Vico Equense, molotov e raid per la faida anti appalti: continuano le indagini

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Vico Equense, molotov e raid per la faida anti appalti: continuano le indagini. A fornire tutti i dettagli in un articolo dell’edizione odierna di Metropolis è Salvatore Dare. Ci potrebbe essere ancora una volta la faida per gli appalti privati a Vico Equense e dintorni dietro alle intimidazioni e agli avvertimenti subiti da imprenditori e operatori del posto lo scorso ottobre. E’ questa l’ipotesi battuta dai carabinieri della compagnia di Sorrento che, coordinati dalla Procura di Torre Annunziata, continuano a indagare su M.F., imprenditore di 38 anni di Vico Equense destinatario la scorsa settimana di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. I raid messi a segno da un ragazzino di 12 anni, stando alle ricostruzioni degli inquirenti, possono essere ricondotti proprio alla faida sui lavori edili in città. Non è una novità, d’altronde, perché M.F. – già nell’estate 2019 – venne indagato per alcuni attentati nei confronti della ditta Parlato costruzioni oggetto di minacce e bombe carta. Per quell’inchiesta, Ferraro – già arrestato – ha patteggiato tre anni. Ora un’altra ordinanza, la terza, visto che proprio l’imprenditore poche settimane fa è stato coinvolto nel blitz anti usura messo a segno dai carabinieri.

Il ragazzino di 12 anni, che frequentava casa di M.F. poiché amico della figlia dell’imprenditore, ha confermato ai carabinieri diretti dal capitano di Ivan Iannucci di aver agito su pressione dell’imprenditore. Il trentottenne, secondo le ipotesi della Procura di Torre Annunziata, è stato minacciato apertamente tanto da lanciare una molotov contro un’auto di un altro imprenditore e piazzare una testa di maiale in decomposizione davanti ad un cantiere edile. Gli accertamenti, condotti grazie all’acquisizione di diversi video, hanno portato i militari sulle tracce di un ragazzino di appena 12 anni e quindi non imputabile. Le parole del dodicenne, oltre alle chat scambiate con M.F., sono pesanti: «Io non volevo fare le cose che mi chiedeva perché sapevo che non erano buone, ma non volevo contraddirlo e mi sentivo obbligato ad ubbidirgli. Mi ripeteva che se i carabinieri mi trovavano non dovevo fare il suo nome altrimenti mi avrebbe fatto sparare e buttare in un pozzo», le parole che il ragazzino ha ripetuto in un interrogatorio reso ai carabinieri di Sorrento il 4 novembre scorso. Le dichiarazioni del ragazzino, che è stato sentito dagli investigatori grazie anche all’assistenza di una psicoterapeuta, rappresentano la fonte di prova principale nell’indagine costata nuovamente l’arresto a Ferraro il quale deve anche fronteggiare la pesante accusa di usura. La Procura ritiene l’imprenditore uno dei protagonisti dell’holding dei prestiti a strozzo in penisola sorrentina che ha ridotto sul lastrico alcuni commercianti. M.F. è finito nei guai così come sua moglie M.A., accusata di aver fatto da tramite per il recupero dei soldi mentre il marito era agli arresti. Indagati pure A.M., cinquantenne di Castellammare di Stabia, ritenuto un pilastro del presunto business usura; G.D.M., quarantunenne già imputato per l’affare droga in penisola sorrentina e la sua compagna A.S.; E M.F. (non arrestato), 37 anni di Vico Equense, fratello di M.F.

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