Jacques Brel il Google Doodle di oggi: il cantautore oltre ogni schema

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Forse non tutti sanno che diversi autori italiani si sono ispirati/hanno reinterpretato alcuni dei successi più grandi di Jacque Brel: tra questi c’è anche Giorgio Gaber che nella sua particolarissima rivisitazione di “Ce gens la” riesce a produrre un testo di fortissima critica sociale come era solito fare il Signor G., ovvero senza grandi “discorsi” ma la prosa inconfondibilmente legata al racconto quotidiano di una vita umana e drammatica. In “Che bella gente” Gaber riconosce il significato autentico del testo di Brel e si concentra sulla critica “feroce” della gente “normale” che si ritrova a Messa ma che si permette di giudicare tutti pur avendo ognuno un “bagaglio” di dissolutezza nascosta. E poi l’apice del testo, quando Gaber in Brel riporta quel drammatico passaggio della donna protagonista del testo, l’amore della vita per la voce narrante, che però viene osteggiata dalla famiglia perché «non può stare con un pezzente come me». Una gente che giudica senza farsi giudicare e che si permette di dire cosa è giusto o no, chi si deve sposare e chi no: «la tengono al guinzaglio e quando ci incontriamo gli occhi di lei mi fissano e sembra che mi dica che un giorno fuggirà, che mi raggiungerà e allora in quel momento, allora io le credo avvocato ma solo in quel momento, perché da quelle case là nessuno scappa mai!».

CHI ERA JACQUES BREL

Jacques Brel celebrato oggi da Google con uno dei suoi doodle. Con Georges Brassens e Leo Ferré è considerato uno dei “pilastri” della canzone francese del dopoguerra. Per la musica rinunciò a tutto: alla sua carriera da impiegato, alla moglie e alle figlie. La sua è stata una vita intensa e smisurata, fatta di sogni e passioni. Nato a Schaerbeek, vicino Bruxelles, l’8 aprile 1929, sembrava aver indirizzato la sua vita verso un percorso preciso. Lavorava col padre nell’azienda di famiglia e prestava servizio part time nei militari, poi conobbe la futura moglie, Thérèse Michielsen. Nel frattempo, aveva comunque coltivato la sua passione per la scrittura e la musica, anche se alla sua famiglia le sue esibizioni non piacevano affatto. A metà degli anni ’50 però si mise su un treno per Parigi per sfondare nel mondo della canzone e la sua carriera prese subito il volo. Decise di cimentarsi nel mondo cinematografico e lavorò in dieci film. Diviso tra palchi, studi di registrazione, tournée e osterie, raggiunse un punto di svolta nel 1967.

Quello fu l’anno in cui Jacques Brel decise di lasciare la scena. Fu assalito dalla paura di ripetersi, di restare bloccato nella routine, finendo per ingannare se stesso e i suoi fan. Così si lasciò tutto alle spalle, senza pensare ad un ritorno. Cominciò allora a girare il mondo con il suo veliero Askoy. Giunse in Polinesia e si fermò ad Atuona, dove cominciò una nuova vita. Purtroppo si ammalò di cancro, quindi tornò in Europa per sottoporsi a terapie sperando di poter guarire. Un anno prima di morire riuscì con l’aiuto degli amici di sempre a registrare l’ultimo disco in presa diretta che ottenne uno straordinario successo. Il 9 ottobre 1978 morì all’ospedale di Bobigny, a Parigi. Qualche giorno dopo la sua salma venne deposta nel cimitero di Autona, nell’arcipelago delle Isole Marchesi della Polinesia Francese, poco distante dalla tomba di Paul Gauguin. Come artista era lontano anni luce da quelli a cui siamo attualmente abituati. Bastava un completo scuro e una camicia bianca sul palco. Quel che contava erano i suoi testi, la sua voce e la sua musica.

QUATTRO CANZONI DI JACQUES BREL

Visto che Jacques Brel è considerato il più grande cantautore di lingua francese, entriamo subito nel merito, partendo da “Quand on n’a que l’amour” del 1957. È la sua prima canzone di successo in cui proclama la forza dell’amore. «Con soltanto la forza di amare avremo nelle mani il mondo intero, amici», cantava Brel. C’è poi “Ne me quitte pas” dell’anno successivo, che è stata cantata in mezzo mondo, in cui si enumerano tutte le cose da fare per evitare di essere lasciati. Ma anche “Mon enfance”, canzone dolcissima del 1967 in cui canta tutto quello che gli ha lasciato l’infanzia fiamminga ed è caratterizzata dall’emancipazione della famiglia. Il tema del sogno domina in “La quete”, lanciata l’anno dopo. «Sognare un sogno impossibile», canta infatti Jacques Brel. Ma emozionante è anche quando arriva a parlare dell’amore. «Amare fino a spezzarsi: amare, anche troppo, anche male. Cercare, senza forza né armi, di raggiungere la stella inaccessibile». Parole cantante con quel crescendo di eccitazione che era la sua firma.

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