Ecco cosa è successo a Sant’Angelo

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Il Covid ha sconvolto il mondo, cambiando usi e costumi. Ma come capita sempre anche le situazioni più drammatiche a volte cadono nel comico. Si tratta di una comicità involontaria, ovvio. Non per questo meno esilarante. Cronaca di una domenica pomeriggio al tempo del Covid. Siamo a Sant’Angelo d’Alife, circa 2000 anime vicino Piedimonte Matese. Sono le 18.00. L’ora in cui si chiude tutto. E chiude anche il Bar al centro del Paese, il Bar Monello. Il locale da anni è il luogo di ritrovo dei giovani, di Sant’Angelo e non solo. Arrivano anche dai paesi vicini. O per meglio dire, era il posto di ritrovo fino a notte inoltrata. Il Covid ha imposto i suoi tempi. Cenerentola aveva una carrozza che a mezzanotte diventava una zucca. Oggi alle 6 di pomeriggio, a prescindere da tutto, si chiude.

Giuseppe Ciaburro, che gestisce il bar insieme alla moglie, si identifica perfettamente nel nome del suo locale. Nonostante l’età resta un po’ monello, anzi no, meglio dire uno scugnizzo. Ama stare coi giovani, è un po’ l’anima del paese. E’ il presidente della locale squadra di calcio. Nulla di che, gioca nella III categoria casertana. Ma quella squadretta è un punto di ritrovo e di aggregazione per i ragazzi e non solo. La domenica mattina al campo sono in tanti, specie quando il tempo è bello. La grande passione di Giuseppe sono le moto. Sant’Angelo grazie a lui è entrato nel circuito regionale dell’Enduro. Ovviamente tutto ruota intorno al suo Bar.

Ma veniamo alla nostra storia. Veniamo a domenica pomeriggio. Alle 18.00 si chiude: insegne spente, saracinesca abbassata. Ma c’è il Napoli che gioca a Bologna. Di solito quando c’è la partita c’è il tutto esaurito. Nei piccoli paesi funziona così. Ci si ritrova tutti insieme, per vedere la partita. Stavolta non è possibile, il Bar deve restare chiuso.

Ma evidentemente c’è qualcuno che non ci crede. Sembra impossibile che non ci sia nessuno in quel locale per vedere la partita. Quel bar tanto amato dai giovani, un po’ meno da chi non ama il frastuono che si fa (pardon, che si faceva) fino a notte tarda nei fine settimana. A qualcuno viene in mente di avvisare i Carabinieri. Per non sbagliare parte la telefonata per tutte le stazioni della zona. Vuoi vedere mai che qualche pattuglia è impegnata…

Errore, nessuna pattuglia in quel momento era impegnata. Ne arrivano quasi in contemporanea tre, da caserme diverse, Piedimonte Matese, Alife e Ailano. Giuseppe è fuori. Lui è tifoso del Milan, la “sua partita” è quella serale. Approfitta per fare un po’ di pulizia. All’interno, dinanzi al televisore ci sono… due spettatori, suo padre e suo figlio che al Napoli non rinunciano. Per nonno e nipote è un rito seguire la partita insieme. Non fanno neanche a tempo ad esultare per il gol di Osimhen che arrivano i Carabinieri. Tre pattuglie di Carabinieri.

Impongono a Giuseppe di alzare la saracinesca del Bar per vedere cosa succede dentro. Già messa così la scena è surreale. Ma non finisce qui. Perché una volta dentro i Carabinieri provvedono ad identificare i presenti. Presenti, nonno e nipote, che hanno, nella migliore tradizione campana, lo stesso nome e cognome. Si chiamano entrambi Mario.

La partita continua, il Napoli gioca bene. Ma la storia surreale non finisce qui. I Carabinieri intervenuti provvedono a fare il verbale, non possono fare altrimenti del resto. Dura lex, sed lex. La punizione più dura arriva senza alcuna udienza: i presenti devono lasciare il Bar, spegnere il televisore, alla fine del primo tempo. La ripresa la seguono per radio. Per Giuseppe e sua moglie il giorno dopo anche un’ammenda e 3 giorni di chiusura del locale.

Morale della favola: nonno e nipote che vedono la partita nel bar di famiglia provocano l’intervento addirittura di tre pattuglie di Carabinieri. Il giorno dopo le immagini di migliaia e migliaia di persone sul lungomare di Napoli, fanno il giro di tutte le case italiane, senza che nessuno sia intervenuto.

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