Castellammare e le regole “bon ton” del Comune. Barba curata, poco trucco, sì al decoro…

Castellammare di Stabia e le regole di “bon ton”. Vietato arrivare in ufficio spettinati o troppo truccati, si rischia di violare il codice di comportamento del Comune con tanto di contestazione formale e il rischio di perdere il posto. Al dipendente comunale di Castellammare di Stabia tocca, la mattina, fare molta attenzione a come si acconcia. Per ora è solo una proposta.

C’è uno schema pubblicato sul sito web del Comune, accompagnato da un avviso: entro il prossimo 23 febbraio, chi ha osservazioni (sindacati, associazioni, cittadini) può farle arrivare all’ente comunale. Passato il termine della consultazione, il Codice viene votato e diventa operativo, con delibera della giunta presieduta da Gaetano Cimmino. L’atto risponde a un obbligo di legge: ogni Comune è tenuto a varare il proprio regolamento per il comportamento dei dipendenti comunali. Lo prevedono varie fonti normative: il decreto 165 del 2001, innanzitutto, e il decreto del Presidente della Repubblica 62 del 2013. E a chiederlo è anche l’Autorità anticorruzione, che nel 2020 ha emanato le «Linee guida in materia di codici di comportamento delle pubbliche amministrazioni». Proprio questo documento «costringe» gli enti che hanno già un Codice ad aggiornarlo. Tra questi c’è anche il Comune di Castellammare, che un regolamento per il comportamento dei dipendenti comunali lo aveva già approvato nel 2014. Ora la necessità di un aggiornamento. Ma non certo per introdurre norme sulla misura di barbe e baffi, su tagli di capelli e sui trucchi delle lavoratrici.

Il codice di comportamento nasce per regolamentare questioni molto serie: potenziali conflitti di interessi, norme sui regali che possono arrivare dall’esterno, l’uso degli strumenti aziendali, principi come la trasparenza, l’efficienza, l’uso dei social network, il rapporto con l’utenza. Insomma, temi cruciali della funzione del dipendente comunale. Ma, nella proposta presentata alla consultazione pubblica, l’amministrazione ha pensato bene di introdurre anche, all’articolo 12, comma due, la cura dell’aspetto. «Il dipendente si legge nel testo tiene un comportamento decoroso e consono () avendo cura che l’aspetto, l’acconciatura dei capelli, della barba e dei baffi nonché i cosmetici da trucco, eventualmente usati dal personale femminile, siano compatibili con il decoro e la dignità della mansione, evitando ogni forma di eccessiva appariscenza».

Forse per le vie della cittadina stabiese è rimasto qualche frammento di un altro regolamento che, dieci anni fa, fece parlare di Castellammare. All’epoca il sindaco era il magistrato Luigi Bobbio, che firmò un atto per «ripristinare il decoro urbano» che prevedeva, tra le altre cose, contravvenzioni per «chi indossa abiti succinti». I giornali lo battezzarono «divieto di minigonna». E qualche mese prima, la stessa amministrazione, pensò bene di vietare l’ingresso negli uffici comunali a chi «non era decorosamente vestito». Questa volta si è scelta una strada ancora più pignola: non come ti vesti ma addirittura come porti i capelli.

Fonte: Il Mattino

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