Vissani furibondo contro le chiusure a Natale e dice “Non faccio il vaccino” De Masi “Demenze”

Nuvo Dpcm e «ristoranti chiusi la sera anche a Natale? Se la sono fatta sotto. Rientrando dall’estate hanno avuto problemi seri e non hanno voluto rischiare nulla. Peccato però che noi non abbiamo i soldi degli altri paesi, Germania, Francia, Austria. Qui ci sono 5 miliardi che vanno in fumo. Duecentomila persone che non lavoreranno. Ma a loro non gliene frega assolutamente niente». Così Gianfranco Vissani stasera contro chi “Parla chi ha il suo stipendio sicuro, dipendenti del settore fanno la fame. La cassa integrazione arrivata dopo mesi..”
«La ristorazione italiana è stata punita – affonda Vissani, non nuovo ad attacchi frontali al governo – siamo il fanalino di coda. L’Italia non ha capito che prima di tutto bisogna tutelare i nostri compaesani, i nostri concittadini. L’Austria, la Svizzera aprono le piste da sci, e noi? L’Austria è la più piccola della comunità Europea, ed è quella che battaglia più di tutti. L’Olanda è un paradiso fiscale, il Portogallo è un paradiso fiscale… devono tutelarci, ma non lo fanno. Bisogna fare una class action importante, perché devono capire la nostra situazione, quello che stiamo attraversando». «Io ho preso dei macchinari disinfettati Nasa, li ho presi a febbraio – incalza il noto chef – cos’altro volete? Anche in cucina per i ragazzi, li abbiamo messi». Tutti «vanno in televisione a dire c…ate Ma le c…ate non servono. Quando arriveranno i soldi? La Germania dà i soldi ai dipendenti tutti i mesi. Noi piano piano diventeremo l’Africa della Comunità Europea». Vissani , poi, è stato praticamente circondato sia dagli altri ospiti che dallo studio e a un certo punto ha detto “Non faccio il vaccino”, senza spiegare il perchè, il sociologo Domenico De Masi di Napoli ma cittadino di Ravello in Costiera amalfitana , senza fare nomi e riferimenti diretti, ha poi detto “Si dicono molte scemenze, io spero di farmelo prima possibile il vaccino”.“Sbagliare è umano perseverare è diabolico”, dice Luca Vissani, manager di Casa Vissani, figlio e braccio destro di Gianfranco, che come il padre è molto critico sulle ultime norme anti-Covid. Nell’azienda di famiglia, che include l’hotel e il ristorante a Baschi nel cuore dell’Umbria, c’è parecchio malumore. C’era già con il “lockdown soft” che vedeva i ristoranti aperti solo a pranzo, ma il passaggio dell’Umbria dalla zona gialla all’arancione è stata la goccia che fa traboccare il vaso.

Che cosa vi convince di meno?
Luca Vissani: “Tutto cambia alla velocità della luce, come se al timone avessimo un capitano impazzito, che a distanza di una settimana sente l’esigenza di cambiare, cambiare e cambiare nuovamente, senza nemmeno dare il tempo per capire le evoluzioni delle regole messe in atto sino adesso, con le prime restrizioni applicate. Già da aprile ci hanno chiesto di cambiare molte cose per far fronte alle situazioni del virus e dei contagi e ci sembra giusto, abbiamo investito per mettere tutto in sicurezza. Ci siamo dotati di sistemi brevettati Nasa che sanificano tutto, aria e superfici perché lavorare in sicurezza per noi è la priorità. I clienti di Casa Vissani quo si sentono al sicuro perché fa parte della nostra filosofia di accoglienza e di imprenditoria. Chi viene da noi è in una bolla di tranquillità. Chi è da noi è come il cavaliere nero, per citare il nostro amico Proietti. Deve stare in pace, nessuno lo può disturbare. E la sicurezza vale per i clienti come per i dipendenti”.

Secondo lei questa divisione in zone per colori non va bene?
Gianfranco Vissani: “Questi qui hanno fatto un casino. Prima hanno chiuso tutto anche quando l’Umbria non aveva una situazione grave per il Covid (il primo lockdown, ndr.). Adesso differenziano regione per regioni, ma l’Umbria diventa arancione pochi giorni dopo esser stata dichiarata gialla. Sembra che non sappiano che pesci prendere. È un calvario infinito, uno stillicidio, ma soprattutto è una vergogna. Come imprenditore sento l’incertezza del futuro”.

Nel senso che paventa una chiusura?
G.V.: “No. Casa Vissani per ora resta aperta, anche perché è una realtà alberghiera, ma certo non abbiamo più basi per organizzare il futuro come ogni azienda deve poter fare. E però se a lungo andare non avremo più clienti nell’albergo, non so cosa potrà succedere. Senza contare che il problema vero poi è che gli aiuti finanziari sono pochi, sono insufficienti”.

La preoccupa il clima di tensione?
G.V. “Hanno arrestato il pizzaiolo che non voleva chiudere. Un ristoratore a Firenze si è ucciso. Ma che cavolo arrestano? Che cavolo ne sanno della disperazione di molti ristoratori che devono dar da mangiare alle famiglie? Molti non sanno più come fare ad andare avanti. Arrivano tutti i mesi le bollette da pagare, quando invece andavano bloccate perché non si può immaginare che un’attività, su un anno, possa lavorare soltanto due mesi d’estate. Siamo la vergogna dell’Unione europea”.

Su Facebook ha parlato di ansia da Dpcm, da due punti di vista. Che cosa intende?
L-V. “Che non è possibile che ogni settimana dobbiamo stare al balcone per aspettare nuove disposizioni. Ci viene appunto l’ansia. Riconosciamo che è una situazione difficile, e nessuno vorrebbe stare nei loro panni, al governo, ma così si esagera. E poi fanno venire l’ansia al pubblico, come se tutto il male fosse nei ristoranti. Magari c’è anche il ristoratore furbetto, che non è del tutto a norma, ma la maggior parte lo è. Si facciano controlli e si chiudano quelli fuori regola, non tutti. I ristoranti si sono dotati di sistemi di sicurezza, hanno ridotto coperti (noi ospitiamo 30 persone in 1000 metri quadrati, che da una parte all’altra della struttura cambia clima tanto è grande), adottato divisori, purificatori e non avevano bloccato la movida o migliorato la situazione trasporti”.

E come reputate gli aiuti previsti dal decreto Ristori?
L-V. “Dai titoli sui giornali sappiamo che si tratta di 726 milioni di euro. Ma le aziende di ristorazione, tra piccole, medie e grandi sono 157mila. Si tratta in media di 4mila euro per uno. Non mi sembra posso essere sufficiente. La prima volta nemmeno li ho chiesti, non mi sembrava nemmeno corretto” dice Luca e Gianfranco gli fa eco: “E poi i problemi non finiscono coi ristoranti. Ci sono i produttori e fornitori, in primi i piccoli produttori di vino che stanno in grave difficoltà, tutta la filiera che lavora intorno a noi”.

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