Ospedale di Castiglione: il dramma continua…!

Sembra proprio che la storia infinita che riguarda il centro di pronto soccorso e degenza di Castiglione stia volgendo al termine. Alla base sembra esserci un concetto di razionalizzazione dei costi e una logica di efficienza che, per quanto comprensibili in un’ottica puramente economica, non valgono tuttavia per la Costiera, dove invece debbono prevalere criteri di straordinarietà (condizioni di viabilità, distanza dal centro ospedaliero più vicino). Le condizioni di cui sopra sono sufficienti per configurare uno stato d’emergenza. In ogni caso si tratta di elementi che non giustificano il disgregamento in atto. Proprio stamattina leggo su “Repubblica” frasi di questo genere. “Fuga dagli ospedali campani, esodo della disperazione verso le strutture del Lazio”. Apprendo inoltre che secondo i dati del ministero in Campania è stata superata la soglia di occupazione del 30% dei posti in terapia intensiva da parte dei malati con il Covid-19, cioè il limite oltre al quale il ministero ritiene che le rianimazioni vadano in affanno. Si rischia cioè di addossare al personale medico l’allucinante onere di selezionare i pazienti in funzione dell’indice di sopravvivenza. Ma passiamo al caso specifico. Debbo purtroppo constatare che, come temevo, non hanno avuto esito le attese reazioni dei cosiddetti „responsabili“ per impedire un epilogo tanto vergognoso, che al momento coinvolgerebbe la funzionalità dei reparti (il ricorso alla medicina telematica è ancora troppo avveniristico per un’applicazione in loco, le infrastrutture sono oltremodo inefficienti o obsolete, sul piano pratico tale ricorso risulterebbe non solo rischioso, ma anche pernicioso a livello di sopravvivenza).Visto che è venuto a mancare il sospirato intervento risolutivo del supremo reggitore delle sorti campane, considerato che il „tavolo di confronto“ si é rivelato inutile, escludendo l’ipotesi di una sommossa popolare, mai più avvenuta dai tempi di Masaniello, tenuto conto che il disinteresse e l’indifferenza sono prerogative di sapore prettamente italico, suggerisco l’unica via ancora percorribile, già da me vanamente prospettata in alcuni miei precedenti interventi. Presentazione di un’istanza collettiva dei sindaci coinvolti alla Corte Europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo a cura di un amministrativista di valore. Invece di affidarsi ai Santi locali e non è probabile che il tentativo potrebbe anche rivelarsi forse maggiormente efficace.

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