La cultura non isola. Da Procida “Laboratorio di felicità sociale”

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La cultura non isola. Da Procida “Laboratorio di felicità sociale”  Giuseppe Montesanto su Il Mattino di Napoli fa un intervento che merita di essere ripreso dopo l’esultanza anche in diretta ieri su Positanonews TV dell’assessore alla cultura di Procida, prima intervista esclusiva al giornale della Costiera amalfitana e Penisola sorrentina, a “caldo”, dopo una vittoria storica, per la Campania e l’Italia, la prima volta che a vincere è stata un’isola, un simbolo per la ripartenza dopo il Covid non solo per l’ Italia , ma per il Mediterraneo e l’Occidente , il fatto che Procida sarà capitale italiana della cultura nel 2022 non è solo una bella notizia, perché dentro questa notizia c’è una piccola bomba benefica. Una delle espressioni cardine con le quali Procida si è presentata è «la cultura non isola». È la felice sintesi di un’idea per la quale l’isola di Arturo candida a modello di sviluppo ciò che è minore, piccolo, escluso. Ma l’apertura all’altro e l’allargamento dell’orizzonte geografico, e il fatto che Procida si sia proposta di colloquiare con tutte le altre piccole isole italiane e non solo (luoghi nei quali le difficoltà vanno di pari passo con le unicità, luoghi che quasi si direbbero non omologati), non dice tutto sull’importanza di Procida capitale della cultura. Dopo aver preso visione del progetto presentato per volontà del sindaco Dino Ambrosino e attraverso il lavoro del manager culturale Agostino Riitano e di molti altri, il ministro della cultura Franceschini ha detto che questo progetto potrebbe dar vita a una «discontinuità» da modi passati di intendere la cultura finanziata dallo Stato. Discontinuità da che cosa? Detto in sintesi, almeno negli auspici di chi scrive qui: discontinuità dall’idea della cultura al servizio del turismo totalitario, quel turismo senza cultura che in nome della cultura distrugge i luoghi e tramuta gli abitanti dei luoghi in burattini di uno spettacolo che non gli appartiene, e che alla fine trasforma bellezza e umanità in una discarica avvelenata e fa diventare la cultura una parola completamente priva di senso. Se il turismo è quello degli ecomostri, che siano fisici o mentali o economici, il risultato non può che essere una vita mostruosa e la fine della bellezza e dell’accoglienza per cui i luoghi erano attrattivi: generando, oltre al disastro ambientale e umano, anche il disastro economico. Ma il progetto portato avanti da Procida con Riitano sembra ben diverso dall’orrore della formula Cultura, Turismo&Spettacolo, dove la cultura è solo la facciata del consumo distruttivo.
Il progetto con cui Procida è diventata capitale culturale del 2022, e con il quale riceverà importanti finanziamenti, parla decisamente di «sostenibilità ambientale» e, addirittura, parla di dare un segnale di «ripartenza dell’Occidente»: e che vorrà mai dire questa espressione? La netta sensazione che si ha leggendo il progetto della piccola Procida è che la sua ambizione sia grande, e consista nel provare a gettare le basi di un cambiamento del modello di sviluppo suicida dell’Occidente, basato sull’idea di sfruttamento dei luoghi e delle persone senza una visione del futuro dei nipoti e di chi li seguirà, un’idea che mette gli uomini al suo servizio invece di essere al servizio degli uomini. Questa piccolissima isola, splendida sempre ma soprattutto quando in alto nelle notti d’estate senti soffiare il vento dal mare che scaccia via l’afa e rende inutili i condizionatori, sembra volersi fare portatrice di una visione nuova delle trasformazioni a cui, se non vogliamo vivere come zombie, ci chiama il futuro: «La cultura non può essere soltanto qualcosa che è appannaggio del turismo, ma serve essenzialmente al miglioramento delle nostre comunità…». Così dice Riitano, e nel progetto con il quale Procida si propone come «laboratorio culturale di felicità sociale» il punto di svolta è chiaro. Siamo molto contenti che Procida sia capitale della cultura nel 2022, e di più perché ci è arrivata anche parlando di «felicità sociale», ovvero felicità degli individui che formano una società, felicità delle relazioni tra le persone non pesata soltanto con il denaro, felicità trovata nel legame intelligente tra i nostri corpi e la natura, felicità potenzialmente per tutti e non per pochi. Poi ci sarà la realtà, che ha sempre l’ultima parola e che è l’ultimo giudice: ma oggi siamo ottimisti. Se tutto sarà fatto dalla piccola isola non isolata nella trasparenza assoluta, secondo i meriti e i bisogni e con la visione che ha prospettato, i soldi che arriveranno a Procida saranno al servizio di un rinnovamento che potrebbe essere un segnale per tutto l’Occidente, se mai l’Occidente fosse capace di ricordarsi che è la terra dove il sole tramonta dolcemente e dove il pensiero ha scoperto la Natura. Lavorate per la «felicità sociale» che è sempre felicità di singoli non isolati, procidani coraggiosi, e sarete di esempio per molti. La via l’avete indicata, basterà esserle fedeli.
Un luogo «strano, quindi speciale. E una scelta davvero coraggiosa». Per Alessandro Baricco Procida scelta come capitale della cultura 2022 è una bellissima notizia scrive Giovanni Chianelli : «Si merita pienamente il riconoscimento». Lo scrittore torinese, 62 anni, frequenta l’isola da tempo e da qualche anno è il direttore artistico della rassegna letteraria «Maretica».
Baricco, è soddisfatto per questo riconoscimento?
«Molto. Felice soprattutto per i procidani, conoscendoli immagino si sia consumata una giornata di grande gioia. Meritano questa felicità».
Lei conosce bene l’isola.
«La frequento da oltre 10 anni, mi ci sono avvicinato piano, poi ho affittato casa stabilmente e ogni anno sono là. Più che mia, sono io che ormai mi sento un po’ suo. Ci vado per le vacanze, è il luogo del mare. Ma anche fuori stagione, per scrivere. Un posto ideale per raccogliere le idee».
È sorpreso dalla vittoria?
«Direi di sì, una scelta anomala. Ma è ora che anche il resto d’Italia si accorga di Procida. Quando ne parlo al Nord molti non ne hanno mai sentito parlare, non sanno dove sia. È un ottimo segnale anche per i Comuni più piccoli: luoghi minori che diventano capitali, un’idea forte».
È infatti la prima volta che sarà capitale della cultura un Comune non capoluogo, la prima volta di un’isola, la prima volta della Campania?
«C’è da esserne fieri. E poi Procida è un posto che ha saputo farsi rispettare, tenendosi volontariamente fuori dalle rotte turistiche più battute. E pensare che si trova in uno dei luoghi più belli del mondo: il golfo di Napoli è fin dall’antichità riconosciuto come paradiso in terra. Però Procida ha resistito all’assalto, fieramente, mettendo su un proprio, particolarissimo quartiere: chissà se non sia stato questo aspetto a pagare».
Nella motivazione si è parlato di messaggio poetico che il progetto ha trasferito.
«Oltre i miti creati da Elsa Morante, oltre la Graziella, è un posto struggente: non mi è mai capitato di portarci qualcuno che non ne sia rimasto stregato. Ho cercato di capire perché ha effetto su di me e la risposta è che è un’isola orgogliosa della sua tipicità rude, quasi della sua stranezza. Ho l’impressione che sia una località vera, che non giochi a travestirsi per piacere al turista. Per questo la preferisco a luoghi più laccati. All’inizio, da nordico, definivo i suoi abitanti genericamente napoletani: loro ci tenevano invece a fare un distinguo. I procidani sono, nel bene e nel male, molto autentici: in un mondo in cui le località turistiche recitano una parte, i procidani non recitano. E forse questo può essere un limite, per l’anno da capitale».
Teme una perdita di identità?
«Sono grandi occasioni, però possono ritorcersi contro. Ciò che rende Procida speciale è un clima umano molto sobrio, chissà se si combina bene con un intero anno in vetrina. Ma mi auguro che gli abitanti sappiano cogliere l’occasione di essere, per una stagione, cittadini di una capitale culturale conservando il proprio stile».
Il legame col mare è stata una delle suggestioni del progetto: lei ne ha parlato molto, nei suoi romanzi.
«Procida è incredibile proprio la tradizione dei marittimi: dall’esterno sembra un luogo isolato, come un borgo di montagna, e invece vivendola scopri che c’è gente che ha familiarità con l’Australia e con l’Indonesia. Questo mi ha sempre colpito: si respira un’atmosfera internazionale, si capisce presto che è abitata da gente che ha visto il mondo».
Il ministro Franceschini ha detto che con Procida capitale ci ritroveremo fuori dagli anni del Covid in cui la cultura è stata paralizzata.
«Credo che sia un segnale meraviglioso. Perché Procida può offrire due lezioni: è maestra di resistenza all’oblio, alle intemperie; e di filosofia lieta, leggera, lenta. In generale, dare a un’isola la chance di rappresentare la nostra cultura una volta che saremo oltre la pandemia mi sembra molto giusto, è una scelta benaugurante per tutta l’Italia».
Lei da tempo sull’isola anima una rassegna, «Maretica».
«In quest’anno da capitale offriremo il nostro contributo. Ma voglio sottolineare che io dò solo una mano, perché sono convinto che bisogna restituire qualcosa ai luoghi che ci danno tanto. In realtà sono i cittadini di Procida a realizzare la rassegna. Che è già molto completa di suo, un gioiellino: nel 2022 avrà l’occasione di un ulteriore esame di maturità, magari per concedersi dei sogni che in altri anni sono più difficili da realizzare».

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