Coronavirus, in Europa 100 mila casi al giorno. Nel mondo record di contagi

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Non fa ben sperare il nuovo record di casi giornalieri registrati a livello globale dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). In sole 24 ore, riporta un’indagine del Mattino, sono stati registrati in tutto il mondo almeno 338.779 casi, il livello più alto mai raggiunto dall’inizio della pandemia. Nelle stesse 24 ore, inoltre, sono stati registrati ben 5.541 decessi in tutto il mondo (anche se il numero si mantiene al di sotto dei picchi raggiunti durante la prima fase dell’epidemia). Si abbatte così il non troppo vecchio record, quello delle 330.340 infezioni in un giorno, registrato lo scorso 2 ottobre.

«Questa espansione è certamente guidata da paesi come India, Stati Uniti e Brasile che numericamente costituiscono la maggior parte dei casi», spiega al Mattino Giovanni Maga, direttore dell’Istituto di Genetica Molecolare del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Ma la giornata record, quella di due giorni fa, segnalata dall’Oms è stata anche tra le più «nere» per l’Europa. Ieri, per la prima volta, nel continente è stata superata la soglia dei 100 mila contagi in un solo giorno. Berlino comunica un rapido aumento di positivi, mentre in Francia si sono registrati altri 18mila contagi ed è stato confermato l’allarme per 4 città. La Spagna rimane osservata speciale, con il focolaio di Madrid dove si contano 750 casi per 100 mila abitanti. In Gran Bretagna 17mila casi in 24 ore. «È evidente che l’epidemia sta vedendo una grossa accelerazione in tutta Europa», conferma Maga.

«A preoccupare maggiormente sono i paesi con un’alta densità della popolazione e con strutture sanitarie fragili o in evidenti difficoltà nell’implementare misure di contenimento, come India e Brasile, quindi più soggetti a ritrovarsi a gestire un aumento incontrollato delle infezioni». Ma dall’emergenza Covid-19 non si salva nessuno. Neanche gli Stati Uniti, che ormai da settimane segnano un giorno dietro l’altro un tragico bollettino. «Nonostante gli Usa siano una delle più grandi potenze mondiali non riescono a isolare i focolai», dice Maga. Quando poi questi si fondono la situazione diventa ancora più incontrollabile», aggiunge.

Cosa succederà esattamente da qui ai prossimi mesi è difficile dirlo, anche se le previsioni per l’inverno sono tutt’altro che confortanti. «La pandemia sta attraversando un momento di grande intensità e quindi è difficile prevedere quando questa tendenza potrà invertirsi», dice Maga. «Nel nostro continente e comunque in tutto l’emisfero settentrionale stiamo entrando nella stagione che ulteriormente favorirà la diffusione di questo virus e quindi quello che è assolutamente necessario fare è avere un’elevatissima attenzione, implementare misure di contenimento che, a seconda dei paesi colpiti, potranno essere più o meno stringenti. Alcuni Paesi stanno già attivando il lockdown, altri come l’Italia fortunatamente non ci sono ancora, ma non è possibile allentare la guardia perché la circolazione del virus è estremamente elevata». L’Italia sta attraversando una fase molto delicata: quello che facciamo oggi determinerà ciò che succederà in futuro.

«Possiamo ipotizzare che il numero di positivi continuerà a crescere», dice Andrea Crisanti, direttore del Dipartimento di Medicina Molecolare della Università di Padova. Per gli esperti è il momento di agire. «Abbiamo assistito in Italia alle indicazioni sull’uso dei dispositivi di protezione anche all’aperto e i piccoli parziali e localizzati lockdown nelle sedi di massima circolazione del virus», sottolinea Massimo Andreoni, primario del reparto di Malattie infettive del Policlinico Tor Vergata di Roma e autore dell’ebook Covid-19. Il virus della paura, un’iniziativa divulgativa targata Consulcesi. «Credo che sia il giusto modo di procedere attualmente – prosegue – ma ovviamente solo il tempo e le prossime settimane daranno un riscontro sull’efficacia di queste attenzioni, vedremo se saranno sufficienti o se sarà necessario un rinforzo in questo senso».

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