Un mondo frantumato. Le disastrose conseguenze del nostro modo di vedere il mondo diviso in infiniti frammenti separati e autonomi.

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    C’è un convincimento profondamente radicato nella coscienza di ciascuno di noi. Parlo della convinzione che il mondo in cui viviamo sia un contenitore dove infinite cose distinte e separate coesistono autonomamente. E’ l’esperienza, il buon senso comune che ci insegna questo.

    Come posso mettere in dubbio che io, seduto alla scrivania, sia ‘altro’ rispetto ai monti e ai boschi che vedo oltre la mia finestra? Io sono un individuo della razza umana, distinto e separato dagli altri individui e a maggior ragione distinto e separato dalla natura. Tutto ovvio … che c’è da riflettere?

    In effetti, già all’inizio della sua evoluzione, l’uomo si è reso conto di essere ‘altro’ rispetto alla natura. Vedendo se stesso diverso e separato dalla natura, l’uomo primitivo è stato favorito nella sua lotta per la sopravvivenza. E’ ovvio che il credersi separati e autonomi è funzionale alla sopravvivenza e alla selezione della specie. La capacità dell’uomo di vedere se stesso separato dall’ambiente ha anche incrementato la sua capacità d’ideazione autonoma permettendogli di andare oltre i limiti posti dalla natura, prima nella sua immaginazione e poi nella sua vita pratica.

    In seguito è stato necessario e legittimo per l’uomo dividere le cose, separarle, in modo da ridurle a dimensioni più facilmente analizzabili e controllabili. La scienza, in particolare, ha agito in base al presupposto che il modo migliore per capire un fenomeno fisico o l’essenza di un corpo, che si trattasse di un topo o di un atomo, fosse quello di sezionarlo e studiarne le parti. Oltre alle scienze, anche l’arte, la tecnologia e tutta l’attività umana in generale è stata divisa in compartimenti stagni o ‘specialità’ ciascuna considerata autonoma ed essenzialmente separata dalle altre.

    La religione ha contribuito non poco al successo dell’idea che tutto sia assolutamente frammentato. Essa ci ha insegnato che Dio è trascendente, risiede cioè oltre la natura, è “altro” rispetto all’uomo e alla natura. In questo modo si è sedimentato il sentimento di separatezza fra Dio e uomo, Dio e natura, uomo e natura.

    La società nel suo complesso si è poi sviluppata in modo frammentario con la divisione in razze, nazioni, gruppi politici, economici, religiosi, ecc. L’ambiente naturale è stato considerato come un aggregato di risorse separate e accaparrabili, per il loro sfruttamento, da diverse nazioni e gruppi di persone. Anche la coscienza del singolo individuo a un certo punto è stata frammentata in compartimenti stagni governati dai contrastanti desideri, ambizioni, passioni, pregiudizi, vincoli culturali, morali e religiosi.

    Insomma il nostro modo di vedere il mondo, la nostra ‘world-view’, presuppone una realtà composta da un’infinità di cose distinte, separate, esistenti autonomamente, molto spesso in conflitto fra loro. L’uomo crede che questa frammentazione non sia altro che l’espressione del mondo così com’è e che non possa essere diversamente. Alla fin fine, la frammentazione sembra essere l’unica cosa universale, assoluta che agisce su tutti e su tutto senza limiti o confini.

    Ovviamente, a causa del nostro modo di vedere un mondo frammentato, l’Ego individuale assurge arbitrariamente a rilevanza assoluta e si riflette negativamente su tutti gli aspetti della vita umana. Così, non è per caso che questa world-view porta alla formazione di infiniti, caotici conflitti senza senso che investono la società, la politica, l’economia e la stessa vita individuale.

    Considera la divisione fra Dio e uomo. Dio dovrebbe essere amore e armonia universale, ma la separazione fra uomo e Dio crea un rapporto umanizzato che assomiglia a quello fra padre e figlio, necessariamente conflittuale, basato su un dare-avere di bassa lega morale (se ti comporti bene, ti mando in paradiso, altrimenti vai in inferno). La divisione da Dio spalanca poi le porte al soprannaturale. Il Dio trascendente diventa un’entità con una precisa ‘personalità’ che interagisce con noi con atti di volontà. L’idea della ‘persona’ onnipotente e imperscrutabile che sta dall’altra parte della barricata genera un rapporto dialettico con l’immaginario, l’irrazionale. Il risultato è la corruzione della mente razionale: la superstizione, l’occultismo, il para-normale, i miracoli, lo spiritismo, i medium, i maghi, gli esorcisti. Tutto un mondo immaginario e frantumato senza alcuna relazione con la realtà.

    Interessante notare che la nostra propensione a dividere non risparmia neanche il Dio trascendente che è diviso prima in Padre, Figlio e Spirito Santo e poi in una miriade di quasi-dei, la Madonna, gli Angeli, i Santi.

    Che dire della divisione dell’umanità in razze, nazioni, gruppi politici, economici, religiosi? La world- view della separazione in questo campo ha dato il peggio di sé nel corso dei millenni: guerre senza senso, persecuzioni assurde in nome di Dio, pulizie etniche, odio razzista, terrorismo.

    La world-view della frammentazione inquina anche i rapporti interpersonali. La sopraffazione, l’antagonismo, la violenza fisica e verbale, l’odio reciproco, l’invidia, la gelosia nascono spontanei se ‘l’altro’, anche se parente o vicino di casa, è visto come qualcosa di diverso, concorrenziale, ostile, da sopraffare e sottomettere.

    Sono evidenti le conseguenze disastrose della pretesa separazione dell’uomo dalla natura. Lo sfruttamento esasperato delle risorse naturali in nome di un illusorio ‘progresso’ ha portato all’inquinamento del terreno, dei corsi d’acqua, del mare e dell’atmosfera. L’eccessiva concentrazione nell’atmosfera di anidride carbonica generata dalla combustione dei combustibili fossili (carbone, gas, petrolio) nei prossimi decenni metterà in discussione la sopravvivenza stessa del genere umano. La nostra pretesa di essere ‘altro’ dalla natura e quindi di poterla usare a nostro piacimento ha compromesso il suo precario equilibrio e ci costringe a vivere in un ambiente che non è salubre né per il corpo né per la mente.

    Insomma l’umanità è giunta a un punto cruciale della sua storia. La situazione è urgentissima, perché ora l’uomo, disturbando l’equilibrio ecologico del pianeta intero, ha creato le premesse per autodistruggersi.

    Eppure l’uomo, lungo la sua storia, ha sempre aspirato all’unione, all’armonia come una necessità profonda del suo essere. Secondo me, lo stesso mito del paradiso terrestre nasce dall’intima esigenza di unione con Dio, gli animali e la natura. In seguito, grandi profeti hanno cercato, in tempi e luoghi diversi, di educare la gente a superare la world-view della frammentazione.

    Le parole di Cristo “Ama il tuo prossimo come te stesso” (Matteo, 22:37-39) sono un insegnamento a superare la frammentazione fra gli uomini. Se io amo il mio prossimo come me stesso, allora io m’immedesimo in lui, il suo dolore è il mio dolore, la sua gioia è la mia gioia, il mio ego si sgonfia e la frattura con gli altri è saldata: sono un tutt’uno con tutti gli uomini di questa terra.

    Le stesse cose, con parole uguali, le aveva dette Confucio circa cinque secoli prima: “Il sapiente ha detto: la mia dottrina è semplice, e il suo significato è facile da penetrare. Essa consiste nell’amare il prossimo come se stessi”. (Confucio, 551-477 a.c.)

    Ma forse l’esortazione più forte e decisa al superamento della visione frammentata del mondo è quella contenuta nel Bhagavad Gita, il “Canto del Beato“, testo sacro dell’induismo composto nella forma attuale 300 anni circa prima della nascita di Cristo ma frutto di diversi rimaneggiamenti operati nel corso del tempo a partire da mille anni prima di Cristo.

    L’invito di Cristo e Confucio a superare le divisioni fra gli uomini, nel Bhagavad Gita è ampliato fino a includere il risanamento delle fratture fra tutti gli esseri viventi, anche gli animali.

     “Egli [il saggio] vede se stesso

     nel cuore di tutti gli esseri viventi

     e vede tutti gli esseri nel suo cuore.”  (Bhagavad Gita)

    Tutti gli esseri viventi formano un tutt’uno con l’uomo. Non solo gli esseri viventi ma anche Dio, nel “Canto del Beato“, è unito indissolubilmente all’uomo e a tutte le cose della natura.

     “E quando egli vede Me in tutte le cose

     e tutte le cose in Me,

     allora Io non lo lascio mai

     e lui non lascia mai Me.”  (Bhagavad Gita)

    L’uomo “saggio “ vede Dio in tutte le cose e tutte le cose in Dio. Ma non si tratta di un Dio Trascendentale che sta “oltre” le cose, che crea “fuori di sé” l’universo, gli animali e l’uomo . E’ un Dio immanente che sta dentro tutto quello che esiste, dentro di me, dentro l’albero del bosco, dentro Luna, dentro i geni di tutti gli esseri viventi ma anche negli atomi di un granello di sabbia.

    Per Spinoza, questo Dio è la Natura stessa. Egli scrive: “Deus sive Natura“, ”Dio, cioè la Natura”. Ma bisogna stare attenti a non intendere la Natura come l’universo, il mondo materiale, come null’altro che materia. Natura con la lettera maiuscola non corrisponde all’Universo fisico, anche se lo comprende. La Natura è ben altro; si potrebbe identificarla come “essenza del mondo“, la Sostanza, quello che sta-sotto, quello che con le sue leggi si esprime nel tuo e nel mio patrimonio genetico e in tutto ciò che rende il mondo ciò che è. In altre parole, Dio non è cosa materiale, ma è tutto in ogni cosa, indivisibile. E’ il presupposto di ogni cosa, senza presupporne altre. Dio è l’energia infinita, affermativa che sta-sotto, che rende il mondo ciò che è, e che si mostra a noi umani nell’universo, nelle stelle, e in tutte le cose del mondo.

    Ma anche se si mostra nelle infinite cose della natura, Dio è intero, indivisibile in ogni cosa. Tutto è fatto della stessa Sostanza.

    Purtroppo, guardandoci intorno è facile rendersi conto che questi grandi maestri spirituali hanno fallito nel loro insegnamento. Mai come oggi la divisione fra uomini, fra uomo e natura e fra uomo e Dio è stata così rovinosamente evidente. Perché?

    La mia opinione è che tutti i buoni propositi spirituali sono stati surclassati e vanificati dalla fede dell’uomo nell’assoluta verità delle sue “percezioni”.  La cultura imperante del materialismo ci ha convinti che è reale solo quello che percepiamo della realtà fisica. Quindi, se con i miei sensi io “percepisco” un mondo frantumato, allora questa è la realtà delle cose non le visioni mistiche di qualche profeta primitivo. Il discorso sembra logico, non fa una grinza … ma è sbagliato.

    Il fatto è che la fisica moderna ci insegna che quello che noi riusciamo a “percepire” del mondo che ci circonda è un debole riflesso sfocato del mondo com’è in realtà.  La teoria della relatività e la meccanica quantistica ci lasciano intravedere quello che c’è sotto la realtà frantumata percepita dai nostri sensi. Ad un livello fondamentale non c’è alcuna separazione, tutto è uno, come nella Natura di Spinoza e nel Bhagavad Gita.

    Luigi Di Bianco

    ldibianco45@gmail.com

     

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