Amalfi, gli auguri e le riflessioni di Sigismondo Nastri sul nuovo anno

BUON ANNO 2021!
PENSIERI DI UN OTTUAGENARIO
Ci siamo.
Domani, allo scoccare della mezzanotte, festeggeremo l’anno che viene. Incuranti del covid 19, del coprifuoco, dei quasi settantacinquemila morti (in Italia), ci saranno certamente i soliti incoscienti, irresponsabili, pronti ad accendere la santa Barbara dei fuochi d’artificio. Me lo aspetto, addirittura sotto casa mia, come è successo in passato. Sono anche pronto a scommettere che qualche amministrazione comunale si è già attivata per allestire uno spettacolo pirotecnico comme il faut. E tutto questo, senza rispetto per il prossimo: per gli ammalati, per le vittime della pandemia, per quanti non sono riusciti a riunire sotto lo stesso tetto il loro nucleo familiare. Senza rispetto neppure per l’ambiente, i monumenti, cose che – nella opinione di chi si comporta così – non ci appartengono. Senza pietà per i poveri animali domestici che, si sa, non sopportano i botti.
Se non avvenisse questo, domani notte, registreremmo un bel passo avanti sulla strada della civiltà del terzo millennio.
Un altro anno… Uffà! come passa il tempo. A quasi ottantasei anni, mi viene subito da pensare (tra me stesso) che «‘o tiempo passa e ‘a morte s’avvicina». Ma non mi procura affanno. “Estote parati”, ammonisce il Vangelo. Alla chiamata risponderò senza indugio: Presente! Intanto, fin quando ce la faccio, continuo a portare avanti il mio impegno: che è quello di scrivere, tenendo vivo il contatto con gli amici su Facebook.
Come sarà il 2021? Mi pongo la domanda a ogni vigilia di San Silvestro.
Nella situazione di sostanziale instabilità in cui ci troviamo, checché ne pensi il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, che dimostra di conoscere l’arte del compromesso come solo Andreotti la praticava prima di lui, non mi viene proprio di fare previsioni. Anche perché vedo già Matteo Renzi appostato per rifilargli un sonoro sgambetto, di quelli appresi frequentando certe partite di calcio in terra toscana.
Comunque vada, un dato è certo: i tartassati saranno sempre più tartassati (e non solo per l’aumento annunciato di luce e gas, da dopodomani), i furbetti diventeranno più scaltri, il cane continuerà “a muzzecà ‘o stracciato”, come c’insegna il proverbio.
Il mondo andrà avanti tale e quale, anche se qualcosa cambierà – spero in meglio – con l’arrivo del nuovo inquilino alla Casa Bianca. Che, per fortuna, ha un aspetto più rassicurante di Donald Trump. Ed è già un bel sollievo.
Non cambierà nulla in Europa, attestata nella conclamata incapacità di avere un ruolo autorevole, forte, credibile nello scacchiere internazionale. Se n’è uscita la Gran Bretagna, ci sono dentro Polonia e Ungheria che sarebbe meglio se ne stessero fuori. Vorrebbe entrarci la Turchia, e non sarebbe un bell’affare.
Non si fermerà la migrazione di migliaia di disperati, spinti dalla illusione di recuperare nel nostro continente la dignità umana che nei loro paesi, tormentati da lotte tribali, fame, malnutrizione, malattie, sfruttamento da parte delle grandi potenze del pianeta e di voraci multinazionali, gli è negata. Col rischio di finire, se non negli abissi del Mediterraneo, dalla padella nella brace. Abbandonati al loro destino ce li troveremo, nel migliore dei casi, a mendicare davanti a chiese e supermercati.
Penso al dialogo del venditore d’almanacchi col passeggere, di Giacomo Leopardi.
«Venditore: Almanacchi, almanacchi nuovi; lunari nuovi. Bisognano, signore, almanacchi?
Passeggere: Almanacchi per l’anno nuovo?
Venditore: Si signore.
Passeggere: Credete che sarà felice quest’anno nuovo?
Venditore: Oh illustrissimo si, certo.
Passeggere: Come quest’anno passato?
Venditore: Più più assai.
Passeggere: Come quello di là?
Venditore: Più più, illustrissimo.»
Uno lo spera sempre, malgrado tutto. Sperare, almeno quello, è gratis.
Dio ci scansi da venditori d’almanacchi, biscazzieri, astrologi, maghi, indovini, chiromanti e fattucchieri (politici compresi).
Se proprio vogliamo cautelarci, affidiamoci alla consolidata saggezza popolare. Armiamoci di amuleti (ne ho una discreta provvista), teniamo pronta la mano per una grattatina al posto giusto, evitiamo chi porta jella (tanto glielo si legge in viso). Ammesso che serva. Considerando, comunque, questi gesti alla stregua di un gioco, di un puro e semplice divertimento.
“Non è vero ma ci credo” è il titolo di una bella commedia di Peppino De Filippo, che ha come protagonista il commendator Gervasio Savastano, uomo perseguitato dalla superstizione. Nonostante gli scongiuri di rito, tutto sembra che vada contro di lui: i venerdì, i gatti neri e quello jettatore patentato del ragionier Malvurio, suo dipendente. Il povero Savastano, non sapendo più cosa fare, licenzia Malvurio e lo sostituisce con Sammaria, che, avendo la gobba, promette ogni bene e fortuna. Infatti basta guardarla e gli affari ripartono a gonfie vele. Fino a quando il diavolo, come si usa dire, non ci mette lo zampino. Lo ‘scartellato’ confessa al commendatore che s’è innamorato della figlia Rosina, provocandogli un incubo terribile: che i suoi nipotini possano nascere con la gobba.
A scanso di equivoci, dichiaro che non sono superstizioso. Ma non mi sento di dare torto a Goethe, per il quale «la superstizione è la poesia della vita».
Un’antica filastrocca napoletana, della quale mi sono appropriato, recita così: «Aglie, fravaglie, fattura ca nun quaglia! / Corna e bicorna, cap’ alice e capa d’aglio. / Uocchie, maluocchie e furtecielle all’uocchie: / schiatta la ‘mmìria e crepano ‘e maluocchie. / Sciò, sciò, ciuccevé! / Ascite uocchie sicche, ca j’ ve ne caccio c’ ‘o ‘ncienzo!».
E’ ovvio che in casa un po’ di fumo d’incenso lo spargerò, allo scoccare del 2021 e, se qualcuno me ne chiederà il motivo, risponderò che è solo per… profumare gli ambienti.

Buon anno!
©️ Sigismondo Nastri

Commenti

Translate »