Sorrento: quando la movida era assediata dai clan. Per ogni locale imposti dei “buttafuori”

Sorrento. Il clan D’Alessandro ha imposto le assunzioni di buttafuori ad almeno due discoteche e un bar della Penisola Sorrentina, anche la scorsa estate. E nel frattempo, gestiva attraverso un prestanome il locale «Plan B», le cui quote societarie sono finite sotto sequestro. «Un gruppo criminale che inquinava la vita notturna sorrentina», come lo definiscono gli inquirenti, guidato da Nino Spagnuolo, 43 anni, alias «capastorta», ex reggente del clan ritenuto molto vicino a Vincenzo D’Alessandro, e il suo braccio destro di Sorrento, il pluripregiudicato Massimo Terminiello, 40enne residente a Meta, che si era affiliato alla cosca del rione Scanzano di Castellammare mentre era detenuto in carcere. Lo leggiamo oggi sul Mattino.

I poliziotti dei commissariati di Castellammare di Stabia e Sorrento, guidati dai dirigenti Pietro Paolo Auriemma e Nicola Donadio, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal gip del tribunale di Napoli su richiesta della Dda, nei confronti di Spagnuolo e Terminiello, accusati a vario titolo di estorsione aggravata dal metodo mafioso e trasferimento fraudolento di valori. Le indagini, coordinate dal pm Giuseppe Cimmarotta, sono state condotte dalla polizia negli ultimi due anni ed hanno permesso di ricostruire le dinamiche con le quali i D’Alessandro riuscivano a gestire il racket imponendo alcune assunzioni e come nel frattempo Spagnuolo avesse aperto un locale insieme ad un altro socio, intestando le quote societarie ad una «testa di legno» per evitare eventuali sequestri.

Tutto parte nel 2019, proprio con alcuni controlli mirati al locale «Plan B», il cui logo richiama la scritta «clan D», omaggio ai D’Alessandro. Anche se il vero proprietario risulta essere l’incensurato 33enne Giuseppe Rossi, la discoteca che si trova al confine tra Castellammare e Torre Annunziata sarebbe di fatto di proprietà di Spagnuolo e Alessandro Somma, anche lui 33enne, che a sua volta sarebbe vittima di estorsione da parte di Nino «capastorta» e Terminiello che gli impongono di versare 20mila euro in contanti per presunti canoni di locazione non versati.

Qui compare proprio il 40enne sorrentino «Max» Terminiello, appartenente a una famiglia perbene della penisola, ma da anni coinvolto in vicende giudiziarie tra furti, rapine e altri reati. Il suo, ricostruiscono gli investigatori, è il ruolo di referente diretto di Spagnuolo, che gli dà incarichi anche mentre è ai domiciliari. È Terminiello a comparire in prima persona in alcune fasi della gestione del «Plan B», ma soprattutto negli affari a Sorrento. Tre locali molto noti della movida vengono costretti ad assumere come personale addetto alla sicurezza giovani imposti da Spagnuolo, quindi dal clan D’Alessandro, tramite Terminiello.

Quei sei giovani di Castellammare non avrebbero neanche i requisiti per quel lavoro e sono stati assunti dai tre imprenditori sorrentini «per non aver problemi» con il clan D’Alessandro. L’ultima assunzione è avvenuta lo scorso 25 luglio. Una quota degli «stipendi» versati ai giovani buttafuori veniva consegnata a Terminiello, di conseguenza a Spagnuolo e poi nelle casse del clan D’Alessandro. Per ogni serata, è emerso che 20 euro andavano alla camorra. Con Spagnuolo già detenuto, in carcere è finito anche Terminiello. Insieme a Somma e Rossi, è indagato a piede libero anche Salvatore Lo Brutto, 38enne titolare di un’agenzia di security napoletana, coinvolto nell’ultimo episodio di luglio.

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