Capri, la storia di Giovanni e Maria dalla brianza all’Isola Azzurra con l’azienda agricola

Le storie di amore e di passioni capresi non passano solo attraverso i Faraglioni e la Grotta Azzurra ma ci sono racconti più profondi, fatti di terra e profumi contadini. Ecco cosa scrive Mariano Della Corte per Il Mattino.

È questa la storia di Giovanni e Maria Bonatti Mameli, giunti a Capri per la prima volta in viaggio di nozze, circa 25 anni fa. «Da allora, era il 1995, si è aperto un rapporto con Capri e con i suoi abitanti che ci lega sempre più a questa terra, che non smette mai di ammaliarci», dice Giovanni. Tanto da spingere la coppia a portare qui una cellula della loro azienda agricola brianzola. Come lo hanno fatto? Coltivando alberi di limoni, arance amare, albicocche, mandarini, kunquat e soprattutto pomodori. «A Capri ovviamente non siamo approdati per proporre le nostre esperienze – racconta Giovanni – ma attratti da quella forza magnetica che quest’isola sprigiona per bellezze naturali, storia e accoglienza da parte dei capresi natii. Poi, trovandoci sotto ai piedi una ricchezza che doveva solo essere colta, è stato più forte svilupparla che ignorarla. Il nostro attaccamento alla natura, già soddisfatto in Brianza, ci ha portato a tentare la stessa esperienza sviluppando prodotti più tipici di un territorio come quello caprese, come i pomodori o gli agrumi e i fichi d’india».
LA SEMINA
I pomodori sono coltivati soprattutto in due zone dell’isola, una delle aree più fertili di Capri, dove sorgevano i vecchi vigneti da cui gli antichi romani ricavavano quel nettare sacro a Tiberio. Ai margini di questi terreni, nelle aree di Marucella e Veruotto, spiccano le coltivazioni di pomodori. «Ci siamo adattati – spiega ancora l’uomo – alle situazioni del territorio. La terra del campo di Marucella era molto magra, quasi sabbiosa, la abbiamo arricchita col metodo del sovescio seminando in autunno dopo il raccolto estivo una leguminosa, il favino, per reintegrare il terreno di sostanza organica e di azoto». Il risultato è un concentrato in barattoli di vetro, venduti online e in alcuni negozi ricercati del centro di Milano. Afferma con orgoglio Giovanni: «I nostri pomodori sono prodotti con semi selezionati da esperti del settore della zona delle pendici del Vesuvio, coltivati senza nessun apporto della chimica né sul terreno, né sul prodotto in fase di crescita e maturazione. Un prodotto dai sapori e profumi esclusivi, reso ancor più suggestivo dal fascino e dal nome di Capri». Non solo pomodori ma anche marmellate di frutta locale e altri prodotti scelti, la cui produzione è aumentata sempre più al tempo del covid, un’occasione che tanti capresi, anche con tecniche antiche più amatoriali, hanno colto per tornare a riaffacciarsi alla terra. La novità che ha riscontrato maggior interesse è stata il nettare di pomodoro proposto come aperitivo con la denominazione de Il caprese. Giovanni e Maria, capresi d’adozione, sono molto sensibili ai temi dell’ambiente e supportano diverse iniziative legate alla riqualificazione delle aree naturali e del verde urbano entrambi affermano di essere molto legati ad alcuni riti semplici dell’isola. «Una serie di ritualità – dice Maria – nella cura della terra, nelle piccole occasioni festive: la festa di San Costanzo a Maggio, il capodanno in piazzetta, le celebrazioni per la nascita della Vergine a S. Maria a Cetrella, nel mese di settembre. Tutte queste festività connesse alla cura dei luoghi e anche della terra, unite alla partecipazione dei capresi a questi stessi riti, ci infondono molta gioia».

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