“Fun with Flags” Amalfi contro Giulianova, perde con onore, ma c’è stata confusione con i “wow”

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“Fun with Flags”, la sfida social arriva alla semifinale: Amalfi contro Giulianova. La sfida social ideata dalla pagina Facebook “Fun with Flags” arriva alla semifinale con la nostra Amalfi  in Campania e Giulianova, in Abruzzo, si giocano un posto in finale.

Per votare per Amalfi, bastava cliccare sulla reazione wow sotto questa foto. Mentre per Giulianova il cuoricino, molti si sono trovati in difficoltà, mettendo mi piace o semplici like, pare anche un parlamentare abbia sbagliato, ma forse era abruzzese…

Qualcuno ci ha lasciato anche una risata..

Flag votazione

Al di là di tutto è stata la sfida più emozionante di tutte le gare di questo spazio social che parla di stemmi, araldica e cultura legata ai simboli delle città. Fra le prime quattro su 192 città Amalfi ne è uscita a testa alta battendo tutte le altre città della Campania, fra provincia di Salerno e Napoli, l’ultima Torre del Greco, noi di Positanonews abbiamo fatto il possibile per la nostra capitale.

Il post di ringraziamento

GRAZIE AMALFI
Sicuramente la cittadina Campana, forse è l’unica a non aver bisogno di pubblicità e visibilità.
Una cittadina meravigliosa, che ospita ogni anno turisti da tutto il Mondo.
Il nostro è un ringraziamento per aver partecipato al nostro Contest e per essersi battuta fino all’ultimo.
GRAZIE AMALFI

Un pò di cenni storici sullo stemma di Amalfi 

La ricostruzione storica del vero e autentico stemma adottato da Amalfi nel corso dei secoli del Medioevo è stata possibile sulla scorta di numerosi documenti d’archivio, nonché di iconografie d’epoca.

Bisogna innanzitutto tener presente che lo stemma della città di Amalfi era lo stesso della Repubblica Marinara o Ducato, che fu autonomo dall’839 al 1131 ed ebbe una sorta di rinascita feudale tra il 1398 e il 1583. Ad ogni modo, le componenti originarie dell’emblema araldico amalfitano erano piuttosto semplici, completate poi nel corso dei secoli del Basso Medioevo. Così sin dal XIV secolo si costituì quello che dobbiamo a giusta ragione ritenere come il completo e autentico stemma di Amalfi.

Esso è rappresentato da uno scudo sormontato o dalla corona turrita di città (Civitas Amalfia) o dalla corona “infrascata” ducale (Ducatus Amalfie).

Nella nuova rivisitazione, che altro non è se non l’esatta ricostruzione dell’edizione medievale, lo scudo risulta troncato, cioè diviso in due parti in senso orizzontale.

Nella prima parte, quella superiore, è “partito”, cioè diviso in due sezioni.

Quella di destra contiene la più antica raffigurazione del vessillo di Amalfi e della sua repubblica: una banda di rosso in campo d’argento (bianco). La banda rossa ricorda per tradizione l’origine romana (descendit ex Patribus Romanorum).

Con l’avvento degli angioini nel regno di Sicilia (1265) il campo d’argento fu sostituito, per scelta dell’Università amalfitana (il Comune), dall’azzurro, colore della dinastia degli Angiò. Con tale variazione gli amalfitani vollero mostrare apertamente la loro sincera fedeltà ai nuovi signori del Meridione, soprattutto dopo un periodo di vessazioni subìte dal re svevo Manfredi, che negli anni ’50 di quel secolo aveva maltrattato l’arcivescovo amalfitano Filippo Augustariccio, imponendo la permanenza ad Atrani di cento mercanti alessandrini.

La banda rossa in campo azzurro è in realtà un errore araldico, poiché, secondo le regole della scienza medievale dei simboli, non era possibile apporre colore su colore; era consentito, invece, la combinazione colore-metallo. Questa forzatura di natura politica diede vita ad uno “stemma cucito”.

Nel 1970 l’emblema costituito dalla banda rossa in campo bianco divenne il simbolo della Regione Campania.

La sezione di sinistra nella parte alta dello scudo contiene una croce ottagona d’argento (bianca) in campo nero. Questa simbologia ricorda la fondazione amalfitana, realizzata dallo scalese fra’ Gerardo Sasso, priore dell’ospedale amalfitano di S. Giovanni di Gerusalemme, del primo ordine monastico-cavalleresco della Storia, l’Ordine dei Cavalieri di S. Giovanni di Gerusalemme, oggi Sovrano Ordine Militare di Malta. La croce ottagona rappresenterebbe le Otto Beatitudini Teologali secondo il Vangelo di Matteo, cioè il discorso di Cristo della montagna. Secondo un’antica tradizione amalfitana, nota anche al poeta D’Annunzio, che la immortalò nella “Canzone del Sacramento” (1911) (“e la Rosa dei Venti amalfitana,/ già fatta croce irsuta d’otto punte,/ si consecrava presso la campana”), sarebbe stata una prima rosa dei venti composta da dodici direzioni.

La parte bassa dello scudo è divisa in due parti da una linea orizzontale: la prima, quella superiore, è d’argento (bianco), l’inferiore nera; i due colori rappresentano il dì (le ore di luce) e la notte (le ore di buio), direttamente collegati all’uomo e alla donna raffigurati nella rosa a dodici venti, indicati da altrettanti angeli che soffiano, disegnata nel Codice Beda 3 della Badìa della SS. Trinità di Cava de’ Tirreni ( metà XI secolo).

Su questa partizione bianco-nera è caricata una bussola dorata circondata da quattro ali bianche d’aquila, simboleggianti i venti principali. Il vento del nord, la Tramontana, è indicato mediante un giglio d’oro angioino: esso prova che la pixis nautica, strumento magnetico per l’orientamento sul mare ideato dalla marineria amalfitana in età sveva (entro il 1259), fu perfezionato nella bussola con rosa dei venti dai periti in arte maritima di Positano al tempo della Guerra del Vespro, combattuta tra angioini e aragonesi per il possesso del regno di Sicilia (1282-1302).

Il nuovo congegno permise la produzione delle prime “carte da navigare”.

La parte bassa dello scudo, contraddistinta dalla bussola nautica, fu applicata nel corso del XIV secolo; poi nel XVI divenne il simbolo del Principato Citra e, quindi, della Provincia di Salerno.

L’adozione di tale stemma completo da parte del Comune di Amalfi rappresenta un’azione responsabile e seria, in quanto fa rinascere la coscienza delle proprie origini e del proprio passato storico, alla luce della memoria degli avi che contribuirono all’evoluzione della civiltà mediterranea e occidentale.

 

testo a cura del prof. Giuseppe Gargano

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