Napoli. Palazzo Venezia. Lucio Salzano con “Paesaggi interrotti”, 15-21.10.2020.

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    Segnalazione di Maurizio Vitiello – Prossimamente in mostra Lucio Salzano con “Paesaggi interrotti” al Palazzo Venezia di Napoli, 15-21.10.2020.

     

     Lucio Salzano a Palazzo Venezia

    Paesaggi interrotti
    dal 15 al 21 ottobre 2020

    Via Benedetto Croce 19 – Napoli


    Arte, teatro e vita si fondono in un immaginario variegato di suggestioni visive. Paesaggi interrotti è il titolo della mostra personale di Lucio Salzano in esposizione a Palazzo Venezia dal 15 al 21 ottobre 2020. Il vernissage, previsto per giovedì 15, alle ore 17, si svolgerà nel rispetto delle misure anti-Covid. È una raccolta di lavori, pastelli a olio e tecnica mista su cartone e masonite, realizzati dal 2015 a oggi, alcuni dei quali inediti e realizzati site-specific per l’evento; altre opere sono state già esposte in precedenti personali. Tra queste citiamo Le dimensioni dell’arte live experience, un lavoro realizzato in estemporanea alla Certosa del Museo di San Martino nel settembre 2018, nell’ambito di una performance che ha visto come protagonisti insieme con Salzano, il musicista Antonio Onorato e la danzatrice Rita Marasca. «Paesaggi interrotti – spiega Lucio Salzano – è quando l’orizzonte si allontana dalla propria esperienza, quando la libertà delle persone non è più piena, un black out che tutti noi abbiamo recentemente vissuto e io in qualche modo ho inconsciamente trasposto nelle mie ultime opere oniriche».

    Durante il vernissage e nei tre giorni seguenti (dal 15 al 18, ore 19), sarà riproposta la storica performance Poetic Juke Box ideata e diretta da Lucio Salzano, con Antonella Monetti e le musiche originali composte ed eseguite da Antonio Onorato, in una versione ART in cui saranno video-proiettate le opere dell’artista in esposizione.

    «Sono immagini pure, mentali queste di Salzano – scrive Antonio Grieco – pensiero visivo che nel recupero di una dimensione percettiva del gesto pittorico, oltre al Surrealismo, richiama alla mente l’Impressionismo».

    Lucio Salzano. Regista, attore e artista, definito dalla stampa come «uno dei più originali e coraggiosi registi dei nostri tempi», Salzano opera nel campo della regia e dell’ideazione teatrale sin dagli anni ’80. Sua nota distintiva è proprio quella capacità di adoperare i linguaggi della creatività come sostanza liquida capace di mescolarsi e fondersi insieme senza soluzione di continuità. Negli ultimi anni si esprime anche attraverso la pittura, realizzando le seguenti mostre personali: Le dimensioni dell’arte, con la partecipazione di Antonio Onorato, aprile 2018, Modart Gallery di Napoli; Segni nella Certosa, settembre 2018, Museo nazionale di San Martino Napoli; Energy of city, maggio 2019, in una doppia esposizione al Caffè Letterario Intra Moenia di Napoli e da Spaccanapoli, noto ristorante di Roma. È stato invitato a partecipare quest’anno all’VIII edizione di Iside International Prize di Benevento.

    Ecco il testo critico di Antonio Grieco:

    L’immaginario di Lucio Salzano tra arte, teatro e vita

    “Le opere di Lucio Salzano, presenti in questa mostra a Palazzo Venezia, che ha per titolo “Paesaggi interrotti”, sono il frutto di una intensa ricerca artistica iniziata oltre venti anni fa. Sin da allora, come attore e regista, egli partecipa attivamente ai movimenti della nuova avanguardia teatrale napoletana che dalla sua nascita, intorno alla metà degli anni Sessanta del Novecento, si distingue per il suo particolare carattere interdisciplinare. A  proposito dell’incontro tra forme diverse della creatività, crediamo sia utile qui riandare a un testo di Theodor Adorno, “Parva Aesthetica”, una raccolta di saggi degli anni Sessanta in cui il filosofo e musicologo tedesco sostiene che negli sviluppi più recenti “i generi artistici sconfinano gli uni negli altri o, più esattamente, le loro linee di demarcazione, si sfrangiano”; in molte aree della sperimentazione teatrale  (non solo italiana) – portato ai limiti estremi tale processo di sconfinamento finisce poi quasi per annullare il confine tra evento artistico e rappresentazione scenica.  Già prima della riflessione adorniana, questo filo sotterraneo che unisce arte e teatro, possiamo rintracciarlo in alcuni grandi artisti attori dello scorso secolo, come ad esempio Julian Beck e Tadeusz Kantor; nel primo, il gesto pittorico istintivo, a tratti surreale, sembra quasi l’eco del suo teatro della vita; nel secondo, le opere evocano quasi sempre i fantasmi della sua scena visionaria e povera.  Se teniamo conto di queste brevi annotazioni, l’esperienza artistica di Salzano ci appare più chiara; soprattutto appare paradigmatica di una ricerca decostruttiva che in alcuni casi – come nella performance presentata nell’ambito de “Le dimensioni dell’arte”, l’esposizione delle sue opere alla Certosa del Museo di San Martino del settembre 2018 – giunge persino a mostrare se stesso mentre, dopo aver misurato lo spazio scenico, dipinge un’opera dal vivo. E a rendere ancora più evidente l’apertura delle sue performance alla totalità dell’arte (e della vita), nel magico spazio del Ninfeo del museo, l’artista fa interagire la sua opera live sia con la suggestiva musica di Antonio Onorato, che con i passi leggeri e sognanti della giovanissima danzatrice Rita Marasca. Va detto che tutta l’azione è giocata sull’Improvvisazione. Nulla è rigidamente codificato: tutto si svolge, in modo imprevedibile, nel rapporto diretto e “fisico” con gli spettatori. I silenzi, lo sguardo enigmatico, il gesto “sospeso” dell’attore artista, alla fine sembrano lasciar cadere anche l’estremo diaframma che separa l’attore dallo spettatore. Anche in questa mostra, oltre alle opere esposte, è prevista la ripresa di una sua performance storica: “900 Poetic Juke Box”, con i bravissimi Antonella Monetti (attrice) e Antonio Onorato (compositore e musicista). In questa pièce il pubblico è invitato a scegliere un codice che corrisponde a un brano poetico di un autore del Novecento (Ungaretti, Saba, Gozzano, Pasolini, tra gli altri), che verrà poi interpretato dalla performer, illuminata dalle videoproiezioni di alcune opere appositamente realizzate dallo stesso Salzano, divenendo così, come scrive l’autore in una nota,  “parte attiva di uno spettacolo di cui coglierà solo un frammento e che nella sua totalità  è costituito proprio dall’insieme di questi frammenti interattivi”. Siamo dunque in presenza di un’operazione concettuale che per la sua radicalità rinvia alle avanguardie artistiche del Novecento (soprattutto al Dadaismo e al Futurismo) e si caratterizza per il suo aspetto ludico, antiteatrale, dissacrante della scena classica. Lo spettatore si accorge alla fine di essere non solo parte attiva del processo creativo ma in qualche modo di esserne protagonista. La leggerezza, la spontaneità, il gesto dell’arte liberato dal significato, sono gli elementi costitutivi di questa performance. Ora, una delle caratteristiche delle opere pittoriche di Salzano che qui possiamo ammirare, come ci è capitato di osservare in altre occasioni, insieme alla preziosità materica, è proprio la leggerezza; una leggerezza che traspare dai colori vivi (del bianco, dell’azzurro, del rosso, dell’arancione) di opere come “Paesaggio Interrotto” (realizzato con tecnica mista su cartone) o  di altre come “Senza numero né titolo”, un trittico (pastello a olio su cartone) del 2018. Ma ciò che maggiormente colpisce del suo linguaggio pittorico è la presenza di una sotterranea componente autoriflessiva dell’arte che gli consente di interrogare i codici della finzione senza mai abbandonare la dimensione propria della pittura. Un segno analitico riconoscibile già nei suoi primi lavori, soprattutto in quelle macchie di colore simili ad organismi cellulari viventi (“monadi”, le chiama l’artista), che fanno pensare, come in “Dimensioni dell’arte primitive” del 2015, a un movimento cosmogonico legato al flusso caotico del divenire. Sono immagini pure, mentali, queste di Salzano: pensiero visivo che nel recupero di una dimensione percettiva del gesto pittorico, oltre al Surrealismo, richiama alla mente I’Impressionismo (non a caso uno dei dipinti qui esposti è il delicatissimo “Omaggio a Monet”). Sempre nelle sue opere iniziali, inaspettatamente, nello spazio virtuale della rappresentazione compaiono anche dei numeri, con i quali l’artista ha inteso provocatoriamente denunciare la tendenza dell’arte ad essere fagocitata dal mercato. Questi numeri, che sono parte integrante dei dipinti, mettono in relazione, come nella “Poesia Visiva”, Segno (scrittura) e Immagine. Ma qui la frammentarietà e liricità della composizione, per molti aspetti, evoca un mondo incantato, infantile, che, come in Klee, allude alla molteplicità e complessità dell’esperienza umana. Più avanti, la pittura è inscindibilmente legata al gesto: un gesto intimo che, come nel suo  eatro, solo apparentemente sembra dettato dalla spontaneità. E allora scopriamo segni veloci, quasi automatici, che fanno pensare ai “frottage” di Max Ernst, mentre le forme si  sfaldano per poi ricomporsi in grumi materici sospesi nel cielo: come se a un certo punto, egli abbia avvertito l’urgenza di fermarsi per raggiungere un più giusto equilibrio tra il totale abbandono al flusso caotico del divenire e una tensione più riflessiva che gli consenta di controllare le modalità stesse in cui si svolge il processo creativo. Sorprendono, tra i suoi ultimi lavori, i “Paesaggi svelati”, frammenti di mondo in cui si sovrappongono simbolicamente il Reale – il leggerissimo velo bianco che in una parte del dipinto ottunde lo sguardo – e l’Immaginario: quell’ energia magmatica di colori che sale dal basso e ci spinge a immaginare un’altra dimensione dello spazio e del tempo. In altri lavori dell’ultimo periodo, sembra invece scorgersi l’inizio di una ulteriore fase della sua sperimentazione pittorica, forse inconsciamente influenzata dalla tremenda emergenza pandemica di questi mesi. Sono i paesaggi – in particolare il nostro riferimento è ai “Paesaggi onirici n. 1,2 e 3, del 2020 – a darci questa sensazione, perché sembrano la proiezione di un intimo turbamento. Nelle loro forme aspre, nell’accentuazione quasi espressionista dei toni cromatici, come nei segni oscuri e nervosi dei mari in tempesta, questi dipinti sembrano, sottotraccia, alludere a un vissuto non pacificato con la realtà esterna. Ed anche in questo caso, a pensarci bene, non possiamo sfuggire all’idea che questa pittura analitica costituisca per Salzano un imprescindibile strumento di conoscenza di sé stesso e del mondo che, come nel suo teatro, gli permette di trasformare lo spazio della finzione in quello della vita.”

     

    A completamento, forniamo anche un’intervista, a cura di Francesca Panico, a Lucio Salzano:

     

    Regista, attore, artista, ti muovi agevolmente tra i differenti linguaggi dell’espressione artistica. Come fai?

    «Ho sempre considerato l’arte come un linguaggio che conosce steccati e che al contrario si nutra della contaminazione tra i diversi tipi di linguaggio. Già nei miei spettacoli teatrali ho sempre utilizzato immagine, musica, parola e movimento come elementi che nell’insieme costruiscono un’unica esperienza artistica.»

     

    Gran parte delle tue opere visive sono ad oggi realizzate con un particolare uso del pastello a olio. Una tecnica quasi in disuso. Perché questa scelta?
    «Recuperare l’antico per vivere il contemporaneo. L’uso di materiali all’apparenza semplici anche nella scelta dei supporti (carta povera, cartone, masonite) mi permette di realizzare questo concetto.»

     

    Arte e teatro: dove pende l’ago della bilancia?

    «Diciamo che è in perfetto equilibrio. Tanto che anche in questa occasione, collateralmente alla mia mostra personale riprendo un mio collaudato spettacolo di qualche anno fa che ha riscosso molto successo: Poetic Jukebox che in questa versione Art, oltre alla partecipazione dell’attrice Antonella Monetti e alle musiche originali di Antonio Onorato, si avvarrà delle proiezioni di alcune mie opere appositamente realizzate, che nel concept teatrale fungeranno da scenografia dello spettacolo.» 

     

    La mostra a Palazzo Venezia si intitola Paesaggi Interrotti. Cosa determina l’interruzione di queste astrazioni dell’anima?

    «Paesaggi interrotti è quando l’orizzonte si allontana dalla propria esperienza, quando la libertà delle persone non è più piena, un black out che tutti abbiamo vissuto e che io in qualche modo inconsciamente ho trasposto nelle mie ultime opere oniriche.»

     

    Tra le opere che saranno esposte a Palazzo Venezia ce n’è una che ha già goduto dell’attenzione di oltre 200.000 spettatori. Parlo dell’opera che è in acquisizione temporanea da settembre 2018 presso il Museo Nazionale di San Martino a Napoli. È per te più “speciale” di altre?

    «Ti riferisci di certo a Le dimensioni dell’arte live experience. Certamente aver avuto l’occasione di poter comunicare con un così vasto pubblico è motivo di soddisfazione. Di speciale ha il fatto che è stata realizzata live durante la performance di apertura della mia personale Segni nella Certosa. Insieme a me c’era il noto musicista Antonio Onorato che mi ha accompagnato con la musica della sua breath guitar. Con Antonio sono legato da anni, oltre che da diverse collaborazioni anche da una sincera amicizia.»

     

    Quali saranno le altre opere esposte in questa personale e quali i tuoi progetti imminenti?

    «Oltre alla mia ultima produzione inedita saranno presenti a Palazzo Venezia alcune opere significative del mio percorso artistico degli ultimi cinque anni. Mi chiedi di progetti prossimi. Di certo la mia partecipazione all’VIII edizione dell’Iside International Pride a Benevento e poi la ripresa di Poetic juke box Art in altre città italiane.» 

     

    INFO:

    Paesaggi Interrotti
    dal 15 al 21 ottobre

    Palazzo Venezia – via Benedetto Croce 19 – Napoli
    Opening: giovedì 15 ottobre, ore 17
    Orari: lunedì-domenica dalle 10.30-13.30 e 15.30-19.00 (i giorni 15, 16, 17 e 18 ottobre con prolungamento fino alle 21)
    Alla performance Poetic Juke Box Art, dal 15 al 18 ottobre, si accede uno spettatore alla volta, previa prenotazione obbligatoria al seguente numero: 081 552 87 39

    Per ulteriori informazioni: palazzovenezianapoli@gmail.com

    Ufficio stampa: Francesca Panico – francescapanico.art@libero.it – cell. 348 345 29 78

     

     

     

     

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