 14 febbraio di Fabio Fazio Che tempo che fa.«Ora serve un lockdown mirato, anche se limitato nel tempo».

«Il primo è diminuire la diffusione del virus attraverso un lockdown, limitato nel tempo ma intensivo. Poi dobbiamo testare e tracciare, per non far sfuggire più il virus. La terza fase sarà la vaccinazione di massa, dato che ad aprile avremo i vaccini».

«Il ministro è in sintonia con me sul rigore delle misure. Il precedente presidente del Consiglio, assieme ad alcuni ministri, non era d’accordo nell’adottare queste misure».

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