Ravello e la Costiera amalfitana piangono l’artista della pietra Antonio Amato

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Ravello e la Costiera amalfitana piangono l’artista della pietra Antonio Amato . Avrebbe compiuto a gennaio 88 anni , fa parte di quella schiera dei “masti”, i maestri, che hanno fatto la Costa d’ Amalfi, a Positano abbiamo perso da pochi mesi Giovanni Russo, a Ravello avevano Antonio Amato, uomo che viveva pienamente la città, anche assessore con l’ex sindaco Salvatore Sorrentino, impegnato nei riti sacri e nelle manifestazioni cittadine.. Vogliamo ricordarlo con un bel pezzo di Mario Amodio su Il mattino di Salerno con una intervista scritta due anni fa.

A Ravello la loro arte muraria è un marchio. Un marchio di famiglia. Perché sono tante le abitazioni e le ville che testimoniano la maestria di mastro Ciccio Amato e di suo figlio Antonio. L’unico, quest’ultimo, ad aver ereditato il talento del genitore. E non solo nella tecnica di realizzazione delle bocche di fuoco, ovvero monumentali camini a baldacchino costruiti in turece o in tufo grigio, così come nella realizzazione di bifore, portali e frontali. La loro impronta, quella appartenuta al nonno agli inizi del ‘900, contamina anche immobili tra i più sontuosi, come villa Cimbrone o la Rondinaia, aggrappata com’è alla roccia che dà a strapiombo su Castiglione. Mastro Antonio, ottantacinque anni compiuti da poco, è l’ultimo depositario di antichi segreti di costruzione. Quelli appresi dal padre, autodidatta innamorato del suo lavoro e alla cui arte Guido Fulchignoni dedicò un libro dal titolo «Il Fuoco e la Luce». Una genialità ed ecletticità pari a quella degli scalpellini-architetti che edificarono le cattedrali medievali. Lui, che tra gli ultimi lavori vanta il restauro di Palazzo Avino, non è solo un abile artigiano ma anche un impareggiabile artista, sulla scia paterna, dello scalpello e del martello. «Di notte, mentre tutti dormivano – racconta mastro Antonio – stavo vicino a lui e guardavo quei blocchi sistemati sul tavolo della cucina prendere forma. Ero incantato dal modo con cui usava scalpello e martello. Come si accorse della mia passione mi mise all’opera facendomi scolpire su pietra i contorni delle figure che prima di realizzare aveva riprodotto su carta». Alcune di queste opere realizzate nel tempo, anche per diletto, mastro Antonio le conserva nella sua abitazione di via Trinità a Ravello. «Il portale tufaceo dell’ingresso è l’ultima cosa che ho fatto – confessa – nel 2014 lo vide Sgarbi e si complimentò. Poi l’intervento subito al ginocchio alcuni anni fa mi ha limitato moltissimo. Avevo un’impresa di oltre venti operai e ho fatto lavori un po’ ovunque. Quelli recenti più importanti all’ex palazzo Sasso e a Castiglione in un’antica villa che si affaccia sul mare, proprio sul bivio». Altre sue opere anche da Cumpà Cosimo e a Scala: tutte della stessa spettacolare fattura, contraddistinte dal marchio di famiglia. Ovvero quella tecnica sopraffina di lavorazione della pietra. «Dei nove figli, tutti avviati con sacrifici agli studi, solo io ho imparato il mestiere di papà – racconta – Anche lui era figlio d’arte, l’aveva appreso a sua volta dal padre che aveva lavorato alla costruzione di Villa Cimbrone e della Rondinaia. Lui era giovanissimo quando entrò a far parte della squadra di trenta operai che si occuparono di quei lavori». Un custode della storia e della memoria artistica della città della musica, che ha cercato di valorizzare anche da assessore ai tempi del sindaco Salvatore Sorrentino. «La mia è un’arte destinata a scomparire – lamenta Amato – Il mio lavoro mi manca tanto – confessa mastro Antonio che per anni ha realizzato il palco di villa Rufolo ai tempi in cui l’Ept si occupava della programmazione dei concerti Wagneriani – Il rimpianto è che nessuno ha seguito le mie orme». Con orgoglio pesca i ricordi. E la sua mente va ai tempi in cui la sua arte era ricercata un po’ ovunque. «Ho lavorato anche fuori Ravello perché me la cavavo bene e poi la nostra era una tecnica particolare – confida questo fuoriclasse – Proprio come lo era il papà, definito da chi lo conosceva «ruvido ma essenziale». Ma soprattutto «elegante e lineare nelle sue forme artistiche».

Di lui si parla anche sui siti di arte ravellese

La passione per un mestiere antico in grado di plasmare dalla dura pietra forme morbide ed artistiche che richiamano le architetture degli edifici patrizi della Ravello medievale.

Nella sua bottega di Palazzo della Marra, nel pieno centro storico della Città della Musica, Antonio Amato prosegue una tradizione artigiana con estrema dedizione, realizzando sculture di gran pregio in pietra, marmo o tufo: portali finemente lavorati, colonne dai capitelli cesellati su cui poggiano artistici architravi, caminetti, mortai, davanzali, soglie, oggetti ornamentali nonché fedeli riproduzione delle opere scultoree classiche, greco-romane e medievali.

Ispirandosi alle bifore ed ai portali in pietra dei palazzi medievali di Ravello, Antonio Amato ha iniziato sin da piccolo a coltivare la sua passione per la scultura, seguendo il padre Mario sui cantieri edili; con gli anni la sua tecnica si è sempre più affinata, specializzandosi in recupero e restauro monumentale, in particolar modo di chiese ed edifici storici.

Diversi gli interventi svolti a Villa Rufolo (Torre d’ingresso), al Palazzo della Marra ed al Palazzo D’Afflitto (Hotel Caruso) a Ravello, al Monastero Santa Rosa di Conca de’ Marini fino al celebre Castello Arechi di Salerno.

L’incredibile fattura delle sue opere ha piacevolmente sorpreso anche il maestro ceramista di origini portoghesi Manuel Cargaleiro che, nell’aprile del 2016, durante il suo soggiorno in Costiera Amalfitana, si è dichiarato letteralmente conquistato dalle sculture di Antonio Amato.

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