NAPOLI, ALL’ ASTA L’ AUTO CHE TRASPORTO’ HITLER

L'auto di Hitler, quell' Alfa Romeo, una 12 cilindri modello presidenziale, l' ammiraglia della casa di Arese dell' epoca, sarà messa all' asta dal Comune di Napoli, che fino a ieri nemmeno sapeva di esserne il proprietario

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NAPOLI Scarrozzò per le strade di Napoli, nel lontano maggio del ‘ 38, nientemeno che Hitler e Mussolini insieme. Ma la sua storia va oltre quella sfilata tra ali di folla plaudenti sul lungomare e diventa leggenda. Quella che narra di come quell’auto servì per trasportare, da Roma a Napoli, qualche anno più tardi, il tesoro di San Gennaro. Un vero pezzo da museo, insomma. E ora che è quasi un rudere, quell’ Alfa Romeo, una 12 cilindri modello presidenziale, l’ ammiraglia della casa di Arese dell’ epoca, sarà messa all’ asta dal Comune di Napoli, che fino a ieri nemmeno sapeva di esserne il proprietario. Giaceva infatti, prima che gli impiegati del Patrimonio la catalogassero come bene dell’ ente locale, tra centinaia di suppellettili senza storia e ciarpame vario in un vecchio, umido deposito della nettezza urbana in via Domenico Morelli, ad un tiro di schioppo dalla centralissima piazza dei Martiri. E’ in condizioni pietose. Chi l’ ha vista dice che è un ferrovecchio. Eppure le offerte già iniziano a fioccare. Dello splendore di un tempo avverte Antonio Livigni, che di quel parcheggio è il responsabile non è rimasto più niente. Non si riesce nemmeno più a decifrarne il colore. Il Comune non vuole farne un business. Vuole soltanto liberarsi di presenze ingombranti per far posto ai mezzi della nettezza urbana. Ma come è stato possibile che quel gioiello finisse in quel modo? Nessuno sa dare una risposta. Tutti ora sono d’ accordo nel dire che meritava un destino diverso da quello di finire in soffitta, carica di storia e leggenda com’ è. Già, perché c’ è anche la leggenda. I documenti ufficiali, infatti, sono andati perduti. Spariti da un ufficio nel bailamme del terremoto dell’ 80. Ma sono in molti a giurare che quell’ Alfa merita di diritto un posto nella storia della città. Nel ‘ 44, infatti, la 12 cilindri cambia proprietario. La acquista, non si sa a quale prezzo e in quali circostanze, un guappo dell’ epoca, don Peppe Navarra. Nemmeno il figlio di Navarra, Salvatore, che vive vendendo porte blindate, ricorda se fu più il desiderio di poter guidare l’ auto sulla quale aveva viaggiato il duce o quello di una promozione sociale a muovere il padre. Sta di fatto che don Peppe l’ acquistò. Era un omone sanguigno. Alto e grosso, somigliava in maniera impressionante ad Aldo Fabrizi. A suo modo era generoso e leale. Nel suo quartiere, Poggioreale, lo chiamavano ‘ o re. Pare che si fosse meritato quell’ appellativo per il modo garbato ed il grande senso di giustizia con il quale risolveva ogni controversia. Ma la popolarità di Navarra raggiunse il top allorquando nel ‘ 46 si presentò il problema di andare a recuperare a Roma il tesoro di San Gennaro. Le preoccupazioni dei bombardamenti e razzie nel periodo della guerra avevano reso necessario il trasferimento degli ori del patrono di Napoli nei più sicuri forzieri di Città del Vaticano. A conflitto finito, però, bisognava recuperarlo. Napoli, d’ altra parte, lo reclamava a gran voce. E allora don Peppe si offrì di farlo. Perché lui? In quei tempi le strade brulicavano di briganti e solo un uomo che fosse temuto e rispettato dalla malavita poteva riportarlo senza problemi indietro. Navarra montò a bordo della sua presidenziale e raggiunse la capitale. Caricò sulla 12 cilindri busti, argenti e ori del santo patrono e marciò verso Napoli. Nessun problema ricorda il figlio tutto filò via liscio e papà potè consegnare al cardinale Ascalesi, arcivescovo di Napoli, il tesoro al completo. Don Peppe divenne una sorta di eroe. Qualche anno più tardi, però, Navarra incominciò ad avere qualche problema. Non era uno stinco di santo, d’ altra parte: oltre ad essere il re di Poggioreale era anche il sovrano del contrabbando. Il fisco iniziò a mettere il naso nei suoi affari. E il risultato fu per lui devastante. In breve gli confiscarono tutto. Compresa la bella presidenziale dalla quale, pare, non si separasse un attimo. E così quell’ auto finì nel deposito di via Morelli, in attesa che le vicende giudiziarie del proprietario si chiarissero. Certo è che da allora nessuno ha rivendicato la proprietà di quell’ Alfa. E’ stata 38 anni, insieme con vecchi mobili sequestrati ed oggetti di nessun valore, in un vecchio deposito di via Morelli finendo quasi distrutta per l’ umidità. Avrebbe bisogno sostiene Livigni di essere completamente rifatta. Non so se sia possibile. Ma credo che tutto sommato lo meriterebbe.

Alcuni passi tratti da Internet

Alberto Del Grosso

Giornalista Garante dei Lettori

Del giornale Positanonews

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