Cava de’ Tirreni. Nonna Anna, inno alla vita: a cento anni batte il Covid

Cava de’ Tirreni. Nonna Anna, inno alla vita: a cento anni batte il Covid. Si può lottare come dei giganti contro ogni dolore. Anche a cent’anni, quando al tuo fianco ci sono degli angeli custodi che per 33 lunghissimi giorni hanno tribolato. Sperato. E infine sorriso. La storia di Anna Di Stasi è un inno alla vita. Lo scorso 8 gennaio ha tagliato il traguardo del secolo d’esistenza: nella sua abitazione del centro di Cava de’ Tirreni c’erano proprio tutti. I suoi 11 pronipoti, nove nipoti e tre figli. Persino il sindaco Vincenzo Servalli. Mancava solo una figlia, scomparsa nel 2007 dopo una malattia. Anna, moglie di un capo ferroviere e originaria della frazione di Sant’Anna, aveva già quasi novant’anni ma in quelle giornate difficili, fino all’ultimo e nonostante l’età avanzata, aveva provato a dar sollievo a quelle sofferenze. Da quel compleanno sono passati quasi dieci mesi. Il 4 dicembre, però, è stato di nuovo il suo “giorno”. Di venerdì sera, nella giornata simbolo della movida di Cava “spenta” a causa del mostro invisibile che sta piegando il mondo, ha alzato al cielo un bicchiere di plastica. Niente spumante, solo po’ di succo di frutta. Intorno al lei, davanti a un’ambulanza, qualche familiare e i volontari della Croce Rossa. Il brindisi più bello: Anna Di Stasi è negativa. A cent’anni ha sconfitto il coronavirus.

La nonna di tutta Cava de’ Tirreni si è battuta allo strenuo, superando l’ennesima prova della vita. La sua positività ha sconvolto l’intera famiglia. Tanto da “trasformare” due nipoti in volontari della Croce Rossa. I suoi “angeli custodi” insieme a Gabriella Pisapia e Valentino Catino, i responsabili cavese dell’associazione che hanno fatto di tutto, persino aggiustare una persiana rotta, per superare insieme questa sfida. Un mese raccontato nel minimo dettaglio da Stefania Lamberti. Nipote e volontaria pur d’aiutare la nonna. «Un conoscente che aveva fatto visita ci ha comunicato la sua positività e, poco dopo, nonna ha iniziato ad avere una leggera febbricola. Abbiamo così deciso di farle un tampone », lo start del mese di passione. Stefania si è recata presso un centro privato. Trovando il primo scoglio: impossibile effettuare il test sierologico a domicilio. Di qui, il primo contatto con la Croce Rossa: «Così ho trovato i nostri “angeli custodi” », ripete. «Il 2 hanno fatto il tampone e il 4 abbiamo ricevuto l’esito positivo».

Il timore che dietro quella febbricola si nascondesse qualcosa di più grande, dunque, era confermato. E la preoccupazione della famiglia era comprendere come assistere al meglio la centenaria. Tutti negativi, solo lei positiva. «Ci siamo sentiti abbandonati», racconta Stefania Lamberti. «I figli di nonna Anna sono grandi, correvano dei rischi grossi. Se non avessi avuto la lucidità di chiedere aiuto alla Croce Rossa, probabilmente, sarei andata a casa sua. Mi sarei contagiata e non so se potremmo raccontare questa storia». L’intervento della Croce Rossa è stato fondamentale tanto che Stefania chiama in continuazione i volontari i suoi “angeli custodi”: «Hanno permesso a me e mio cugino di assistere la nonna. Ci hanno fornito per 33 giorni le tute di protezione. Ci accompagnavano e riportavano in sede per svestirci ad ogni ora del giorno», racconta ricordando pure un particolare. Che non dimenticherà mai. «Il primo giorno che andammo a casa “imbracati”, nonna scoppiò a piangere. Non sapeva chi ci fosse dietro quelle protezioni». Perché la centenaria di

Cava non ha mai sopportato i “volti coperti”. «Odia le mascherine», svela con un sorriso la nipote. «Ci ha sempre “sgridati” quando avevamo le facce nascoste. Oggi (ieri per chi legge, nda ) per la prima volta mi ha visto senza la tuta e mi ha detto: “Ora te la puoi togliere questa mascherina” ».

I suoi “angeli”, però, le hanno dovuto indossare le protezioni nei 33 lunghi giorni della sua battaglia. «Dopo l’esito del tampone ha iniziato ad avere qualche altro sintomo. Così abbiamo avviato la terapia prevista per i pazienti domiciliati. Noi, nel frattempo, abbiamo fatto i turni per esserle sempre vicini». La cura ha funzionato tanto che si è deciso di interromperla. Ma il Covid non è sparito. Anzi. Ha fatto sentire tutta la sua forza. «I sintomi sono tornati più forti, la saturazione è arrivata anche a novanta. Sono stati i tre giorni in cui abbiamo avuto paura che potesse accadere l’irreparabile», spiega Stefania Lamberti. «I farmaci, per fortuna, hanno fatto effetto. Sapevamo come comportarci visto che, nei giorni precedenti, già le avevamo somministrato gli stessi medicinali. Credo che proprio questo “pronto intervento” ha permesso di salvarla. La rapidità nelle cure e l’affetto di una vera famiglia che l’ha sempre circondata ». Toccava, dunque, attendere l’esito del tampone per certificare la guarigione. Nonna Anna ne ha fatti ben quattro prima della grande festa di venerdì sera. E del sollievo di una città che si è stretta attorno alla sua centenaria. «Gli anziani sono il nostro “bastone”», conclude Stefania Lamberti. «In questo momento così difficile, però, sono ancora più indifesi. E, spesso, sono anche abbandonati. Abbiamo fatto sacrifici immani per aiutarla, sconvolto la quotidianità. La gioia della sua guarigione ci ha ripagato di ogni sforzo». Nel dramma del Covid, l’inno alla vita di nonna Anna è un segnale enorme. Si può davvero lottare come dei giganti contro ogni dolore. Anche a cent’anni.

Fonte La Città di Salerno

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