Joe Biden si prende gli USA: “Basta conflitti spietati, siamo tutti americani”

Più informazioni su

Joe Biden si prende gli USA: “Basta conflitti spietati, siamo tutti americani”.

NEW YORK «Sono onorato che abbiate scelto me per guidare il nostro grande Paese. Il lavoro che abbiamo davanti a noi sarà duro, ma vi prometto una cosa: sarò il presidente di tutti gli americani, indipendentemente dal fatto che abbiate votato per me o no. Possiamo essere avversari, ma non siamo nemici. Ricordiamoci che lo scopo della politica non è una perenne e spietata conflittualità». La tensione, l’ansia l’attesa e il timore di sorprese dell’ultimo minuto sono finite. E subito dopo l’assegnazione della Pennsylvania, è un tweet a sintetizzare il pensiero di Joe Biden. Lui e Kamala Harris hanno festeggiato lontano dalla telecamera, ieri mattina, la vittoria che le reti televisive e la Associated Press avevano appena annunciato.
SUL PALCO Si sono preparati per l’apparizione in pubblico che li attendeva in serata, sul palco che da giorni aspettava di accendersi per la festa. La vice presidente ha parlato per prima, in omaggio al primato: la prima volta che una donna riveste la carica; la prima volta che una donna di colore va ad abitare nella Casa Bianca entrando non dalla porta di servizio, ma da quella principale: «Noi, il popolo, abbiamo il potere di costruire un futuro migliore», ha detto. Da quando è stata scelta da Biden come compagna di cordata, Harris si è tenuta artificialmente all’ombra del candidato, e ha cercato di rifuggire ogni tentazione di protagonismo davanti alle telecamere. L’ultima cosa che la squadra elettorale avrebbe voluto era rafforzare i sospetti già frequenti in campo conservatore, che sarebbe stata lei la vera padrona del paese, con l’anziano Biden relegato ad un ruolo di facciata e messo da parte nell’amministrazione corrente degli affari. Ora è il suo momento, e magari è il momento di ammettere che alla casa Bianca avrà incarichi forse un po’ più ampi di quelli che sono stati assegnati in passato ai suoi predecessori, in virtù dell’esperienza e delle capacità specifiche che ha nel suo curriculum di magistrato. Il discorso era nella tasca di Biden da giorni, ma ha avuto bisogno di ritocchi dettati dalla cronaca della giornata. La partecipazione del pubblico alla festa, a Washington come a New York e in tutte le grandi città del paese, merita di essere riconosciuta, così come il momento di passaggio che rappresenta per il paese. Un’altra donna democratica: Hillary Clinton, sconfitta quattro anni fa nella stessa sfida che Biden oggi ha vinto, gli ha suggerito con un tweet di sottolineare che gli elettori hanno parlato e hanno scelto lui, ma che con la stessa voce hanno ripudiato Trump e tutto quello che ha rappresentato per il paese e agli occhi del mondo negli ultimi quattro anni. Chi conosce Biden, sapeva che non avrebbe raccolto questo invito. Ma una cosa, da presidente, la farà subito, presentando a gennaio una serie di decreti per far rientrare gli Usa negli accordi sul clima e nell’Oms.
Nelle ore successive all’annuncio della sua vittoria le stazioni televisive hanno irradiato a raffica spezzoni di video nei quali il nuovo presidente si ferma all’improvviso all’uscita di una riunione politica, per abbracciare un bambino con la sindrome di down che gli si è lanciato addosso per salutarlo, ed è vinto dall’emozione. Biden gli stringe le braccia introno al corpo, lo bacia sulla fronte, e gli dice: «Andrà tutto bene; grazie di avermi abbracciato». Si susseguono le storie che raccontano di un Biden compassionevole, il primo a contattare i familiari di una persona amica che si ammala o che scompare. Torna alla mente la memoria di Biden che parla al telefono con i familiari di George Floyd e che porta conforto alla madre; il fratello che lo ringrazia per la profondità con la quale è riuscito a toccarlo e a fargli sentire la sua vicinanza. Basterà tutta questa umanità della quale il settantasettenne, fedele cattolico, è indubbiamente dotato, a pacificare il paese dopo una delle elezioni più drammatiche e divisive della storia?
IL MURO Per tutta la durata della campagna elettorale Biden si è astenuto dal contattare i capi del partito repubblicano. Un po’ per rispetto del protocollo, ma soprattutto per via del muro di cemento armato che Trump aveva imposto ai politici conservatori, nel timore di una smagliatura che potesse essere interpretata come debolezza, o un anticipo delle defezioni che ora invece cominciano ad essere esibite con orgoglio. E’ il suo amico ed ex boss Barack Obama a riportare il discorso sui binari della realtà, e ad ammonire che Biden incontrerà sulla strada «difficoltà straordinarie, tra la pandemia e la difesa della democrazia». Il giorno in cui gli elettori sono andati alle urne (martedì) è stato anche il primo nel quale il numero dei nuovi contagi negli Usa ha superato quota 100.000, e da allora è cresciuto oltre i 120.000. Il fragore delle elezioni ha assopito le preoccupazioni e le grida di allarme, ma appena le luci della festa si saranno spente, la gravità della condizione sanitaria negli Usa tornerà in primo piano, e toccherà a Biden gestirla. Le analisi del voto stanno mostrando che non c’è un solo gruppo etnico, anagrafico, o religioso, nel quale la divisione tra lui e Trump non abbia scavato ferite profonde e difficili da ricucire. L’immagine oggi così luminosa di un Biden taumaturgo sarà messa alla prova con un impatto immediato e improrogabile.

Fonte Il Mattino

Più informazioni su

Commenti

Translate »