Positano, falso testamento e l’Hotel Villa Franca conteso: in 3 rinviati a giudizio

La vicenda ripercorsa dal quotidiano Il Mattino: oggetto di contesa l'albergo positanese, una casa a Roma e un'eredità da 50 milioni

Falsità in testamento olografo, falsità in foglio firmato in bianco. Accuse «importanti» quelle mosse dalla procura di Salerno, e riconosciute dal gup Alfonso Scermino, a carico di Francesca Russo, della figlia Rosa Taddeo e del marito di quest’ultima, Massimo Napoli. Lo scrive il quotidiano Il Mattino in edicola oggi.

Al centro del contendere l’eredità dell’imprenditore Mario Russo composta di beni mobili ed immobili tra cui un lussuoso appartamento a piazza di Spagna a Roma e l’altrettanto lussuoso albergo Hotel Villa Franca di Positano beni che, da soli, sono stati stimati (al ribasso) per oltre dieci milioni di euro mentre l’intera eredità è stata stimata per un valore di 50 milioni di euro, I tre – difesi dall’avvocato Giampiero Pirolo – sono stati tutti rinviati a giudizio. Anche se sono già a processo per circonvenzione di incapace. A presentare denuncia contro di loro, nipote dell’imprenditore deceduto, Giuseppe Russo e la madre Annamaria Mandara, entrambi difesi dall’avvocato Marco Martello.

Tutto ha inizio nel lontano 2007 quando, approfittando di una condizioni psichica debole, Francesca Russo riesce a far revocare, dopo otto giorni dalla stesura, il testamento del fratello Mario con il quale, lo stesso, suddivideva tutti i suoi beni in misura uguale tra i suoi parenti riconoscendo al compagno – in eredità – la casa romana. Francesca Russo riusciva anche a farsi dare la procura speciale dal fratello, malato di Alzheimer, riuscendo a trasferire alla figlia Rosa Taddeo prima la nuda proprietà di alcuni beni immobili, poi le quote della società proprietaria del lussuoso albergo di Positano, cambiando la ragione sociale della stessa. Ma non solo, Atti commessi, l’uno dopo l’altro fino al 2013, ovvero un anno prima della morte di Mario Russo. Con la scomparsa del parente, madre e figlia, per difendersi dal procedimento civile intentato da Giuseppe, tirarono fuori e presentarono un falso testamento olografo. Testamento che, di fatto, contraddiceva in pieno quelle che erano le volontà sempre espresse dal defunto ovvero, una ripartizione equa dei suoi beni tra tutti gli eredi. Volontà che gli altri eredi sapevano essere state poi messe nero su bianco in un atto solenne: appunto il testamento poi revocato. I tre, secondo l’accusa, erano riusciti nel piano ottenendo da prima l’accompagnamento e poi isolando Mario da tutti i suoi altri affetti.

 

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