Scuole, è il caos: assembramenti e protestano studenti e docenti

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Tra le proteste di studenti, genitori e perfino professori sono tornate oggi a scuola, in presenza, pure le medie della Campania. Troppi assembramenti davanti ai cancelli e la Regione, attraverso l’Unità di Crisi, chiama in causa i sindaci che devono mandarci la Municipale. I docenti e in particolare quelli del liceo Alberti di Napoli invece accusano palazzo Santa Lucia di non aver fatto nulla per garantire il ritorno in classe in sicurezza, pure attrezzando i trasporti alla bisogna, e chiedono Conte d’essere tutti vaccinati. Lo chiedono pure gli studenti delle superiori che sono scesi in piazza a Napoli e in provincia. Inoltre, per rivendicare «un adeguato finanziamento della scuola pubblica tramite il Recovery Fund, affinché gli slogan sulla Next Generation non siano solo retorica politica», oggi il comitato Priorità Alla Scuola insieme ai Cobas ha organizzato manifestazioni e assemblee pubbliche in 24 città, davanti agli Uffici scolastici regionali e tra queste anche Napoli.

I problemi, tanti, sono arrivati puntuali al suono della campanella. «Organizzazione scarsa» e troppi alunni accompagnati dai genitori agli assembramenti agli ingressi degli istituti. Situazioni che hanno scatenato roventi polemiche da parte del gruppo, nato su Facebook, “Tuteliamo i nostri figli Campania” del coordinamento Sì Dad, che conta quasi 30mila iscritti.

In Campania e soprattutto a Napoli nei prossimi giorni le Asl verificheranno l’impatto epidemiologico del rientro a scuola. Nel frattempo dopo un focolaio in un istituto di Fuorigrotta, dove ci sono 18 professori e 4 alunni di una elementare positivi al Covid, ad Acerra due classi sono in quarantena fiduciaria dopo aver scoperto il contagio di due bambini di una elementare e una materna. Sono una trentina in tutto i bambini in quarantena. Sono invece tutti negativi i tamponi degli alunni e docenti della scuola di Fuorigrotta, “contatti” dei 22 contagiati. La scuola oggi sarà sottoposta a sanificazione e riaprirà martedì. A Napoli, ancora, elementari chiuse per due giorni al Suor Orsola per due fratellini positivi al Covid.

«In relazione alle notizie e alle immagini pervenute all’Unità di Crisi, e alle relative verifiche effettuate, che testimoniano diffuse situazioni di assembramento davanti agli istituti scolastici, si invitano i sindaci a predisporre mirati servizi di controllo da parte delle Polizie Municipali, in particolare nelle fasi di ingresso e di uscita di alunni e studenti dagli istituti scolastici» è la nota dell’Unità di Crisi della Regione Campania: «L’Unità di Crisi ricorda che occorre mantenere alta la guardia contro i contagi e che la situazione generale deve assolutamente invitare tutti al rispetto dei protocolli di sicurezza, e in generale ad osservare comportamenti prudenti e responsabili».

«Sulla scia dei ripetuti momenti di protesta susseguitosi da inizio anno scolastico, oggi 25 gennaio, tutti e cinque gli istituti scolastici di Pomigliano (Napoli) si sono mobilitati, creando sit-in mantenendo il distanziamento fisico» è la nota dei movimenti studenteschi della cittadina metropolitana. «Dobbiamo ottenere un ritorno in presenza che garantisca la tutela della salute di tutti i soggetti che attraversano gli edifici scolastici. La richiesta risulta spontanea visto il vuoto di politiche di welfare studentesco nei mesi che ci separano dall’inizio dello scoppio della pandemia». E continua il coordinatore dell’Uds Mario Novelli: «Di ciò che reputavamo inderogabile per la riapertura delle scuole poco o niente è stato fatto, ci chiediamo come sia possibile tornare con una situazione invariata dal punto di vista della rete di trasporti, dello stato dell’edilizia scolastica, e di tutto ciò che è intrinsecamente connesso al mondo scuola. Del resto la Didattica a Distanza sta mostrando tutte le sue carenze e porterà a danni notevoli nel tessuto sociale: 34 mila studenti sono attualmente a rischio dispersione scolastica, fenomeno la cui crescita è incrementata dal digital divide e dalle altre disparità socio-economiche. Tornare a studiare in presenza è una necessità inderogabile, ma deve passare per un adeguamento delle aule e del sistema di tracciamento epidemiologico dotando ogni scuola di presidi sanitari. Nel frattempo non accetteremo che la Didattica Digitale Integrata lasci indietro ancora altri studenti».

«Siamo un ampio gruppo di docenti, tutti dell’Alberti di Napoli, un liceo apprezzato e cercato da una platea di studenti sempre più vasta. E anche in ragione di questo prestigio, frutto di un lavoro appassionato, vogliamo che la città conosca il forte nostro disappunto in merito alla catena di decisioni che, partite dall’Esecutivo e in ultimo confermate da un magistrato del Tar regionale, ci obbligano, accanto ai colleghi degli altri ordini di scuola, a un abrupto rientro in classe in piena pandemia. Questa scelta è fuor di misura per più motivi, innanzitutto pertinenti gli spazi interni ed esterni alle scuole. Gli spazi interni. I presìdi concepiti per la tutela della salute di professori e allievi sono del tutto insufficienti. Dal metro tra due “rime buccali” – una misura inefficace, non scientifica perché frutto di un compromesso al ribasso tutto politico – alle mascherine che gli studenti non sopportano per più di mezz’ora di seguito. Chi crede il contrario, non ha mai frequentato una classe di liceo da docente. Sulle finestre da tenere aperte per il ricambio dell’aria, nulla diciamo per carità di patria. La soluzione – arcaica e comicamente deamicisiana – si giudica da sé e, più ancora, giudica chi l’ha formulata. L’aula resta dunque IN SÉ un potentissimo vettore di contagio. L’aerosol al Covid vi si accumula e colpisce i ragazzi, che forse si ammalano poco ma spargono il contagio tra amici e, a casa, tra genitori e parenti anziani. E, se permettete, quell’aerosol colpisce anche noi professori e quindi, indirettamente, le nostre stesse famiglie. Mentre scriviamo lo ha appena ribadito in TV e per la volta ennesima, il professor Walter Ricciardi: vox clamantis in deserto. Ancora: gli ingressi scaglionati, le uscite sfalsate e i doppi turni, se forse attutiscono l’impatto degli affollamenti esterni alla scuola, lasciano irrisolto il punto della salubrità delle aule. Nelle quali, seguendo anche alla lettera le modeste norme in vigore, si realizza nella pratica UN ASSEMBRAMENTO di quattro o cinque ore. Una situazione non tollerata, e a ragione, nei pubblici locali di svago, intrattenimento o d’altra natura. Altro si doveva fare, altre scelte andavano assunte. Ma nulla è venuto dalle istituzioni competenti. Pervicacemente e testardamente.

Era necessario: 1) dividere le classi, non accorparle, come ancora si è scelto di fare in piena pandemia, l’estate scorsa, per puri, rozzi obiettivi di cassa. Con classi meno numerose – in Italia le prime superiori si formano se di numero pari o maggiore a 27 allievi – i docenti avrebbero avuto a che fare con gruppi, bilanciati e gestibili, di quindici, sedici unità. Come avviene nei paesi civili con cui amiamo paragonarci. Pandemia o non pandemia; 2) Un’assunzione di massa di tutti gli abilitati. Un “tutti i vivi all’assalto”, insomma. Una scelta pragmatica e, nel caso, obbligata dalle circostanze. Si è invece preferito indire un lunare concorso la cui conclusione, al netto di inevitabili ricorsi, è sulle ginocchia di Zeus; 3) Su un piano molto concreto, materiale, era necessario, è necessario e quasi vitale il pronto acquisto di sanificatori/purificatori d’aria, la cui messa in opera è assai semplice. Sarebbero stati infinitamente più utili dei banchi monoposto, statici o “a rotelle” che siano.

Gli spazi esterni: assembramenti e trasporti. Nulla di concreto e decisivo è stato fatto in proposito. A proposito degli assembramenti in entrata e in uscita di scuola, si è parlato dell’intervento di personale della Protezione Civile. Ma al momento, per ciò che concerne gli ordini scolastici inferiori e le medie, si è trattato dell’ennesima promessa a vuoto. La drammatica situazione del pubblico trasporto, segnatamente a Napoli e nelle sua provincia, non ha conosciuto, allo stato, significative implementazioni né miglioramenti quantitativi o qualitativi apprezzabili. I mezzi restano scarsi, poco performanti, non controllati. Siamo insomma nella stessa situazione del marzo e del settembre 2020. Il “tavolo” con la Prefettura ha partorito scelte insufficienti e destinate, allo stato, a restare quasi del tutto sulla carta. Gli allievi e i professori arriveranno dunque a scuola, a meno di non usare mezzi privati, a bordo di rari carnai, in cui distanze e tutele son destinate a restare flatus vocis. Chiacchiere, cioè. Nelle aule, pronte a riempirsi di aerosol al Covid, accedono così ragazzi e professori già entrati in contatto col virus.

La socializzazione e la Dad. Voci molteplici e pensose si sono alzate, sui media, in difesa della scuola come spazio di una “socializzazione” che la DAD inibirebbe. Bastino due osservazioni: a) non si comprende dove e a quale livello si collochi la socializzazione in una didattica in presenza durante la quale non ci si potrà accostare l’uno all’altro, chiacchierare tra studenti, tra colleghi oppure organizzare uscite didattiche o semplici pause di alleggerimento: gli intervalli. Nelle scuole si respirerà e già si respira una tetra atmosfera ospedaliera, al netto della sicurezza igienica che almeno offre un nosocomio; b) in DAD la socializzazione si realizza egualmente. In modi e a livelli diversi ma, allo stato, certo più intensi che non in un ambiente in cui ogni movimento deve o dovrebbe essere controllato e misurato. Infine: la socializzazione, pure importantissima, non è lo scopo primario della scuola. È solo un mezzo attraverso cui si realizza l’unico vero fine della didattica: la formazione della persona, in termini civili e culturali. La scuola, insomma, non è almeno in misura eminente, un luogo di incontro. È innanzitutto lo spazio della conoscenza, trasmessa e liberamente discussa…La soluzione del 50 % in classe e del 50% in casa al PC – la cosiddetta didattica mista – NON FUNZIONA. Non può funzionare e lo capisce chiunque abbia fatto DAVVERO lezione… I ragazzi collegati in remoto rimangono figurine sullo schermo, mute o semimute… E dunque: SI VACCININO I RAGAZZI DAI 14 ANNI IN S. VACCINATE NOI DOCENTI e si dotino le aule di sanificatori dell’aria. A queste condizioni torneremo in classe di corsa. Perché è quello il nostro posto. In cui però vogliamo lavorare in SICUREZZA. Quella sicurezza che siamo sovente sollecitati a rispettare da “esperti” che vengono seriosamente a spiegarci che infilare le dita in una presa di corrente è pericoloso quanto spengere un cortocircuito con una secchiata d’acqua (firmano i docenti Antonia Lopez, Myriam Bani, Patrizia Iacomino, Valeria Di Ieso, Stefania Felicità, Simona Valentino, Paola Villanis, Luisa Scarano, Elisabetta Leo, Lucia Gangheri, Ciro Fiorentino, Maria Luisa Pirrò, Flora Rugiero, Anna Greco, Diana Dorato, Ernesta Carloni, Debora Cretella, Francesca Aurelio, Emilia Pepe, Marilisa De Rosa, Carlo Pelliccia, Laura Letizia, Daniela Mancaniello, Annamaria Parascandolo, Geraldina Galante, Maria Elisa D’Angelo, Flavia Benedetto, Nadia Pennino, Marilisa De Rosa, Paula Magrini, Manuela Torre, Lucio Galdo, Emilia Parente, Valeria D’Avenia, Anna Calabrese, Valeria Plutino, Flavia De Masi, Alessandra Ruggiero, Rosa Anna Di Pasquale, Anna Guida, Vittorio Sommella, Giuseppe Bordoni, Daniele Vaccaro, Giovanna Melchiorre, Maria Rosaria Ficalora, Alessandra Russo, Roberta Infranca. Sabrina Ilardi, Egle Esposito, Maurizio Oberholtzer Ornella Sabatino Mirtha Spera, Viviana Morgera e Biagio Buonomo).

Fonte Il Corriere del Mezzogiorno

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