I dilettanti scendono in piazza

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Si mobilita anche il vasto mondo dei calciatori dilettanti dopo l’ultimo Dpcm del 24 ottobre che, come recitano le lettere “e” e “g”, ferma i campionati regionali e, in base al recente chiarimento del Ministero dell’Interno, anche gli allenamenti individuali e di squadra. Ed è proprio quest’ultimo punto che desta sconcerto e perplessità: l’impossibilità di poter continuare a lavorare al fine di mantenere una condizione accettabile in vista di un ripristino dei tornei per fine novembre. A chi ha buona memoria non sfuggirà che, lo scorso maggio, alle società di serie A fu consentito di approntare sedute individuali, presso i loro centri sportivi, in attesa della stipula di un protocollo definitivo. Contesti diversi, ma trattamenti palesemente diseguali, come quelli che tracciano una dicotomia incomprensibile tra gli eventi dilettantistici di interesse nazionale (la serie D) e i campionati regionali, sebbene non ci siano protocolli difformi in materia. Ecco perché i calciatori dilettanti non ci stanno e preannunciano un sit-in per stasera a Piazza Plebiscito, a Napoli. Appuntamento dalle ore 20. “Mascherina e un pallone: uniti e compatti per i nostri diritti”, questo il loro slogan. Gismondo Gatta, centrocampista dell’Acerrana con lunghi trascorsi anche in serie D, è tra i promotori della manifestazione, insieme ad altri pezzi da novanta tra i quali Claudio Costanzo, Geppino Rinaldi. Pasquale Carotenuto, Gennaro Esposito o Roberto Guadagnuolo. E, ai nostri microfoni, illustra la piattaforma di questa mobilitazione. “Abbiamo invitato anche le scuole calcio e tutte le società giovanili – precisa -. Ci aspettiamo una grande partecipazione. Tutti sono chiamati ad un atto di responsabilità e solidarietà. Noi siamo consci di trovarci in una emergenza sanitaria seria, ma avanziamo solo una richiesta: fateci allenare almeno singolarmente. Altrimenti i nostri campionati si avviano all’estinzione. Anche i presidenti potrebbero stancarsi prima o poi, non avendo la possibilità di starci vicini. Non allenarsi significherebbe rimandare tutto a gennaio in quanto dovremmo avere il tempo necessario per rimetterci a posto fisicamente. Si rischia di fare come in Lombardia, ma poi bisogna avere il coraggio di dirlo. Il problema riguarda tutti, noi calciatori che abbiamo delle famiglie da mantenere, ma anche i presidenti che fanno sacrifici che non possono essere mortificati in questo modo. Non capisco neanche che differenza ci sia tra la serie D e i campionati regionali, quando noi, spostandoci esclusivamente nel raggio di pochi chilometri, sicuramente faremmo meno danni rispetto a chi si trasferisce in altre Regioni. Non siamo l’ultima ruota del carro: sulla nostra giostra ci salgono tante realtà. Non solo i calciatori, ma anche dirigenti, giornalisti e sponsor. E’ un intero movimento che viene messo ai margini. Ribadisco: ripristinate quantomeno gli allenamenti singoli, anche per 15 giorni. La nostra è una battaglia anche per i calciatori giovani, che hanno ancora un percorso lungo da compiere. Io, a 39 anni, la mia carriera l’ho fatta. La mia posizione può essere relativa. Fatto sta che la nostra manifestazione di stasera sarà assolutamente pacifica, chiediamo solo di restare su un campo di calcio. Abbiamo già sofferto abbastanza nei mesi scorsi”.

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