Match con Tyson finisce pari con l’omaggio a Maradona

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Match con Tyson finisce pari con l’omaggio a Maradona  Tre ore di attesa, prima di vedere spuntare dal sottopassaggio dello Staples Center di Los Angeles Mike Tyson e Roy Jones Jr. Diciotto minuti sul ring, con solo qualche frammento, qualche lampo di vera boxe. Alla fine il verdetto si accorda con lo spirito amichevole della serata: pareggio. Certamente non è stato un grande spettacolo. E i 50 dollari pagati dagli spettatori a casa alla piattaforma in pay per view Triller si giustificano solo se si pensa che una parte dell’incasso, per altro non precisata, andrà ad alcune associazioni che finanziano la ricerca sul cancro al seno e a quelle che si battono contro i trafficanti di persone. Tyson, con la sua «Legends Only League», donerà qualcosa anche alla Wbc, la Federazione che ha organizzato questo match, perché sostenga gli ex pugili finiti in miseria. Ma ci sono molti soldi anche per i protagonisti: 10 milioni per Tyson, 3 per Roy Jones jr.

Tyson

L’operazione nostalgia non ha funzionato, forse perché era semplicemente fuori portata. Alla vigilia quasi tutti i media americani hanno dato una mano per montare l’evento. Mike è ancora «l’uomo più cattivo del pianeta». E via con le clip che lo ritraggono davanti a una tavola apparecchiata con la testa di Roy Jones. E ancora, guardate come è in forma. I muscoli sono intatti, il peso è nella norma: 99 chili e 800 grammi. Sabato 28 novembre, dieci minuti prima di mezzanotte, lo speaker lo presenta come se fosse ancora l’ultima star dell’età dell’oro. Quando tutti sapevano chi fosse il campione dei pesi massimi, il più forte tra i forti. Mohammed Alì, Frazier, Foreman, Larry Holmes fino a Mike, quel ragazzo di Brooklyn che conquistò il titolo nel 1986, lo stesso anno, lo ha ricordato lui stesso, in cui Maradona vinceva i Mondiali in Messico. «La mano di Dio, Maradona, ci ha lasciato— ha detto Tyson —. Nel 1986 abbiamo vinto entrambi i nostri Mondiali. Ci paragonavano. Era uno dei miei eroi e un amico. Lo rispettavo tanto. Ci mancherà molto». Tyson aveva 20 anni: il più giovane campione della storia nella sua categoria. Semplicemente devastante. Nel bene, con 50 incontri vinti di cui 44 knockout. Nel male, con il morso all’orecchio di Holyfield e soprattutto con la condanna a sei anni di carcere per violenza carnale. Ne scontò tre e uscì nel 1995 in libertà vigilata.

Ed eccolo ora avanzare lentamente lungo la passerella illuminata di blu che pare sospesa nel palazzetto deserto e buio come un pozzo. I telespettatori probabilmente lo staranno scrutando, come facciamo noi, per ritrovare qualche traccia, qualche sensazione antica, prima che Tyson si ritirasse 15 anni fa, sconfitto dall’irlandese Kevin McBride. L’inquadratura stringe sul suo volto, già sudato e segnato dai tatuaggi e dalla carta di identità: 54 anni suonati. Lo aspetta c’è Roy Jones Jr, 51 anni, ex pugile con una solida carriera terminata solo due anni fa; diverse cinture conquistate in varie divisioni, anche se non quella della Wbc, la più importante. Qualche appassionato forse lo ricorderà anche per quell’oro olimpico che perse alle Olimpiadi di Seul, nel 1988 contro un campioncino locale, Park Si-Hun, favorito, come si scoprirà nel 1997, da giudici corrotti. I due si scaldano, passeggiando sul quadrato, mentre il cantautore Ne-Yo, vincitore di un Grammy, intona splendidamente l’inno americano. Alla fine saluta con il pugno sinistro sollevato: il segno del Black Power e ora di Black Lives Matter. Prima c’era stata una sequenza di match tra pugili sconosciuti ai più, farcita con la musica di rapper celebri, come Saint Jhn e Snoop Dogg.
Finalmente arriva il momento. Fuori i secondi. Roy Jones si dà un’ultima sistemata ai guantoni viola, «un omaggio a Kobe Bryant», spiegherà più tardi. Sono più grandi della norma e quindi attutiscono i colpi. Non deve essere una carneficina. Nessuno si deve fare male. Si combatte sulla distanza di otto round, da due minuti ciascuno, uno in meno del tempo regolamentare. Nessun titolo in palio, solo una cintura celebrativa fatta preparare dalla Wbc. Il primo impatto sorprende e anche un po’ illude. Tyson è potente; Jones, veloce. Si vede qualche combinazione: uno-due, destro e sinistro di Mike; un diretto preciso di Roy. Ma per almeno la metà del tempo i due si neutralizzano, agganciandosi con clinch interminabili. L’arbitro abbozza fin che può, ma poi interviene per separarli. Jones, il più giovane è quello entra per primo in riserva. Piazza qualche sinistro e poi dà l’impressione di voler limitare i danni, indietreggiando con la guardia abbassata, oppure abbracciando Tyson. L’ex campione prova a scuotersi, ma la potenza iniziale piano piano si affievolisce e nel finale pure lui comincia a guardare l’orologio. Serve solo un po’ di pazienza: ancora qualche minuto ed è finita. Anche se lo show, atteso forse con troppo ottimismo, non è mai iniziato.

«Va bene così — dice Tyson alla fine — ho fatto spettacolo: Roy ha incassato bene». L’importante, come spiega l’avversario, è che lo show sia riuscito. E che magari se ne faccia presto un altro: «Sono pronto a rifare il match, è stato un onore aver preso pugni da Mike».

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