Castellammare, inchiesta ex Cirio. Pentangelo e Cesaro ora rischiano l’arresto

Castellammare di Stabia, inchiesta ex Cirio. E’ ancora battaglia intercettazioni. Pentangelo e Cesaro ora rischiano l’arresto.

La Cassazione potrebbe riconsegnare nelle mani della Procura di Torre Annunziata la prova chiave per incastrare politici e imprenditori. Oltre 40 decreti di intercettazione sui quali si regge l’inchiesta scandalo costruita attorno al progetto di riconversione dell’ex area Cirio. La Suprema Corte, infatti, ha accolto il dettagliato ricorso sottoscritto dal procuratore aggiunto Pierpaolo Filippelli, rimettendo in discussione il dibattito sulla legittimità di quelle intercettazioni. Il caso, leggiamo oggi su Metropolis, finirà di nuovo all’attenzione del Riesame chiamato a sciogliere, una volta per tutte, l’intricata matassa giudiziaria dalla quale potrebbe dipendere anche il destino di due parlamentari: il senatore Luigi Cesaro e il deputato Antonio Pentangelo.

Per entrambi, infatti, era stata chiesta la misura cautelare degli arresti domiciliari. Una vicenda complessa cominciata a maggio dello scorso anno. Quando in seguito ad un’articolata indagine condotta da polizia e guardia di finanza viene emessa un’ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari per 6 persone accusate, a vario titolo, di corruzione, abuso d’ufficio e traffico di influenze illecite. Contestualmente il gip aveva presentato richiesta di autorizzazione a procedere per l’arresto di Pentangelo e Cesaro. Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti le indagini avrebbero fatto luce su un «ramificato sistema di corruzione di esponenti politici, regionali e nazionali, e di pubblici ufficiali», come ribadito da una nota della Procura.

LE INTERCETTAZIONI

Adesso la questione torna al vaglio dei giudici napoletani che, una volta conosciute le motivazioni della Cassazione, si pronunceranno per la seconda volta sugli arresti annullati in base all’ormai nota sentenza Cavallo che interviene sull’utilizzabilità delle intercettazioni. In pratica, se le intercettazioni vengono richieste per un reato diverso da quello per il quale poi si procede, non possono essere utilizzate come fonte di prova, con un effetto retroattivo anche su inchieste partite prima del pronunciamento delle Sezioni Unite. Una questione tecnica che, in questo caso, potrebbe non sussistere, almeno non su tutti i decreti che autorizzano le intercettazioni.
L’inchiesta, coordinata dal sostituto Andreana Ambrosino e condotta dalla squadra mobile di Napoli e dal commissariato di polizia di Castellammare di Stabia, era uno stralcio del fascicolo «Olimpo» aperto dalla Direzione distrettuale Antimafia partenopea nel 2013, che ipotizzava una serie di reati di camorra collegati al perno principale dell’inchiesta, ovvero l’imprenditore Adolfo Greco, ex uomo di fiducia di Cutolo e «re del latte» ritenuto vicino ai clan dell’area stabiese e ad alcuni elementi di spicco dei Casalesi.
LE ACCUSE

Due processi condotti dall’Antimafia sono in corso a Torre Annunziata e Santa Maria Capua Vetere, e vedono Greco come principale imputato. In questo caso, secondo l’accusa Cesaro fu corrotto dall’imprenditore stabiese Adolfo Greco con una mazzetta da 10mila euro, mentre Pentangelo con il regalo di un Rolex per il suo compleanno. Il filone d’inchiesta non aggravato dal metodo mafioso era approdato alla Procura oplontina ed è culminato lo scorso maggio con l’emissione dell’ordinanza, poi annullata dal Riesame perché i reati di corruzione non sarebbero connessi a quelli che hanno permesso l’autorizzazione ad intercettare.
IL PROGETTO

Di tutt’altro avviso la Procura di Torre Annunziata, che ha ottenuto dalla Cassazione «l’annullamento dell’annullamento», cioè ora l’ordinanza sarà nuovamente vagliata dai giudici del Riesame per Cesaro, Pentangelo, Greco e gli altri indagati, tra i quali l’ingegnere Antonio Elefante, progettista della riqualificazione dell’ex insediamento industriale diventato motivo di corruzione dei due parlamentari, ultimi due presidenti della Provincia di Napoli, ente che ha poi nominato Maurizio Biondi commissario ad acta per velocizzare la pratica urbanistica «bloccata» al Comune di Castellammare.
Il progetto firmato Elefante prevedeva l’abbattimento della Cirio e la trasformazione dell’ex area industriale in un quartiere residenziale in parte dedicato all’housing sociale, con centinaia di appartamenti e locali commerciali. Per farlo, è una delle accuse, Elefante avrebbe ottenuto dalla Regione l’inserimento di una speciale deroga al Piano Casa. Per traffico di influenze è indagato anche il capogruppo regionale Pd Mario Casillo, tirato in ballo in diverse conversazioni.

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