Arte Contemporanea. Intervista a Guglielmo Longobardo fotogallery

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Intervista di Maurizio Vitiello – Risponde il bravissimo artista informale Guglielmo Longobardo.

MV – Quali sono state le motivazioni che hanno determinato il tuo interesse per la “pittura” e qual è stato il tuo percorso formativo?

GL – L’interesse e la curiosità per il linguaggio della pittura mi nasce da ragazzino, individuando in seguito il percorso di studi che, poi, ho intrapreso: Liceo Artistico e Accademia di Belle Arti a Napoli che negli anni ‘60 e ’70 erano nello stesso edificio in Via Costantinopoli. Questo “luogo” è stato per me la seconda casa per tantissimi anni e mi ha consentito di “respirare” e “vivere” intensamente le passioni e le problematiche di questo mondo magico che è l’arte in generale e nel mio caso il disegno e la pittura in particolare.

Era tale la volontà e il desiderio di capire e “fare pittura” che questa irrefrenabile “voglia” divenne, ben presto, una mia ragione di vita. Considera che allora gli ordinamenti scolastici della formazione artistica in Italia consentivano ampi “spazi sia mentali che fisici” che agevolavano la necessaria concentrazione sulla “manualità” e sullo studio ad ampio raggio delle tantissime sfaccettature del linguaggio per immagini … oggi non è più così …

Anche l’attuale uso sfrenato dei nuovi strumenti informatici se, da una parte, rappresenta una positiva evoluzione del mondo dell’arte e della sua diffusione, dall’altra, a mio avviso, ha snaturato e stravolto in modo negativo alcune caratteristiche sostanziali appartenute alla mia generazione creando, spesso, molta confusione e anche molta approssimazione e superficialità nella lettura dell’opera d’arte.

Personalmente, provo un forte disagio e molta, molta difficoltà e fatica ad adeguarmi.

 

MV – Gli artisti e i maestri che hai conosciuto che ruolo hanno avuto nella tua crescita professionale?

GL – Nei primi anni’ 60 si affacciavano all’insegnamento gli artisti della cosiddetta scuola di Emilio Notte, che introdussero, rispetto alla didattica tradizionale, una visione fortemente innovativa e rappresentarono per questo uno stimolo forte per noi ragazzi diventando, ben presto, il reale punto di riferimento per la nostra formazione.

Non è possibile fare nomi perché erano veramente tanti e tutti decisamente importanti …

Pensa che, per molti anni, sono stato convinto che al di fuori di quello che, scherzosamente, spesso ho chiamato “condominio” non esistesse altro nel campo dell’arte a Napoli e non solo. Ci insegnarono a capire le dinamiche e le problematiche dell’arte contemporanea e tutto ciò che di conseguenza comportava fare seriamente “ricerca” e cioè la consapevolezza “del sapere e del saper fare” attraverso la sperimentazione e l’approfondimento “a tutto campo”.

Erano gli anni della famosa biennale del’ 64 con la “devastante” proposta americana della POP ART.

 

MV – I tuoi temi e il tuo stile sono stati sempre coerenti con la tua idea di pittura? … dalle tue innumerevoli personali si evince un filo conduttore sia formale che di contenuti?… quali esiti produce una personale o la partecipazione a rassegne e collettive?

GL – La mia personale ricerca, allora come oggi, parte da una costante e rigorosa riflessione sul rapporto “materia – segno – colore”, individuando nella fenomenologia del “paesaggio” il punto di partenza del mio “fare pittura”.

Anche il mio vissuto in un luogo misterioso e suggestivo quale è la zona flegrea, mi ha consentito, come, spesso, ha sostenuto il poeta Michele Sovente, mio conterraneo, di avere sempre questo rapporto esistenziale ed espressivo con la mia terra.

Comunque, il discorso sarebbe troppo lungo e problematico per definirlo in una sola intervista.

Negli ultimi anni mi sono “avventurato” in una ricerca più “intimista” recuperando e proponendo i miei vecchi tubetti di colore, le mie protesi corporali, che ho esposto nell’antologica del 2017 nella galleria dell’Accademia e nella mia ultima personale, “Tempo sospeso”, del 2019, alla “AM – Art Gallery”.

Esito di una qualsivoglia mostra non è dato di sapere.

E’, infatti, molto difficile e imprevedibile stabilire quali possano essere i benefici e/o la visibilità che ne scaturisce.

A volte, passano anni prima che si concretizzi qualche risultato.

 

MV – Pensi di avere, dopo tanti anni di ininterrotta attività, un giusto riconoscimento sia artistico che di “mercato”?

GL – Il mio carattere schivo e riservato (anche la mia timidezza) mi ha impedito di essere un “presenzialista” con il risultato di non avere un risultato di diffusa visibilità rispetto al mio impegno e al mio valore …, ma tutto ciò ha un’importanza irrilevante, in quanto quello che per me conta di più è l’onestà intellettuale e di pittore.

Conta il lavoro, la coerenza e la serietà della mia continua ricerca.

Sono, altresì, consapevole che nella “solitudine” del mio studio, pur non scrivendo pagine di storia dell’arte, comunque, non sto a perdere tempo …

Cerco sempre di fare al meglio il lavoro che ho scelto di fare nella mia vita … e che ho, felicemente, fatto con impegno e disciplina … per me va bene così ….

 

MV – Quale è il tuo giudizio sulla situazione artistica e di mercato in particolare di Napoli e del meridione?

GL – Per quanto riguarda il mercato dell’arte e dei centri culturali politici e di “potere” che lo determinano sarebbe necessaria un’analisi sociologica molto complessa e articolata che non sta a me affrontare …

Anche per la situazione napoletana credo di non avere tutti gli elementi per definirla correttamente.

Di fatto, però, non si può non considerare che dopo Lucio Amelio, protagonista negli anni ’80, a Napoli e, forse, in Italia non ci sono state personalità di tale spessore nazionale e internazionale, che hanno avuto la forza e la capacità di “imporre” artisti, giovani e non, in tutte le latitudini.

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