Chi è Boris Pasternak , l’autore del dottor Zivago ?

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    Boris Pasternak, uno dei più grandi poeti e scrittori della letteratura russa ed europea del Novecento, avrebbe compiuto oggi 131 anni: era nato a Mosca il 10 febbraio 1890. Morirà di cancro, isolato e osteggiato dalla madre Russia nel 1960.

    Fu prima di tutto un poeta, soprattutto con le sue liriche ermetiche e “cifrate” composte negli anni ’20 e ’30, ma il suo capolavoro fu Il dottor Živago, romanzo che nel 1957 gli diede la fama modiale e che gli provocò, paradossalmente, il dolore più grande. In patria, infatti, nessuno volle pubblicarlo, e il Nobel per la letteratura che gli procurò l’anno dopo, non potè mai ritirarlo: una campagna di denigrazione nei suoi riguardi lo costrinse a rifiutare il grande riconoscimento.

    LA STORIA DELLA RUSSA NEL DOTTOR ZIVAGO. Ma che cosa rappresenta per l’Occidente, Il dottor Živago? Una testimonianza della realtà sovietica negli anni oscuri della rivoluzione. Scritto tra il 1945 e il 1955, e arrivato nel 1956 nelle mani del comunista italiano Sergio D’Angelo, il manoscritto fu portato oltrecortina clandestinamente e pubblicato per la prima volta in Italia l’anno dopo (1957), dall’editore Giangiacomo Feltrinelli.

    La denuncia, da parte del leader sovietico Nikita Krusciov al XX Congresso del Pcus (1956), degli eccessi di Stalin (morto nel 1953) aveva alimentato speranze in Occidente. Ma la repressione dei moti d’Ungheria nello stesso anno aveva confermato che l’Urss era refrattaria alla democrazia. E anche agli intellettuali, inclusi maestri troppo “liberi”come il regista Sergej Ejzenštejn, il musicista Dmitrij Šostakovič e lo scrittore Michail Bulgakov, che pure avevano aderito agli ideali della rivoluzione.

    UNA PROVOCAZIONE DELL’OCCIDENTE. Il 23 ottobre 1958 l’Occidente “provocò” l’Urss premiando con il Nobel per la letteratura proprio il poeta e romanziere Pasternak. Un artista del quale in patria manifestazioni organizzate ad hoc chiedevano l’espulsione. Il suo Dottor Živago uscì in Russia solo nel 1988 e il Nobel fu ritirato dal figlio di Pasternak nel 1989, 29 anni dopo la morte dello scrittore.

    HURIJ E LARA SECONDO HOLLYWOOD. Anche quando Hollywood fece uscire il film Il dottor Živago, non fu un caso. Uscì in un momento delicato per gli equilibri tra Urss e Occidente: il breve governo del leader sovietico Krusciov aveva fatto sperare in riforme democratiche e Jurij Gagarin, dopo il primo volo umano nello spazio (1961), era più celebre di una rockstar. Ma l’ascesa di Brežnev stava facendo ripiombare il mondo nel gelo della Guerra fredda. Il film era l’occasione per raccontare gli anni in cui l’Urss affondava le sue radici: la Prima guerra mondiale, la rivoluzione bolscevica del 1917 e la guerra civile.

    All’alba di quei rivolgimenti il protagonista Jurij Živago (Omar Sharif), cresciuto orfano in una famiglia di ricchi aristocratici, conosce la futura moglie Tonja (Geraldine Chaplin). Ma anche Lara (Julie Christie), l’altra, seduttiva e magnetica. La incontra giovanissima e irretita dal patrigno-amante Komarovskij, mentre in Russia esplodono le tensioni sociali.

    Un dettaglio curioso: le scene con i soldati dello zar che sparano sui manifestanti che chiedono riforme furono girate in Spagna, allora sotto la dittatura fascista di Francisco Franco. Secondo l’aneddotica, durante le riprese il corteo che intonava l’Internazionale insospettì la polizia, che accorse sul set credendo che si fossero scatenati davvero i rivoluzionari comunisti.

    LA GRANDE RITIRATA DEL 1915. Jurij rivedrà Lara – intanto divenuta moglie di un capo rivoluzionario – sui campi di battaglia: lui medico con la passione della poesia, lei infermiera. «Lo sfondo qui è la Prima guerra mondiale, alla quale la Russia partecipò ignara di ciò che l’attendeva: la “grande ritirata” del 1915. Una disfatta che condizionò tutta la politica successiva, favorendo l’ascesa dei bolscevichi» spiega Piretto.

    E infatti, quando Jurij torna a Mosca, Lenin è ormai al potere e la sua casa è stata espropriata dai commissari del popolo, che l’hanno assegnata a diverse famiglie povere. «Furono anni terribili: ai drammi bellici si sommarono quelli della guerra civile tra “rossi” e “bianchi”, cioè tra comunisti e nazionalisti monarchici. Il risultato fu tragico: fame, carestie e miserie e un comunismo di guerra che non aiutò il Paese a rialzarsi».

    TERRA DESOLATA. Nel film tutta questa desolazione è rappresentata nel viaggio di Jurij da Mosca a Yuriatin, sugli Urali che lui e famiglia compiono per rifugiarsi nella loro tenuta. La ragione? Sfuggire ai rappresentanti del partito comunista che lo sospettano di essere un intellettuale infedele al nuovo regime. È l’apice del melodramma: mentre lo zar Nicola II e la sua famiglia vengono assassinati a Ekaterinburg, a Yuriatin (località fittizia, identificata però con Perm), Živago ritrova inaspettatamente Lara, con figlia ma senza marito.

    LA GUERRA CIVILE. Chi scegliere? Lei o Tonja, già madre e di nuovo incinta? La guerra civile però si mette in mezzo: Jurij è costretto suo malgrado ad arruolarsi tra i combattenti comunisti, come medico. Non ha neppure il tempo di avvisare le due donne e si rifarà vivo solo due anni dopo, quando la moglie sarà ormai emigrata a Parigi (destino comune a molti borghesi e “bianchi” russi, esuli soprattutto in Francia e a Berlino). A Yuriatin ritroverà invece Lara, con la quale vive gli ultimi giorni d’amore scrivendo poesie nella casa sommersa dalla neve.

    UNO SCRITTORE NON ALLINEATO. La Storia continua però a inseguire gli amanti. Jurij e Lara (incinta) sono ricercati – lui perché diventato uno scrittore non allineato (proprio come Pasternak), lei perché il marito è caduto in disgrazia presso il partito – e devono separarsi. L’epilogo è tra i più celebri della storia del cinema: Jurij la rivede da un tram molti anni dopo in una Mosca normalizzata dallo stalinismo, tenta di raggiungerla ma viene stroncato da un infarto, senza che lei si accorga di lui.

    Una versione di questo articolo, firmata da Giuliana Rotondi, è apparsa su Focus Storia 69.

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