Piano di Sorrento, il racconto del Prof. Ciro Ferrigno in questo giorno dedicato ai defunti: “Ritrovarsi in Dio”

Piano di Sorrento. Riportiamo il racconto del lunedì del Prof. Ciro Ferrigno dal titolo “Ritrovarsi in Dio”: «Una frase che disse il Parroco don Francesco Saverio Sessa, non l’ho più dimenticata: “Dove mi giro, mi giro, non vedo altro che tombe!”. Si sa che quando si è ragazzi sentir parlare della morte è argomento che non interessa, ma quella frase mi restò dentro ed ero giovanissimo, forse neppure quindicenne. Più gli anni passano, più mi rendo conto della straordinaria verità di quelle parole, che tornano alla mente e accomunano tutti, ma in particolare tutte le persone, e sono tante, che hanno scelto di rimanere singole o che, pur essendo sposate, non hanno prole.

La verità è che ad un certo punto ti rendi conto che tante persone amate: nonni, genitori, zii, fratelli, sorelle, cugini e tanti amici, non ci sono più. Se ne sono andate, molte in punta di piedi, altre in un breve lasso di tempo e ti ritrovi come una camicia invernale che hai dimenticato di conservare nel cambio di stagione. Tu sei la camicia invernale, gli altri sono quelle a mezze maniche, di tessuto leggero, adatte per la calura estiva.

È un déjà vu che mi riporta ai tempi della Scuola, quando ero l’ultimo nella graduatoria della XVII, quella di Economia Aziendale, quando i colleghi osservavano “Sei giovane, insegni da poco, sei l’ultimo ed è logico…” per poi passare, anno dopo anno sempre più su, fino a piazzarmi primo, per anzianità di servizio.

Il tempo che passa tutto trascolora, cambia il paesaggio intorno a noi, il paese coi suoi palazzi, le strade, il traffico, il ritmo dell’esistenza, il modo di comunicare, la tecnologia, la moda, la musica, ma soprattutto cambia la gente che incontri per strada. È un mutare lento ma costante e allora riesci a comprendere com’è potuto scomparire un intero popolo che, per esempio nel 1700 abitava qui, dove viviamo noi. Non troveremmo, anche a volerla pagare a peso d’oro, una sola persona vissuta in quel secolo, eppure i registri parrocchiali contengono migliaia di nomi di persone vissute proprio in quel tempo!

Per nostra fortuna esistono dei momenti, quando, ricorrendo all’intima sensibilità, è possibile trovare un collegamento con quelli che se ne sono andati e ciò avviene quando vediamo ciò che loro hanno visto ed amato, ascoltiamo ciò che loro hanno ascoltato ed amato. Non possiamo non sentirci “collegati” a Natale quando tornano le zampogne, o nella fiamma del camino, del focolare, di una candela, o dinanzi al presepe. Il “collegamento” è ancora più forte quando sfilano per le strade le processioni della Settimana Santa, quando il battere dei tamburi coincide col nostro battito cardiaco e riascoltiamo gli Inni ed il Miserere e passano la Croce, l’Addolorata, il Cristo Morto. Torna il “collegamento” quando dalla Marina sale in processione la Madonna delle Grazie, la barchetta con la Madonnina oppure quando cantiamo nei Vespri solenni i due antichi Inni a San Michele.

Qualcuno può osservare che sono tutti momenti collegati alla fede. In fondo sì, è un ritrovarsi in Dio. Sono poche occasioni, quando, con il cuore e l’anima, puoi girarti e vedere intorno a te tutte le persone che hai amato, perché loro hanno visto ciò che vedi, hanno ascoltato ciò che ascolti, hanno amato ciò che ami. Sono pochi momenti, per il resto, dove ti giri, ti giri, come diceva don Saverio, non vedi altro che tombe!».

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