Rita Levi Montalcini, la vera storia video

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    Il film Rita Levi Montalcini, in onda su Rai1 giovedì 26 novembre, rende omaggio al Premio Nobel per la medicina. A interpretarla Elena Sofia Ricci. Innamorata della scienza e profondamente convinta che il suo scopo nella vita fosse quello di mettersi al servizio della comunità, la scienziata rinunciò a matrimonio e figli. Era ancora giovanissima, infatti, quando andò contro la volontà di suo padre e chiarì che non sarebbe diventata né moglie, né madre. Così, iniziò quella che definì la sua “luna di miele con il cervello”. Ripercorriamo le tappe fondamentali della brillante carriera e della vita privata di questa donna straordinaria, raccontandole con le parole che lei stessa ha consegnato alla stampa nel corso del suo vissuto.

    Rita Levi Montalcini

    L’infanzia e la decisione di studiare medicina
    Rita Levi Montalcini è nata nel 1909 a Torino, in una famiglia ebrea. Suo padre Adamo era un ingegnere elettrotecnico, sua madre Adele una pittrice. Aveva tre fratelli: Gino, Anna e la sorella gemella Paola. Nel 1930 Rita prese la decisione di studiare medicina. Il padre, però, non era affatto d’accordo. Ai microfoni della Rai, la scienziata raccontò: “Mio padre reputava difficile conciliare la vita di madre e di moglie, con una vita di lavoro. Era contrario, non lo accettava. Un giorno gli ho detto che non volevo diventare né moglie, né madre e gli chiesi il permesso di fare quello che volevo. Mi disse: ‘Non ti approvo, ma non posso impedirtelo'”. Così, cominciarono i suoi studi universitari e sei anni più tardi, nel 1936, conseguì la laurea in Medicina e Chirurgia con 110 e lode.

    La rinuncia a matrimonio e figli per amore della scienza

     

    Durante uno speciale di Rai1, venne chiesto a Rita Levi Montalcini se le fosse costato rinunciare a una vita nuziale e alla possibilità di avere dei figli. La professoressa chiarì di non averlo mai considerato un sacrificio. Al contrario, riteneva di aver fatto tutto ciò che desiderava: “Anche il non matrimonio rispondeva alle mie esigenze di dedicarmi alla scienza. Avevo un giovane compagno che voleva sposarsi a tutti i costi. Ho rifiutato il matrimonio. Se sono stata innamorata? No. Ho avuto delle forti amicizie e basta”. A Pippo Baudo, poi, aveva confidato: “La mia vita è stata una luna di miele con il cervello”. Tra le amicizie a cui teneva di più, quella con Renato Dulbecco, biologo e Premio Nobel per la Medicina nel 1975.

    L’amicizia con Primo Levi
    Rita Levi Montalcini fu legata a Primo Levi da una profonda amicizia. La scienziata stimava molto lo scrittore e ne evidenziava spesso la levatura morale e la capacità di non rinunciare ai suoi valori nonostante l’abominio vissuto nei campi di concentramento. In occasione di un forum tenuto dalla Fondazione Simone Cesaretti, disse di lui: “Primo Levi ha vissuto momenti tragici ad Auschwitz da cui è uscito miracolosamente salvo e, tuttavia, non ha mai perso i suoi valori. Io ho avuto la fortuna e il privilegio di essere sua amica, di vedere in lui uno splendido essere umano. I suoi libri dimostrano come i momenti più tragici possono essere superati”.

    La persecuzione a causa delle leggi razziali
    Anche Rita Levi Montalcini ha dovuto fare i conti con le leggi razziali, che la costrinsero nel 1939 a scappare in Belgio. Poi tornò a Torino e infine, si nascose a Firenze. Alla Rai disse: “Hitler e Mussolini mi dichiararono di razza inferiore”. Ma neanche in quel tragico momento smise di compiere i suoi studi, allestendo un piccolo laboratorio privato: “A sostenermi nei tragici momenti della persecuzione sono stati la fiducia e l’ottimismo in me naturali. Mi hanno portato a non perdere la speranza, a vivere con serenità anche i momenti difficili”.

    Il Premio Nobel per la Medicina e la depressione
    Rita Levi Montalcini dedicava quasi interamente la sua giornata agli studi e alla ricerca. A Maurizio Costanzo dichiarò che era solita alzarsi alle quattro del mattino: “Le prime ore del mattino sono mie. Dalle 4 alle 9 lavoro a casa, in completa solitudine. Sono le ore più belle perché sono sicura che nessuno mi raggiungerà al telefono e posso fare quello che voglio. E poi il cervello è più limpido. Dalle 9 alle 13 vado in laboratorio, poi vado a casa per pranzare con mia sorella e dopo torno in laboratorio”. Fu questa dedizione totale che la portò a scoprire il Fattore di Crescita di cellule nervose. Così, nel 1986, Re Carlo Gustavo XVI di Svezia le consegnò il Premio Nobel per la medicina. A Maurizio Costanzo, Rita Levi Montalcini dichiarò che l’anno successivo al conseguimento del Nobel si sentì inadeguata a tal punto da ammalarsi di depressione:

    “Direi che è stato un anno catastrofico. Un tornado, qualcosa di inaspettato. Non ero preparata. È andata bene a Stoccolma, una cerimonia interessante. È stato molto più difficile affrontare l’anno. Non avevo più la possibilità di lavorare, ricevevo migliaia di lettere a cui ancora in parte non ho risposto. Quel senso di inadempienza mi è pesato tanto da portarmi quasi a un collasso. Devo riconoscere che per la prima volta in vita mia, ho dovuto ricorrere agli antidepressivi tanto era il senso di non essere adeguata. Mi chiedevo perché avessero scelto me. Ultimamente, come vede, mi sono ripresa un po’”.

    Rita Levi Montalcini senatrice a vita
    Nel 2001, Rita Levi Montalcini ha ricevuto la nomina di senatrice a vita per i suoi meriti in campo scientifico e sociale. Onorò il suo impegno con grande senso di responsabilità e, quando i suoi colleghi litigavano e si insultavano l’un l’altro, preferiva ignorarli e concentrarsi sul suo lavoro: “Sono diventata senatrice nel 2001. Ho provato molto piacere e riconoscenza per il presidente Ciampi, persona di grandissimo valore. Anche lui è stato un partigiano. Cosa provo quando si insultano e urlano in Senato? Non me ne occupo affatto. Ho la fortuna di essere seduta vicino a persone di grande valore, Sergio Zavoli e Albertina Soliani. Quindi posso fare conversazione con loro, mentre tutti gli altri si scannano. Penso al mio lavoro e a sviluppare le mie idee”.

    Il messaggio alle donne e ai giovani
    Rita Levi Montalcini ha spesso raccontato che quando era ancora giovanissima, la società non concedeva alcuno spazio alle donne, spesso trattate “come un oggetto di lusso o da distruggere”. Così, ha sempre colto ogni occasione per incoraggiarle a non lasciarsi ostacolare da nessuno e a non credersi mai inferiori agli uomini: “Dalle donne mi aspetto che si rendano conto dell’enorme potenziale umano che è in loro, mai utilizzato perché sottomesse all’altro sesso. Non per inferiore capacità, ma per diritto della forza fisica, non mentale”. Parlò anche ai giovani, le cui sorti le stavano a cuore:

    “La vita vale se crediamo nei valori etici, basati sulla cultura e sulla conoscenza. Tutto si può superare, anche i momenti tragici, se crediamo nei valori. Ai giovani dico credete nella cultura, ciò che rende la vita degna di essere vissuta è aiutare il prossimo e superare le difficoltà personali”.

    Rita Levi Montalcini è morta nella sua casa di Roma il 30 dicembre 2012. Aveva 103 anni. Le sue scoperte hanno portato a un collirio per la cura della cheratite neurotrofica. Inoltre, sono ancora in corso studi sul Fattore di Crescita delle cellule nervose per impiegare questa scoperta nella cura di malattie gravi come l’Alzheimer. Al compimento dei 100 anni, chiesero a Rita Levi Montalcini di tracciare un bilancio della sua vita. La scienziata si disse estremamente soddisfatta di quanto era stata in grado di conseguire: “La mia vita è stata molto fortunata. Penso di aver realizzato il massimo che potevo fare, al di là di quello che pensavo quando ero adolescente. Non ho rimpianti. Sono lieta di come la sorte mi abbia favorito”.

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