Faccia a faccia col covid, cronaca di una rinascita con Vincenzo Califano
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“Faccia a Faccia col covid” (Mezzogiorno e Dintorni Edizione, 2020) è il titolo del libro a firma del giornalista Vincenzo Califano che esce in questi giorni in e-book, e presto anche in versione cartacea, sull’esperienza drammatica che l’autore stesso ha vissuto nell’estate del 2020 quando scoprì di aver contratto l’infezione da nuovo coronavirus. Un libro che ho letto con attenzione e commozione perché “la sofferenza dell’altro costituisce un richiamo alla fragilità della mia vita, alla mia dipendenza da Dio” lo scriveva Papa Francesco in un messaggio quaresimale del 2015 sulla cognizione della sofferenza di chi ci sta accanto, e quaranta sono anche i giorni di sofferenza che Vincenzo ha trascorso l’estate scorsa nell’Hospital Covid di Boscotrecase, lottando con il “mostro” fino alla sua rinascita. Scrivo “rinascita” perché in ogni capitolo di questa cronaca dettagliata, chiara e drammatica di quello che gli è accaduto, s’intuisce che per ogni malato di covid c’è un prima e un dopo la malattia, che ti restituisce cambiato nell’anima e nel fisico alla tua quotidianità di prima che non sarà mai più la stessa. La battaglia contro il mostro Vincenzo Califano l’ha vinta grazie alla professionalità e al sacrificio di medici e infermieri del nosocomio di “Sant’Anna e Santissima Maria della Neve” di Boscotrecase, questo è doveroso sottolinearlo perché senza l’efficienza di quelli che Vicenzo chiama “i soldati in prima linea impegnati in questa guerra” fuori dal tunnel non se ne esce vivi. Sono molti gli operatori sanitari ai quali bisognerebbe dire grazie, non solo per la professionalità ma anche per l’umanità dimostrata, cito per tutti il dottor Antonio Casillo, come fa lo stesso Vincenzo nel suo memoir, perché ha pagato con la vita il suo coraggio di rimanere in prima linea, a testimonianza di quanto drammatica sia stata ed è la situazione negli ospedali italiani. Thomas Friedman, commentatore del The New York Times ha affermato che gli acronimi “a.C.” e “d.C.” che noi leggiamo come “ avanti Cristo” e “ dopo Cristo” alla fine di questa pandemia potranno anche esser letti come “avanti Covid” e “dopo Covid”. Ai più potrà sembrare una visione blasfema e a dir poco pessimistica ma personalmente la trovo invece realistica, quello che stiamo vivendo lascerà il segno su tutti noi, compresi i negazionisti. Quello che emerge prepotente dalle pagine di “Faccia a Faccia col Covid” è questo cambiamento epocale in atto, soprattutto nelle relazioni; il malato di Covid comincia la sua personale tragedia in una barella di biocontenimento e la prosegue in un letto d’ospedale, circondato da medici e infermieri, che sembrano palombari immersi in un abisso di dolore e morte; intabarrati nelle loro tute, combattono senza tregua. E cosa aggiungere sulle ormai irrinunciabili mascherine, sennonché sono diventate la metafora fisiognomica della fine delle relazioni sociali, almeno di com’eravamo abituati a viverle. Gli abbracci sono negati dal distanziamento sociale, le strette di mano bandite, ma soprattutto le mascherine hanno cancellato dalla nostra faccia il sorriso! Abbiamo smesso di sorriderci in presenza.
di Luigi De Rosa