Piano di Sorrento, uno sguardo alla storia carottese con il racconto del Prof. Ciro Ferrigno: “La fonderia di Cassano”

Piano di Sorrento. Riportiamo il racconto del lunedì del Prof. Ciro Ferrigno: “La fonderia di Cassano”.

«Le Vestali avevano il compito di tenere sempre acceso il fuoco, sacro alle divinità dell’Olimpo; giorno e notte badavano a che non si spegnesse, anche col vento e la pioggia, pure nei giorni tempestosi. La sacra fiamma diventava la loro ragione di vita, perché contiene luce e calore, elementi necessari al genere umano e, allo stesso tempo, manifestazione della potenza divina.

Lucia si porta dentro tanti ricordi del passato con l’ansia che possano andare dispersi e abbandonati all’oblio, volti e nomi che fanno parte della sua storia, rami e foglie dello stesso albero e giorno dopo giorno alimenta il fuoco dei ricordi, anche quando sembrano confondersi nella mente, sovrapponendosi e mescolandosi in quel vortice tumultuoso che è il tempo che passa. Quando parla della Marina di Cassano le brillano gli occhi, perché le sue radici sono in quella sabbia ed in quel mare. Nacque nella casa rosa, una delle più antiche del borgo marinaro e da piccola ascoltò, come fossero fiabe, racconti di marinai e velieri, dei pescatori e dei cantieri navali, all’indomani della fine di un’epopea durata secoli, ma ancora viva nelle storie dei nonni.

In quella casa rosa era vissuto Felice Cappiello, il suo bisnonno materno, che sposò Maria Grazia D’Alessio. L’uomo lavorava, diremmo noi, nell’indotto, quando ancora la Marina era un cantiere navale, sebbene avviato ad un lento ed inesorabile declino. Aveva l’officina in una camera-grotta, dove in una rudimentale ma funzionante fornace, produceva con bronzo e rame, gli oggetti che servivano alle navi in costruzione. Era una fonderia vera e propria, ricavata in un enorme buco, dove armeggiava tra fiamme e metalli che si fondevano ubbidienti fino a realizzare gli oggetti desiderati. Per azionare il pesante mantice, che serviva a soffiare sul fuoco, occorrevano altre braccia. La sua specialità erano i chiodi, richiestissimi, indispensabili nei cantieri. In ore ed ore di lavoro ne produceva migliaia e migliaia, di varie misure, cassette intere, per soddisfare le richieste delle maestranze che trasformavano i tronchi d’alberi in bastimenti che solcavano i mari.

In quella fonderia don Felice ebbe la capacità di creare anche una campana, in uno stampo di marmo, e siamo intorno al 1860, solo che la vicenda ebbe un risvolto drammatico. Dopo la consegna, passarono mesi e mesi e il sacerdote mai si decideva a pagare; il danaro investito era stato considerevole, così pure il tempo speso per realizzarla. Dopo un’infinità di sollecitazioni con tutte le buone maniere possibili, l’uomo si vide costretto a passare alle minacce. Nella fonderia, forgiò un pugnale e, tenendolo tra le mani, si presentò al reverendo, chiedendo che gli fosse pagato, finalmente, il lavoro. Lucia si affretta a spiegarmi che erano sopravvenuti tempi difficili e l’uomo non riusciva più a portare avanti la famiglia. I cantieri languivano, i suoi chiodi rimanevano invenduti e la fame bussava a tante porte, anche alla casa rosa, giù alla Marina.

Nella fornace della grotta Giuseppe Giusto confezionò la prima lampara di Cassano, mentre l’instancabile don Felice creò pure un giocattolo in ferro, per i nipoti. Si trattava di un’enorme moneta, sulla quale aveva inciso il volto del Re e veniva usata come una ruota; i bambini la facevano rotolare lungo le tese, divertendosi ad inseguirla.

I ricordi di Lucia Giusto sono un libro di fiabe antiche, con quelle illustrazioni enormi, così come si usavano una volta: pagina dopo pagina i chiodi e la campana, le lampare, il pugnale e la grande moneta, poi volti cari ed amati che fanno parte della sua e della nostra storia e per questo non possono essere destinati all’oblio. Pure i ricordi sono una sacra fiamma che non si può spegnere!».

cassano

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