Campania arancione, la disperazione dei ristoratori “Ci fanno impazzire”. Disdette anche agli alberghi da Positano a Sorrento e Napoli

Campania arancione da domani e i ristoratori sono disperati: “Ci fanno impazzire”. Disdette anche agli alberghi, da Positano a Sorrento fino a Napoli. Positanonews ha sentito le varie attività. C’è chi ha appena aperto, tipo “C’era Una Volta” nella perla della Costiera amalfitana: “E’ davvero impossibile lavorare e programmare in queste condizioni, c’eravamo appena organizzati, ora dobbiamo resistere con la pizza da asporto che funziona solo il sabato sera, quando di richieste ne arrivano tante in contemporanea e poi basta…”.

Stesso discorso a Piano di Sorrento da “Artigiani Scotto” che con sacrificio è rimasto aperto tutti i giorni “Noi non ci lamentiamo mai, lavoriamo e rispettiamo le scelte , ma è davvero difficile anche psicologicamente gestire la situazione e poter mantenere del personale così…”. Ma anche negli alberghi ci sono varie disdette fra Costa d’Amalfi e Sorrento.  “Chi ha prenotato sapendo che domenica è zona arancione e non potrà muoversi e andare al ristorante ha scelto di disdire ovviamente si fanno scelte non tenendo minimamente conto delle problematiche che si vivono …”

Anno e Governo nuovi, problemi vecchi. Torna il valzer di colori, con la Campania che da domani farà il suo ingresso in zona arancione per arginare il Covid, e torna a montare la rabbia di bar e ristoranti in città, che dovranno nuovamente abbassare la saracinesca dopo la riapertura del 7 gennaio (dopo la chiusura iniziata a novembre 2020) e potranno continuare a lavorare d’asporto e in delivery. Niente pranzo domenicale, dunque, con relativo «ennesimo spreco di cibo», sospirano gli imprenditori, rammaricati per «essere stati avvisati delle chiusure in ritardo». Non si escludono nuove forme di protesta, e nelle chat e da Fipe arriva la notizia che «tanti saranno intenzionati a sfidare le regole per il pranzo di domani e non chiudere, così da smaltire le scorte».

IL CASO

Mesi da incubo per i pubblici esercenti, vissuti tra restrizioni, crisi economico-pandemica e rivolte. A Napoli ce ne sono state diverse, scrive Il Mattino . I blocchi del traffico sul lungomare (successivi all’ordinanza regionale che vietava la riapertura a ridosso di Natale), la marcia in autostrada, sit-in di piazza e presidi in Regione. A spazientire gli imprenditori oggi sono le tempistiche (tardive) delle comunicazioni. «Inconcepibile sbotta Paolo Surace della pizzeria Mattozzi Gli assembramenti avvengono indipendentemente dalla nostra apertura. I ragazzi si incontrano in strada, nei negozi, nei mercati. Perché siamo sempre i capri espiatori? Non ci fermeremo qui, non sono escluse forme di protesta». «Di nuovo ci avvertono in ritardo racconta Marco Varriale di Borgo Antico e con le spese già fatte per tutto il weekend. Altri soldi buttati, in una situazione drammatica per noi e per i fornitori che, giustamente, in questo periodo esigono pagamenti alla consegna. Accettiamo il fatto che il virus sia forte, ma allora vanno prese misure serie: non solo la nostra chiusura». «Nessuno nega il Covid dice Antonio Siciliano del Bar Napoli Ma ci sono inefficienze politiche da un anno: metro e bus strapieni, la gente che in via Caracciolo senza dpi scatena il putiferio. La responsabilità individuale non ha brillato, ma è anche vero che i presidi fissi non bastano. Servivano più controlli e sanzioni non solo ai danni dei commercianti che non rispettano le regole ma anche dei cittadini. Per come Napoli si è comportata, cioè in maniera indisciplinata, era ovvio che saremmo tornati arancioni. Le chat sono in subbuglio e alcuni vogliono tornare a Roma. Preferisco ragionare al tavolo».

LE ASSOCIAZIONI

Le associazioni si schierano contro le nuove chiusure. «Siamo alle solite sospira Massimo Di Porzio di Fipe Campania nonostante le promesse del nuovo Governo. Se il Governo ci avesse avvisato prima o chiuso da lunedì avrebbe evitato di prenderci per l’ennesima volta in giro. Chiudere solo noi non ha logica. La gente si incontra in strada e nelle case, e a oggi consuma per lo più da asporto, che ci viene concesso in zona arancione. Per contrastare il virus c’è una sola via: la limitazione delle libertà personali. Tutte le altre misure, lo abbiamo visto, non hanno prodotto risultati significativi. Si proceda, come dice Draghi, al piano vaccinale e poi al lockdown, ma seguire ancora l’indice Rt è logorante. Inoltre ci sono locali che hanno spazio per lavorare, bisognerebbe differenziarli da quelli che non ne hanno. A marzo dovremo pagare la Tari del 2020 scontata dal Comune appena del 10%: migliaia di euro per ogni attività. Tanti non pagheranno. Ci chiudono e ci chiedono tasse. Sento voci di molti colleghi intenzionati a non chiudere e sfidare le regole almeno domenica. Non li biasimo, viste le scorte da smaltire». «È un killeraggio contro i ristoranti – denuncia Antonino Della Notte di Aicast – Proponiamo di posticipare a lunedì la nuova serrata, consentendoci almeno di smaltire le derrate già acquistate per il weekend. Non sono i ristoranti a favorire il contagio. D’altra parte è molto più facile controllare clienti al tavolo che inseguire le persone sui marciapiedi. L’incapacità di chi deve gestire questa emergenza sanitaria, a livello nazionale, spazza via economicamente un intero settore». «Non si risolve così il problema del virus aggiunge il presidente di Confesercenti Campania Vincenzo Schiavo Si confermi la zona gialla o si passi a quella rossa, con la chiusura delle attività e con il sostegno dei ristori. Il danno per la sola giornata di domenica è in media di 10mila euro per ogni locale da 100 coperti: per i ristoratori di tutta la Campania, in questo senso, ci sarebbe una perdita di circa 25 milioni». «È la mazzata finale per tanti di noi che falliranno – concludono da Fiepet – chi pagherà tutto questo?». Ultimo esempio ne è il Goodfellas, storico pub vomerese di musica live che ha chiuso i battenti.

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