Calcio, Paolo Rossi e quel no agli azzurri di Ferlaino

“Pablito Rossi, grande giocatore ma soprattutto un grande uomo”. Ecco come è stato sempre descritto dai colleghi, dai suoi allenatori e dai tifosi che lo ricordano con affetto. Paolo Rossi, morto ieri a 64 anni nell’incredulità di coloro che non erano a conoscenza della sua malattia e che, a distanza di due settimane dalla morte di Maradona, fa scendere in campo i calciatori di nuovo con il lutto al braccio. Ma la sua carriera straordinaria ed esemplare è stata però macchiata da un no al Napoli. Nel 1979 di proprietà del Vicenza, Rossi doveva essere ceduto perché la sua squadra retrocedeva in B e di fronte ad un’offerta fattagli dal Napoli, il giocatore vicentino rifiutò e se ne andò al Perugia. Il 21 ottobre 1979 il Perugia fu di scena in un San Paolo strapieno, di sabato, con 90000 spettatori che vennero sugli spalti solo per Paolo Rossi. Ma non per applaudirlo come si fa con un campione. Vennero per fischiarlo. A trent’anni di distanza Rossi decise di raccontare la sua verità: “Col presidente del Napoli Ferlaino ci sentimmo per telefono, era il 1979, e spiegai a lui che non volevo servire alla sua squadra soltanto per fare la campagna abbonamenti e niente più. Come calciatore e per le mie legittime ambizioni volevo avere l’assicurazione che sarebbe stato in grado di costruire una squadra che mi avrebbe permesso di conseguire grandi risultati, non volevo correre il rischio di giocare per molti anni senza vincere assolutamente nulla. Solo 6 anni più tardi, con l’arrivo di Maradona, il Napoli iniziò ad essere competitivo per vincere il campionato”. Oggi, ad un giorno di distanza dalla sua scomparsa, la moglie Federica Cappelletti è tornata sull’argomento ed ha aggiunto: “Paolo adorava Napoli ed il popolo napoletano: gli è sempre dispiaciuto non vestire la maglia azzurra”.

 

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